The palaeobiological content of the thick gypsum sequences deposited in the Mediterranean basin during the Messinian salinity crisis has generally been overlooked. According to previous studies, it mostly consists of filamentous fossil remains (the spaghetti structures), that have been interpreted as cyanobacteria, thus providing evidence for shallow water depositional conditions (within the photic zone). Here I present a detailed petrographic study of the palaeobiological content preserved in the Primary Lower Gypsum unit (PLG) of Moncalvo section, located in the northern margin of the Tertiary Piedmont Basin. The Moncalvo section comprises fifteen cycles PLG (PLG1 - PLG15), but I studied only six of them, from PLG3 to PLG7, because they are the only exposed; the other cycles have been studied through the observation of drill cores. Petrographic data have been implemented with fluid inclusion analyses, aimed to obtain the salinity of the brines from which gypsum formed, and the sulphate isotopes analyses, in order to understand the filamentous fossil remains nature observed in the gypsum crystals.
Nella cava di gesso di Moncalvo, localizzata nel settore orientale del Monferrato (margine settentrionale del Bacino Terziario Piemontese) è esposta una successione evaporitica messiniana che riposa sulle Marne di Sant'Agata Fossili (Tortoniano-Messiniano inferiore) ed è seguita, attraverso una superficie erosionale, dai depositi terrigeni post-evaporitici riferiti ai Conglomerati di Cassano Spinola. I depositi evaporitici sono riferibili alla Primary Lower Gypsum unit (PLG) deposta durante la prima fase della Crisi di Salinità messiniana (5.97-5.60 Ma). Lo studio è stato effettuato sia nella cava in sotterraneo che in quella a cielo aperto (oramai dismessa), dove la successione evaporitica è costituita da 5 cicli litologici (coppie gesso-pelite) che riflettono oscillazioni climatiche legate a variazioni della precessione terrestre. I primi tre banchi di gesso, spessi fino a 10 m, sono costituiti da seleniti massive; essi sono correlabili ai cicli PLG3, PLG4 e PLG5 sulla base di analisi biostratigrafiche e ciclostratigrafiche eseguite sulle sottostanti Marne di Sant'Agata Fossili. Un drastico cambiamento di facies si osserva dal IV banco di gesso, con la comparsa della facies ¿branching selenite¿. Tale banco, potente circa 10 m corrisponde al ciclo PLG6 ed è correlato con lo Sturani key-bed affiorante estesamente nel settore meridionale del Bacino Terziario Piemontese. Lo studio petrografico dei cristalli di gesso ha evidenziato la presenza di diversi tipi di resti fossili (filamenti, diatomee e dubbi dinoflagellati). I filamenti mostrano notevoli analogie, sia per dimensioni che per la presenza di solfuri, con alcune tipologie attuali di batteri solfo-ossidanti che proliferano in contesti dominati da un'elevata produttività organica nella colonna d'acqua. Essi quindi non corrisponderebbero a resti di cianobatteri come comunemente ritenuto, suggerendo che la deposizione dei gessi messiniani non sia avvenuta necessariamente nella zona fotica. Questa interpretazione è supportata da un valore negativo del δ34S (-45.37 ¿ CDT) ottenuto da un granulo di pirite incluso nei filamenti. Tale valore è compatibile con processi biologici di riciclo dello zolfo. I dati petrografici sono stati integrati con l'analisi delle inclusioni fluide, il cui studio permette di ricavare la salinità delle salamoie nelle quali il gesso è nucleato. Tale studio dimostra che la salinità delle salamoie aveva valori piuttosto bassi (media: 3% NaCleq.), inferiori a quelli dell'acqua marina non evaporata. Si apre quindi il problema di determinare il meccanismo di concentrazione in solfato delle salamoie messiniane, che potrebbe essere ricondotto sia ad un riciclo penecontemporaneo di gessi messiniani, sia a meccanismi biologici.
Studio sedimentologico, petrografico e geochimico della successione messiniana di Moncalvo (AT; Monferrato).
MUSSO, MAFALDA
2013/2014
Abstract
Nella cava di gesso di Moncalvo, localizzata nel settore orientale del Monferrato (margine settentrionale del Bacino Terziario Piemontese) è esposta una successione evaporitica messiniana che riposa sulle Marne di Sant'Agata Fossili (Tortoniano-Messiniano inferiore) ed è seguita, attraverso una superficie erosionale, dai depositi terrigeni post-evaporitici riferiti ai Conglomerati di Cassano Spinola. I depositi evaporitici sono riferibili alla Primary Lower Gypsum unit (PLG) deposta durante la prima fase della Crisi di Salinità messiniana (5.97-5.60 Ma). Lo studio è stato effettuato sia nella cava in sotterraneo che in quella a cielo aperto (oramai dismessa), dove la successione evaporitica è costituita da 5 cicli litologici (coppie gesso-pelite) che riflettono oscillazioni climatiche legate a variazioni della precessione terrestre. I primi tre banchi di gesso, spessi fino a 10 m, sono costituiti da seleniti massive; essi sono correlabili ai cicli PLG3, PLG4 e PLG5 sulla base di analisi biostratigrafiche e ciclostratigrafiche eseguite sulle sottostanti Marne di Sant'Agata Fossili. Un drastico cambiamento di facies si osserva dal IV banco di gesso, con la comparsa della facies ¿branching selenite¿. Tale banco, potente circa 10 m corrisponde al ciclo PLG6 ed è correlato con lo Sturani key-bed affiorante estesamente nel settore meridionale del Bacino Terziario Piemontese. Lo studio petrografico dei cristalli di gesso ha evidenziato la presenza di diversi tipi di resti fossili (filamenti, diatomee e dubbi dinoflagellati). I filamenti mostrano notevoli analogie, sia per dimensioni che per la presenza di solfuri, con alcune tipologie attuali di batteri solfo-ossidanti che proliferano in contesti dominati da un'elevata produttività organica nella colonna d'acqua. Essi quindi non corrisponderebbero a resti di cianobatteri come comunemente ritenuto, suggerendo che la deposizione dei gessi messiniani non sia avvenuta necessariamente nella zona fotica. Questa interpretazione è supportata da un valore negativo del δ34S (-45.37 ¿ CDT) ottenuto da un granulo di pirite incluso nei filamenti. Tale valore è compatibile con processi biologici di riciclo dello zolfo. I dati petrografici sono stati integrati con l'analisi delle inclusioni fluide, il cui studio permette di ricavare la salinità delle salamoie nelle quali il gesso è nucleato. Tale studio dimostra che la salinità delle salamoie aveva valori piuttosto bassi (media: 3% NaCleq.), inferiori a quelli dell'acqua marina non evaporata. Si apre quindi il problema di determinare il meccanismo di concentrazione in solfato delle salamoie messiniane, che potrebbe essere ricondotto sia ad un riciclo penecontemporaneo di gessi messiniani, sia a meccanismi biologici.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
716744A_colonnaa3.pdf.zip
non disponibili
Tipologia:
Altro materiale allegato
Dimensione
171.23 kB
Formato
Unknown
|
171.23 kB | Unknown | |
716744_tesi.pdf
non disponibili
Tipologia:
Altro materiale allegato
Dimensione
12.01 MB
Formato
Adobe PDF
|
12.01 MB | Adobe PDF |
I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14240/65568