Contesto normativo italiano L'art. 25 septies del dlgs. 231/2001, disciplinante oggi la responsabilità degli enti nei casi di omicidio colposo e lesioni gravi o gravissime commesse in violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, è stato introdotto dalla legge n 123 del 3 agosto 2007 e successivamente modificato dall'art. 300 del d.lgs. 9 aprile 2008 n 81 ( TUS- Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro). La previsione di responsabilità dell'ente nei casi disciplinati dal menzionato art. 25 septies era contenuta già originariamente nella legge delega 28-9-2000, n. 300 che aveva portato all'introduzione per la prima volta nell'ordinamento italiano della responsabilità da reato degli enti1. Al momento dell'emanazione, il decreto legislativo in questione, era caratterizzato da un'attuazione solo parziale dei contenuti della citata legge delega, in quanto non venivano previste nel ¿paniere¿ dei reati- presupposto della responsabilità degli enti, le ipotesi ora disciplinate dal Dlgs. 231/2001. L'introduzione di questa forma di responsabilità era stata rinviata al fine di consentire un'attuazione graduale dei contenuti fortemente innovativi della nuova disciplina sanzionatoria. Detta ¿scelta minimalista¿ era stata adottata per favorire un progressivo radicamento della cultura della legalità che, che se invece avesse avuto da subito un ampio novero di reati, avrebbe potuto determinare non trascurabili difficoltà di adattamento.Il legislatore, difatti, si è limitato all'introduzione della responsabilità in questione, mediante l'individuazione dei reati presupposto e le relative sanzioni, senza apportare alcuna modifica alla parte ¿generale¿,senza immettere nel corpo dell'art. 25 septies specificazioni utili a guidare l'interprete nell'applicazione della fattispecie in esame, avendo in debita considerazione le peculiarità che caratterizzano le ipotesi di omicidio e lesioni correlate a violazione prevenzionistiche, rispetto al novero dei reati presupposto già presenti in ¿catalogo¿. Peraltro, già all'indomani del varo del d.lgs. 231/01, sottolineando il dislivello tra la vocazione sistematica espressa dalla parte generale e l'avarizia della parte speciale, con riferimento alla tecnica legislativa alla quale fare ricorso nella necessità dell'adeguamento della seconda alla prima, la dottrina aveva segnalato una possibile alternativa: un'elencazione dei reati presupposto secondo l'opzione elaborata dalla Commissione Grosso3. Il progetto di riforma elaborato dalla Commissione Grosso, nella parte relativa alla materia poi codificata dal d.lgs. 231/01, avvertiva della necessità di far ricorso ad un duplice modulo di ascrizione della responsabilità, a seconda della tipologia e natura del reato presupposto che di volta in volta sarebbe venuto in considerazione. La previsione di quella che è la responsabilità amministrativa degli enti, è risultata fortemente innovativa perché di fatto derogatoria, nonostante l'aggettivo amministrativa appositamente utilizzato, di uno dei princìpi cardini del nostro ordinamento giuridico penale, ereditato dal diritto romano, sintetizzato dal noto broccardo societas delinquere non potest4, codificato dall'art. 197, comma 1, c.p.; norma, questa, che infatti, imponendo alla persona giuridicaun mero obbligo civile di garanzia nel caso di insolvibilità del suo legale rappresentante in relazione alla pena pecuniaria comminatagli per un reato costituente violazione degli obblighi inerenti a quella qualità o commesso nell'interesse della persona giuridica, sancisce implicitamente la irresponsabilità penale delle persone giuridiche.

l'articolo 25 septies D.lgs 231/2001: un inquadramento

CARRARA, ROSANNA
2014/2015

Abstract

Contesto normativo italiano L'art. 25 septies del dlgs. 231/2001, disciplinante oggi la responsabilità degli enti nei casi di omicidio colposo e lesioni gravi o gravissime commesse in violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, è stato introdotto dalla legge n 123 del 3 agosto 2007 e successivamente modificato dall'art. 300 del d.lgs. 9 aprile 2008 n 81 ( TUS- Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro). La previsione di responsabilità dell'ente nei casi disciplinati dal menzionato art. 25 septies era contenuta già originariamente nella legge delega 28-9-2000, n. 300 che aveva portato all'introduzione per la prima volta nell'ordinamento italiano della responsabilità da reato degli enti1. Al momento dell'emanazione, il decreto legislativo in questione, era caratterizzato da un'attuazione solo parziale dei contenuti della citata legge delega, in quanto non venivano previste nel ¿paniere¿ dei reati- presupposto della responsabilità degli enti, le ipotesi ora disciplinate dal Dlgs. 231/2001. L'introduzione di questa forma di responsabilità era stata rinviata al fine di consentire un'attuazione graduale dei contenuti fortemente innovativi della nuova disciplina sanzionatoria. Detta ¿scelta minimalista¿ era stata adottata per favorire un progressivo radicamento della cultura della legalità che, che se invece avesse avuto da subito un ampio novero di reati, avrebbe potuto determinare non trascurabili difficoltà di adattamento.Il legislatore, difatti, si è limitato all'introduzione della responsabilità in questione, mediante l'individuazione dei reati presupposto e le relative sanzioni, senza apportare alcuna modifica alla parte ¿generale¿,senza immettere nel corpo dell'art. 25 septies specificazioni utili a guidare l'interprete nell'applicazione della fattispecie in esame, avendo in debita considerazione le peculiarità che caratterizzano le ipotesi di omicidio e lesioni correlate a violazione prevenzionistiche, rispetto al novero dei reati presupposto già presenti in ¿catalogo¿. Peraltro, già all'indomani del varo del d.lgs. 231/01, sottolineando il dislivello tra la vocazione sistematica espressa dalla parte generale e l'avarizia della parte speciale, con riferimento alla tecnica legislativa alla quale fare ricorso nella necessità dell'adeguamento della seconda alla prima, la dottrina aveva segnalato una possibile alternativa: un'elencazione dei reati presupposto secondo l'opzione elaborata dalla Commissione Grosso3. Il progetto di riforma elaborato dalla Commissione Grosso, nella parte relativa alla materia poi codificata dal d.lgs. 231/01, avvertiva della necessità di far ricorso ad un duplice modulo di ascrizione della responsabilità, a seconda della tipologia e natura del reato presupposto che di volta in volta sarebbe venuto in considerazione. La previsione di quella che è la responsabilità amministrativa degli enti, è risultata fortemente innovativa perché di fatto derogatoria, nonostante l'aggettivo amministrativa appositamente utilizzato, di uno dei princìpi cardini del nostro ordinamento giuridico penale, ereditato dal diritto romano, sintetizzato dal noto broccardo societas delinquere non potest4, codificato dall'art. 197, comma 1, c.p.; norma, questa, che infatti, imponendo alla persona giuridicaun mero obbligo civile di garanzia nel caso di insolvibilità del suo legale rappresentante in relazione alla pena pecuniaria comminatagli per un reato costituente violazione degli obblighi inerenti a quella qualità o commesso nell'interesse della persona giuridica, sancisce implicitamente la irresponsabilità penale delle persone giuridiche.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/62930