Man is for Hobbes an animal capable of language. It is the human peculiarity that distinguishes a human being from the other non-human animals, many of which share with him the pre-linguistic processes of acquisition of sensory data. In view of a knowledge of the external world, under the appearance of images of it that take place inside the mind, names rise to the function of denotation of material things and of meaning of the mental images of the things themselves. The entirety of names, of propositions made by names and of syllogisms made by propositions (in one word: the language) comes out as a totally artificial and conventional human product; first of all it is a true ¿private invention¿ of man and secondly a spoken and written language with the aim of facilitating his own practical way of living. Thus language is constituted as by a private inventive aspect, as by a practical, communicative and educational aspect inside the community. In other words, language has for Hobbes the features of a technology, a human product focused on the best output of a certain situation. Man finds himself with a multitude of mental images, which increase repeatedly and that he cannot preserve until he adopts the use of sensible references, i.e. the marks, that guarantee the remembrance of such images of mind; afterwards, when the situation to optimize implicates other people, the private language becomes public and marks become signs, however always under a technological context; i.e. under the need of obtaining a product that allows the best condition as possible. The consequence of language as a technological result is the artificiality/conventionality of all what derives from language; and given that gnosiology, or theory of knowledge, cannot abstract from a ¿lingual foundation¿, it is itself anything but an artificial product, which has nothing either natural or divine. Therefore the whole hobbesian gnosiological doctrine assumes a technological feature, in accordance with the theory that the only true knowledge is the one produced by men. However the technological aspect of knowledge does not cause in the hobbesian work a lacking attention to the foundational processes of such knowledge; although it performs itself ¿ in the author's opinion ¿ only in a totally lingual context and thence following the empirical stage, it founds its own origin exactly in the sensible experience and in the data that come out from it. It follows that for Hobbes the matter of knowledge remains central compared with today's explanation of technology (which assumes a merely finalistic aspect in respect of reaching a goal, without focusing on the courses of the foundation of knowledge); nevertheless the mechanism that allows to gain a correct knowledge is de facto technological. If Hobbes points out ¿ as it does indeed ¿ that we know with truth, certainty and distinction only what we have caused; then knowledge is produced as an effect by us being the cause of it. The aim of this research focuses on hobbesian thoughts about the building of a gnosiological theory, which necessarily puts its basis on the unavoidable process of imposing names on the experienced sensorial data.

L'uomo è per Hobbes un animale capace di linguaggio. Esso risulta la peculiarità umana che differenzia l'uomo dagli altri animali non umani, molti dei quali ne condividono i processi pre-linguistici di acquisizione dei dati del senso. A fronte di una conoscenza del mondo esterno, sotto forma di immagini di esso che si sedimentano nella mente, i nomi assurgono ai ruoli di denotazione per le cose materiali esterne e di significazione delle immagini mentali delle cose stesse. L'insieme dei nomi, delle proposizioni costituite da nomi e dei sillogismi costituiti da proposizioni (in una parola: il linguaggio) risulta come un prodotto umano del tutto artificiale e convenzionale; una vera a propria ¿invenzione privata¿ dell'uomo in primis e in secondo luogo con l'obiettivo di rendere ottimale la propria situazione pratica di vita, nella forma di una lingua parlata e scritta. Il linguaggio infatti si costituisce tanto di un lato inventivo privato, quanto di un lato pratico, comunicativo, divulgativo ed educativo nella collettività. In altre parole, il linguaggio per Hobbes riveste il ruolo di una tecnologia, un prodotto dell'uomo atto a rendere ottimale una situazione. L'uomo si ritrova con una molteplicità di immagini mentali in continua crescita, che non sa come preservare se non introducendo dei moniti sensibili, ovvero le note, che garantiscono una memorizzazione delle dette immagini nella mente; quando poi la situazione da ottimizzare coinvolge dei terzi, ecco che il linguaggio privato diviene pubblico e le note si fanno segni, ma sempre in un contesto tecnologico, ovverosia nella necessità pratica di ottenere un prodotto che garantisca la migliore condizione possibile all'uomo. La conseguenza del linguaggio come prodotto tecnologico è l'artificialità/convenzione di tutto quanto ne deriva; e siccome la gnoseologia, o teoria della conoscenza, non può prescindere da una precedente "fondazione linguistica", essa stessa non è altro che un prodotto artificiale, che non ha nulla di naturale da un lato, né di divino dall'altro. Dunque, è l'intera dottrina gnoseologica di Hobbes ad assumere un carattere tecnologico, in forza della tesi secondo la quale l'unica vera conoscenza è quella prodotta dall'uomo. L'aspetto tecnologico della conoscenza non genera tuttavia nell'opera hobbesiana una scarsa attenzione ai processi ¿fondativi¿ della conoscenza; sebbene essa secondo l'autore si manifesti in un contesto totalmente linguistico e successivo alla dimensione empirica, trova la propria origine esattamente nell'esperienza sensibile e nei dati che se ne ricavano. La questione della conoscenza permane dunque centrale in Hobbes, rispetto alla flessione "utilitaristica" della tecnologia generale (la quale assume un carattere meramente finalistico rispetto al conseguimento di uno scopo, senza interessarsi dei processi di fondazione della conoscenza); ciò non toglie che tuttavia il meccanismo che consente di pervenire ad una conoscenza esatta sia di fatto tecnologico. Se Hobbes afferma - come afferma - che noi conosciamo con verità, chiarezza e distinzione solo ciò di cui siamo causa e se, in generale, si conosce solo ciò di cui si è causa, allora la conoscenza è produzione di un effetto. L'obiettivo della ricerca si incentra sull'analisi delle riflessioni hobbesiane in materia di edificazione di una teoria gnoseologica, la quale ripone necessariamente le proprie fondamenta sull'imprescindibile processo di denominazione dei dati sensoriali esperiti.

Il linguaggio come tecnologia. Artificialità e convenzione della teoria della conoscenza in Thomas Hobbes.

FINOTELLO, NICOLÒ
2013/2014

Abstract

L'uomo è per Hobbes un animale capace di linguaggio. Esso risulta la peculiarità umana che differenzia l'uomo dagli altri animali non umani, molti dei quali ne condividono i processi pre-linguistici di acquisizione dei dati del senso. A fronte di una conoscenza del mondo esterno, sotto forma di immagini di esso che si sedimentano nella mente, i nomi assurgono ai ruoli di denotazione per le cose materiali esterne e di significazione delle immagini mentali delle cose stesse. L'insieme dei nomi, delle proposizioni costituite da nomi e dei sillogismi costituiti da proposizioni (in una parola: il linguaggio) risulta come un prodotto umano del tutto artificiale e convenzionale; una vera a propria ¿invenzione privata¿ dell'uomo in primis e in secondo luogo con l'obiettivo di rendere ottimale la propria situazione pratica di vita, nella forma di una lingua parlata e scritta. Il linguaggio infatti si costituisce tanto di un lato inventivo privato, quanto di un lato pratico, comunicativo, divulgativo ed educativo nella collettività. In altre parole, il linguaggio per Hobbes riveste il ruolo di una tecnologia, un prodotto dell'uomo atto a rendere ottimale una situazione. L'uomo si ritrova con una molteplicità di immagini mentali in continua crescita, che non sa come preservare se non introducendo dei moniti sensibili, ovvero le note, che garantiscono una memorizzazione delle dette immagini nella mente; quando poi la situazione da ottimizzare coinvolge dei terzi, ecco che il linguaggio privato diviene pubblico e le note si fanno segni, ma sempre in un contesto tecnologico, ovverosia nella necessità pratica di ottenere un prodotto che garantisca la migliore condizione possibile all'uomo. La conseguenza del linguaggio come prodotto tecnologico è l'artificialità/convenzione di tutto quanto ne deriva; e siccome la gnoseologia, o teoria della conoscenza, non può prescindere da una precedente "fondazione linguistica", essa stessa non è altro che un prodotto artificiale, che non ha nulla di naturale da un lato, né di divino dall'altro. Dunque, è l'intera dottrina gnoseologica di Hobbes ad assumere un carattere tecnologico, in forza della tesi secondo la quale l'unica vera conoscenza è quella prodotta dall'uomo. L'aspetto tecnologico della conoscenza non genera tuttavia nell'opera hobbesiana una scarsa attenzione ai processi ¿fondativi¿ della conoscenza; sebbene essa secondo l'autore si manifesti in un contesto totalmente linguistico e successivo alla dimensione empirica, trova la propria origine esattamente nell'esperienza sensibile e nei dati che se ne ricavano. La questione della conoscenza permane dunque centrale in Hobbes, rispetto alla flessione "utilitaristica" della tecnologia generale (la quale assume un carattere meramente finalistico rispetto al conseguimento di uno scopo, senza interessarsi dei processi di fondazione della conoscenza); ciò non toglie che tuttavia il meccanismo che consente di pervenire ad una conoscenza esatta sia di fatto tecnologico. Se Hobbes afferma - come afferma - che noi conosciamo con verità, chiarezza e distinzione solo ciò di cui siamo causa e se, in generale, si conosce solo ciò di cui si è causa, allora la conoscenza è produzione di un effetto. L'obiettivo della ricerca si incentra sull'analisi delle riflessioni hobbesiane in materia di edificazione di una teoria gnoseologica, la quale ripone necessariamente le proprie fondamenta sull'imprescindibile processo di denominazione dei dati sensoriali esperiti.
ITA
Man is for Hobbes an animal capable of language. It is the human peculiarity that distinguishes a human being from the other non-human animals, many of which share with him the pre-linguistic processes of acquisition of sensory data. In view of a knowledge of the external world, under the appearance of images of it that take place inside the mind, names rise to the function of denotation of material things and of meaning of the mental images of the things themselves. The entirety of names, of propositions made by names and of syllogisms made by propositions (in one word: the language) comes out as a totally artificial and conventional human product; first of all it is a true ¿private invention¿ of man and secondly a spoken and written language with the aim of facilitating his own practical way of living. Thus language is constituted as by a private inventive aspect, as by a practical, communicative and educational aspect inside the community. In other words, language has for Hobbes the features of a technology, a human product focused on the best output of a certain situation. Man finds himself with a multitude of mental images, which increase repeatedly and that he cannot preserve until he adopts the use of sensible references, i.e. the marks, that guarantee the remembrance of such images of mind; afterwards, when the situation to optimize implicates other people, the private language becomes public and marks become signs, however always under a technological context; i.e. under the need of obtaining a product that allows the best condition as possible. The consequence of language as a technological result is the artificiality/conventionality of all what derives from language; and given that gnosiology, or theory of knowledge, cannot abstract from a ¿lingual foundation¿, it is itself anything but an artificial product, which has nothing either natural or divine. Therefore the whole hobbesian gnosiological doctrine assumes a technological feature, in accordance with the theory that the only true knowledge is the one produced by men. However the technological aspect of knowledge does not cause in the hobbesian work a lacking attention to the foundational processes of such knowledge; although it performs itself ¿ in the author's opinion ¿ only in a totally lingual context and thence following the empirical stage, it founds its own origin exactly in the sensible experience and in the data that come out from it. It follows that for Hobbes the matter of knowledge remains central compared with today's explanation of technology (which assumes a merely finalistic aspect in respect of reaching a goal, without focusing on the courses of the foundation of knowledge); nevertheless the mechanism that allows to gain a correct knowledge is de facto technological. If Hobbes points out ¿ as it does indeed ¿ that we know with truth, certainty and distinction only what we have caused; then knowledge is produced as an effect by us being the cause of it. The aim of this research focuses on hobbesian thoughts about the building of a gnosiological theory, which necessarily puts its basis on the unavoidable process of imposing names on the experienced sensorial data.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/64140