I Flussi migratori a Torino negli anni del ¿Boom economico¿ e della grande trasformazione sociale urbana si inseriscono in un ampio quadro migratorio che li precede li e supera. Questi vorticosi flussi d'entrata, e di uscita, si accentuano verso la fine degli anni '50 e l'inizio degli anni '60 quando vengono coinvolti anche i comuni dell'hinterland e della regione piemontese. Questo movimento di persone nello spazio e nel tempo fa di Torino e dei comuni della prima cintura una concentrazione di popolazione in continuo rinnovamento. Gli imponenti flussi, però, sono inseriti nel più ampio dibattito sulle conseguenze della trasformazione sull'economia nazionale e trovano poco spazio le sofferenze di chi, è soggetto a spostamenti e cambiamenti culturali e psicologici. Gli immigrati a Torino negli anni del ¿boom economico¿ sono dei testimoni silenziosi di uno sviluppo caotico e incontrollato di cui sono tra l'altro le prime vittime. Inoltre la stessa letteratura coeva non si avvicina alle loro problematiche, come ad esempio il numero esiguo gli studi sull'argomento in cui si affrontano marginalmente e le mancate e difficili integrazione culturale. Gli immigrati diventano oggetto di attenzione solo quando il flusso è davvero ingente e assume aspetti travolgenti. Tra il '58 e il '61 Torino viene sconvolta da un tasso di immigrazione senza precedenti, e assieme al flusso reale aumenta l'attenzione sul fenomeno accentuata anche dagli interventi normativi che regolarizzano le posizioni clandestine di molti immigrati. Sono gli anni di un diffuso ostracismo cittadino, in cui si generalizza i l termine ¿napuli¿ per definire molti degli immigrati e dove compaiano con frequenza gli annunci ¿non si affitta ai meridionali¿. Si è cercato, attraverso l'analisi della letteratura sull'argomento, di analizzare quale accoglienza offrono ¿istituzioni¿ e ¿agenzie formative culturali¿ tra loro nettamente diverse prendendo in esame: I giornali, il Pci torinese e la Chiesa. Le paure si rispecchiano nei maggiori quotidiani torinesi dell'epoca. Sui giornali si da voce alle idiosincrasie dei Piemontesi preoccupati per l'arrivo ingente di manodopera meridionale. ¿La Stampa¿ e ¿L'Unità¿, pur esprimendo posizioni diverse, assumono un ruolo complementare nell'integrazione culturale dell'immigrato che in ogni modo deve adeguarsi a dei modelli di riferimento che non gli sono propri. Il Pci è l'organizzazione che per prima si occupa degli immigrati, anche per riflessioni endogene che muovono da un calo organizzativo e strutturale. Il Pci analizza la questione, spesso in maniera strumentale in occasione delle elezioni senza avere un progetto di integrazione culturale di lungo periodo come obbiettivo di azione politica. Sembra quasi che sia l'immigrato a doversi adeguare alle strutture in una sorta di processo di omologazione culturale. Si pensa che, una volta presa coscienza della sua condizione di sfruttato, il nuovo arrivato non può che aderire pienamente al partito e alla sua politica. La Chiesa, invece, si occupa dell'immigrazione perchè preoccupata della ¿perdita di fede¿ da parte di molti immigrati, che una volta inurbatisi, perdono il contatto con le strutture ecclesiastiche. Infine, vista la carenza degli studi che si registra fino agli inizi degli anni duemila, si è preso in esame il rinnovato interesse storico sulla questione. Questo si concretizza in saggi corposi che contribuiscono a incentivare una certa qual attenzione sulla questione.

Esclusi dallo sviluppo? Le contraddizioni della immigrazione meridionale a Torino negli anni del "boom economico"

SAVANT-AIRA, DANIELE
2013/2014

Abstract

I Flussi migratori a Torino negli anni del ¿Boom economico¿ e della grande trasformazione sociale urbana si inseriscono in un ampio quadro migratorio che li precede li e supera. Questi vorticosi flussi d'entrata, e di uscita, si accentuano verso la fine degli anni '50 e l'inizio degli anni '60 quando vengono coinvolti anche i comuni dell'hinterland e della regione piemontese. Questo movimento di persone nello spazio e nel tempo fa di Torino e dei comuni della prima cintura una concentrazione di popolazione in continuo rinnovamento. Gli imponenti flussi, però, sono inseriti nel più ampio dibattito sulle conseguenze della trasformazione sull'economia nazionale e trovano poco spazio le sofferenze di chi, è soggetto a spostamenti e cambiamenti culturali e psicologici. Gli immigrati a Torino negli anni del ¿boom economico¿ sono dei testimoni silenziosi di uno sviluppo caotico e incontrollato di cui sono tra l'altro le prime vittime. Inoltre la stessa letteratura coeva non si avvicina alle loro problematiche, come ad esempio il numero esiguo gli studi sull'argomento in cui si affrontano marginalmente e le mancate e difficili integrazione culturale. Gli immigrati diventano oggetto di attenzione solo quando il flusso è davvero ingente e assume aspetti travolgenti. Tra il '58 e il '61 Torino viene sconvolta da un tasso di immigrazione senza precedenti, e assieme al flusso reale aumenta l'attenzione sul fenomeno accentuata anche dagli interventi normativi che regolarizzano le posizioni clandestine di molti immigrati. Sono gli anni di un diffuso ostracismo cittadino, in cui si generalizza i l termine ¿napuli¿ per definire molti degli immigrati e dove compaiano con frequenza gli annunci ¿non si affitta ai meridionali¿. Si è cercato, attraverso l'analisi della letteratura sull'argomento, di analizzare quale accoglienza offrono ¿istituzioni¿ e ¿agenzie formative culturali¿ tra loro nettamente diverse prendendo in esame: I giornali, il Pci torinese e la Chiesa. Le paure si rispecchiano nei maggiori quotidiani torinesi dell'epoca. Sui giornali si da voce alle idiosincrasie dei Piemontesi preoccupati per l'arrivo ingente di manodopera meridionale. ¿La Stampa¿ e ¿L'Unità¿, pur esprimendo posizioni diverse, assumono un ruolo complementare nell'integrazione culturale dell'immigrato che in ogni modo deve adeguarsi a dei modelli di riferimento che non gli sono propri. Il Pci è l'organizzazione che per prima si occupa degli immigrati, anche per riflessioni endogene che muovono da un calo organizzativo e strutturale. Il Pci analizza la questione, spesso in maniera strumentale in occasione delle elezioni senza avere un progetto di integrazione culturale di lungo periodo come obbiettivo di azione politica. Sembra quasi che sia l'immigrato a doversi adeguare alle strutture in una sorta di processo di omologazione culturale. Si pensa che, una volta presa coscienza della sua condizione di sfruttato, il nuovo arrivato non può che aderire pienamente al partito e alla sua politica. La Chiesa, invece, si occupa dell'immigrazione perchè preoccupata della ¿perdita di fede¿ da parte di molti immigrati, che una volta inurbatisi, perdono il contatto con le strutture ecclesiastiche. Infine, vista la carenza degli studi che si registra fino agli inizi degli anni duemila, si è preso in esame il rinnovato interesse storico sulla questione. Questo si concretizza in saggi corposi che contribuiscono a incentivare una certa qual attenzione sulla questione.
ITA
IMPORT DA TESIONLINE
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
741223_lecontraddizionidellimmigrazionemeridionaleatorino.pdf

non disponibili

Tipologia: Altro materiale allegato
Dimensione 1.22 MB
Formato Adobe PDF
1.22 MB Adobe PDF

I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/63114