Introduction: Acute Coronary Syndromes (ACS) are the most frequent cause of death worldwide. Because of the atypical symptoms, delayed presentation and manifold comorbidities in the elderly, the age is one of the main predictors of adverse outcomes in the cardiovascular disease. Primary Percutaneous Coronary Intervention (pPCI) represents the gold standard therapy for STEMI (ST Segment Elevation Myocardial Infarction), but data on its impact on elderly patients are limited. Objectives: The aim of the present analysis was to evaluate the incidence and predictors of in-hospital outcomes in nonagenarian patients undergoing pPCI for STEMI among the SENEX (primary percutaneous coronary intervention for ST-segment Elevation myocardial infarction in Nonagenarian patients: an international multicenter Experience) Registry. The primary outcomes were the incidence of in-hospital death and the predictors of in-hospital mortality; the secondary outcomes were the incidence of successful pPCI (defined as post-procedural TIMI3 score of the culprit lesion), in-hospital mechanical complications, life-threatening arrhythmias, re-infarction, stroke, contrast-induced acute kidney injury (CI-AKI), need for CPAP and need for blood transfusions. Patients and Methods: SENEX is an international multicenter retrospective registry established at the Città della Salute e della Scienza Hospital of Turin including 9 cardiovascular Centers across 2 countries (Italy and Poland). For the purpose of the present analysis, patients were also divided into two groups according to post-procedural Thrombolysis In Myocardial Infarction (TIMI) score as a marker of pPCI success. The registry was created in accordance with the principles of the Declaration of Helsinki and the International Conference on Harmonisation Good Clinical Practice guidelines. Data on demographics, cardiovascular risk factors, laboratory values, medications at baseline and during recovery, electrocardiographic and echocardiographic parameters, angiographic data and in-hospital outcomes were collected through the revision of clinical charts. Results: Among the 265 patients included, 86 (32.5%) deceased during the recovery. Patients who died in-hospital were on average less independent at home (31.3% vs 50.9%, p 0.022), showed a worse clinical profile at admission with a lower SBP (mean SBP difference -18.6 ± 32.6, p < 0.001), a lower LVEF (mean LVEF difference -13.2 ± 11.2%, p < 0.001) and a worse Killip class (Killip III-IV 24.3%, p < 0.001). Among patients with a TIMI3 after pPCI, 32 died and for them living alone represented an important negative prognostic factor. Regarding the secondary outcomes, complications were seen more often in nonagenarian patients deceased in hospital. Conclusions: Nonagenarian patients presenting with STEMI remain a clinical and interventional challenge and should be considered a high-risk population with high mortality rates. Advanced age alone should not be considered an absolute contraindication for pPCI and frailty should be included in the overall assessment of the elderly being referred for such procedure. Living alone may represent an easy to assess tool to drive interventional strategies but further research is needed to evaluate predictors of good prognosis in this population.
Background: Le Sindromi Coronariche Acute costituiscono la più frequente causa di morte in tutto il mondo. Data la presenza negli anziani di sintomi atipici, presentazione ritardata e molteplici comorbilità, l’età avanzata rimane uno dei principali predittori di eventi avversi nelle patologie cardiovascolari. L’Intervento Coronarico Percutaneo primario (pPCI) rappresenta il trattamento di prima scelta nei pazienti con STEMI (ST Segment Elevation Myocardial Infarction), tuttavia i dati disponibili circa l’impatto di questa procedura sui pazienti anziani sono limitati. Obiettivi: Lo scopo della presente analisi è stato quello di valutare l’incidenza dei predittori di outcome intraospedalieri nei pazienti ultranovantenni appartenenti al registro SENEX (primary percutaneous coronary intervention for ST-segment Elevation myocardial infarction in Nonagenarian patients: an international multicenter Experience) e sottoposti a pPCI per STEMI. L’outcome primario è stato l’incidenza dei decessi e la valutazione dei predittori di morte intraospedalieri; gli outcome secondari sono stati l’incidenza di pPCI con esito positivo (indicato da un flusso post-procedurale TIMI3 nella lesione culprit), le complicanze meccaniche e aritmiche e l’incidenza di re-infarto, stroke, danno renale acuto indotto da contrasto, necessità di ricorso a CPAP o a trasfusioni di emocomponenti. Pazienti e metodi: Il registro SENEX è multicentrico, internazionale e retrospettivo, coordinato dall’Ospedale della Città della Salute e della Scienza di Torino con il coinvolgimento di 9 Centri cardiovascolari distribuiti in due Nazioni (Italia e Polonia). Ai fini dell’analisi, i pazienti sono stati inoltre suddivisi in due gruppi in base al TIMI score post-procedurale, considerato un marker di successo della pPCI. Il Registro è stato creato in conformità con i principi della Dichiarazione di Helsinki e le Linee Guida di buona pratica clinica. I dati riguardanti demografia, fattori di rischio cardiovascolari, valori di laboratorio, terapia farmacologica domiciliare e terapia messa in atto durante il ricovero, parametri elettrocardiografici ed ecocardiografici, dati angiografici e outcomes intra-ospedalieri, sono stati raccolti tramite revisione delle cartelle cliniche. Risultati: Dei 265 pazienti inclusi, 86 (32.5%) sono deceduti durante il ricovero e questi, rispetto ai non deceduti, erano in minor percentuale indipendenti a casa (31.3% vs 50.9%, p 0.022); inoltre, mostravano un peggior profilo clinico all’ammissione con minor SBP (differenza media SBP: -18.6% ± 32.6, p < 0.001), minor LVEF (differenza media LVEF -13.2 ± 11.2%, p < 0.001) e peggiore classe Killip (Killip III-IV 24.3%, p < 0.001). Tra i pazienti che hanno raggiunto un TIMI3 finale, 32 sono deceduti e, per questi pazienti, un importante fattore prognostico negativo era il vivere da soli. Per quanto riguarda gli outcome secondari, le complicanze sono state riscontrate più frequentemente nei pazienti ultranovantenni che sono deceduti in ospedale. Conclusioni: I pazienti ultranovantenni con STEMI rappresentano una popolazione ad alto rischio e con alto tasso di mortalità, data la difficoltà nella loro gestione clinica ed interventistica. L’età avanzata non dovrebbe essere considerata come una controindicazione assoluta allo svolgimento della pPCI e la fragilità dovrebbe essere inclusa nella valutazione complessiva degli anziani sottoposti a tale procedura. La capacità di vivere da soli potrebbe rappresentare uno strumento facile da valutare per guidare strategie interventistiche, ma sono necessari ulteriori studi che valutino i predittori di una buona prognosi in questa coorte di pazienti.
Outcome dei pazienti ultranovantenni con STEMI trattati con PCI primaria: uno studio multicentrico - SENEX registry
RUBINO, ANNA ELISA
2019/2020
Abstract
Background: Le Sindromi Coronariche Acute costituiscono la più frequente causa di morte in tutto il mondo. Data la presenza negli anziani di sintomi atipici, presentazione ritardata e molteplici comorbilità, l’età avanzata rimane uno dei principali predittori di eventi avversi nelle patologie cardiovascolari. L’Intervento Coronarico Percutaneo primario (pPCI) rappresenta il trattamento di prima scelta nei pazienti con STEMI (ST Segment Elevation Myocardial Infarction), tuttavia i dati disponibili circa l’impatto di questa procedura sui pazienti anziani sono limitati. Obiettivi: Lo scopo della presente analisi è stato quello di valutare l’incidenza dei predittori di outcome intraospedalieri nei pazienti ultranovantenni appartenenti al registro SENEX (primary percutaneous coronary intervention for ST-segment Elevation myocardial infarction in Nonagenarian patients: an international multicenter Experience) e sottoposti a pPCI per STEMI. L’outcome primario è stato l’incidenza dei decessi e la valutazione dei predittori di morte intraospedalieri; gli outcome secondari sono stati l’incidenza di pPCI con esito positivo (indicato da un flusso post-procedurale TIMI3 nella lesione culprit), le complicanze meccaniche e aritmiche e l’incidenza di re-infarto, stroke, danno renale acuto indotto da contrasto, necessità di ricorso a CPAP o a trasfusioni di emocomponenti. Pazienti e metodi: Il registro SENEX è multicentrico, internazionale e retrospettivo, coordinato dall’Ospedale della Città della Salute e della Scienza di Torino con il coinvolgimento di 9 Centri cardiovascolari distribuiti in due Nazioni (Italia e Polonia). Ai fini dell’analisi, i pazienti sono stati inoltre suddivisi in due gruppi in base al TIMI score post-procedurale, considerato un marker di successo della pPCI. Il Registro è stato creato in conformità con i principi della Dichiarazione di Helsinki e le Linee Guida di buona pratica clinica. I dati riguardanti demografia, fattori di rischio cardiovascolari, valori di laboratorio, terapia farmacologica domiciliare e terapia messa in atto durante il ricovero, parametri elettrocardiografici ed ecocardiografici, dati angiografici e outcomes intra-ospedalieri, sono stati raccolti tramite revisione delle cartelle cliniche. Risultati: Dei 265 pazienti inclusi, 86 (32.5%) sono deceduti durante il ricovero e questi, rispetto ai non deceduti, erano in minor percentuale indipendenti a casa (31.3% vs 50.9%, p 0.022); inoltre, mostravano un peggior profilo clinico all’ammissione con minor SBP (differenza media SBP: -18.6% ± 32.6, p < 0.001), minor LVEF (differenza media LVEF -13.2 ± 11.2%, p < 0.001) e peggiore classe Killip (Killip III-IV 24.3%, p < 0.001). Tra i pazienti che hanno raggiunto un TIMI3 finale, 32 sono deceduti e, per questi pazienti, un importante fattore prognostico negativo era il vivere da soli. Per quanto riguarda gli outcome secondari, le complicanze sono state riscontrate più frequentemente nei pazienti ultranovantenni che sono deceduti in ospedale. Conclusioni: I pazienti ultranovantenni con STEMI rappresentano una popolazione ad alto rischio e con alto tasso di mortalità, data la difficoltà nella loro gestione clinica ed interventistica. L’età avanzata non dovrebbe essere considerata come una controindicazione assoluta allo svolgimento della pPCI e la fragilità dovrebbe essere inclusa nella valutazione complessiva degli anziani sottoposti a tale procedura. La capacità di vivere da soli potrebbe rappresentare uno strumento facile da valutare per guidare strategie interventistiche, ma sono necessari ulteriori studi che valutino i predittori di una buona prognosi in questa coorte di pazienti.File | Dimensione | Formato | |
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