Il presente elaborato di tesi è dedicato alla tematica degli sport estremi, di cui mette in risalto le caratteristiche psicologiche e psicopatologiche, illustrandone altresì il radicamento all'interno di alcune tendenze sociali e culturali proprie del nostro tempo; si articola in tre capitoli Il capitolo primo è dedicato a un'analisi di tipo comparativo tra sport tout court e sport estremo. Passando in rassegna la letteratura critica che a questa tematica è stata dedicata, in particolare lo sport estremo viene visto come caratterizzato da una tipica ¿esperienza del limite¿. Lo sportivo estremo, cioè, appare impegnato in un costante tentativo di oltrepassare i limiti psico-fisici del proprio sé. L'esperienza del superamento del limite ha da un lato una serie di radici psicologiche (con l'euforia e l'entusiasmo che vi si accompagnano), ma nel contempo una base o una premessa di tipo culturale in senso lato. La società postmoderna, quella in cui ci troviamo a vivere appare sovente caratterizzata dallo sforzo di oltrepassare i limiti, in tal senso, gli sport estremi partecipano ad un trend tipico del nostro mondo. Il capitolo secondo è invece dedicato espressamente al tema dell'alpinismo. Nella parte iniziale di esso viene tratteggiata brevemente la storia di questo sport. Viene poi posta in luce la connessione di esso con gli sport estremi, approfondendo soprattutto la tematica dei ¿giochi di vertigine¿. Vengono poi illustrate alcune implicazioni e presupposti di ordine squisitamente psicologico di questo sport, concentrando l'attenzione eminentemente sopra gli aspetti cognitivi della ¿psicologia della scalata¿. Praticare uno sport estremo può dare adito a esperienze psicologiche particolari (descritte tanto da Reinhold Messner quanto da un controverso personaggio come il filosofo Julius Evola). Ad esempio può scaturire dal nostro subconscio una forza ignota a noi stessi e che ci conduce fino alla meta, attingendo come a una sorta di campo energetico psico-fisico di riserva. In questo capitolo tratterò ¿metodo SFERA¿ messo a punto da uno psicologo dello sport come Vercelli. Costui ha messo in risalto cinque fattori extra power (sincronia, punti di forza, energia, ritmo e attivazione), che consentono all'atleta professionista di dare il meglio Il capitolo terzo è dedicato, infine, alle possibili derive psicopatologiche degli sport estremi. Questi ultimi, infatti, appaiono collocarsi sul difficile crinale che separa l'autenticità dall'inautenticità, la cultura dalla subcultura, e sono sempre in punto di sbilanciarsi verso questo secondo aspetto. L'esperienza del limite, in questi casi, diventa fine a se stessa, un progetto in cui un ego narcisistico si fa ancora più ipertrofico, smarrendo ogni contatto con la realtà. Di questa perversione degli sport estremi la cultura del doping appare una delle manifestazioni ricorrenti, come anche tossicodipendenze e i disturbi alimentari. Sono inoltre riportate interviste elaborate sulla base del metodo SFERA a sette scalatori agonisti.
sport estremo tra psiche e società
GABANELLA, CATERINA
2013/2014
Abstract
Il presente elaborato di tesi è dedicato alla tematica degli sport estremi, di cui mette in risalto le caratteristiche psicologiche e psicopatologiche, illustrandone altresì il radicamento all'interno di alcune tendenze sociali e culturali proprie del nostro tempo; si articola in tre capitoli Il capitolo primo è dedicato a un'analisi di tipo comparativo tra sport tout court e sport estremo. Passando in rassegna la letteratura critica che a questa tematica è stata dedicata, in particolare lo sport estremo viene visto come caratterizzato da una tipica ¿esperienza del limite¿. Lo sportivo estremo, cioè, appare impegnato in un costante tentativo di oltrepassare i limiti psico-fisici del proprio sé. L'esperienza del superamento del limite ha da un lato una serie di radici psicologiche (con l'euforia e l'entusiasmo che vi si accompagnano), ma nel contempo una base o una premessa di tipo culturale in senso lato. La società postmoderna, quella in cui ci troviamo a vivere appare sovente caratterizzata dallo sforzo di oltrepassare i limiti, in tal senso, gli sport estremi partecipano ad un trend tipico del nostro mondo. Il capitolo secondo è invece dedicato espressamente al tema dell'alpinismo. Nella parte iniziale di esso viene tratteggiata brevemente la storia di questo sport. Viene poi posta in luce la connessione di esso con gli sport estremi, approfondendo soprattutto la tematica dei ¿giochi di vertigine¿. Vengono poi illustrate alcune implicazioni e presupposti di ordine squisitamente psicologico di questo sport, concentrando l'attenzione eminentemente sopra gli aspetti cognitivi della ¿psicologia della scalata¿. Praticare uno sport estremo può dare adito a esperienze psicologiche particolari (descritte tanto da Reinhold Messner quanto da un controverso personaggio come il filosofo Julius Evola). Ad esempio può scaturire dal nostro subconscio una forza ignota a noi stessi e che ci conduce fino alla meta, attingendo come a una sorta di campo energetico psico-fisico di riserva. In questo capitolo tratterò ¿metodo SFERA¿ messo a punto da uno psicologo dello sport come Vercelli. Costui ha messo in risalto cinque fattori extra power (sincronia, punti di forza, energia, ritmo e attivazione), che consentono all'atleta professionista di dare il meglio Il capitolo terzo è dedicato, infine, alle possibili derive psicopatologiche degli sport estremi. Questi ultimi, infatti, appaiono collocarsi sul difficile crinale che separa l'autenticità dall'inautenticità, la cultura dalla subcultura, e sono sempre in punto di sbilanciarsi verso questo secondo aspetto. L'esperienza del limite, in questi casi, diventa fine a se stessa, un progetto in cui un ego narcisistico si fa ancora più ipertrofico, smarrendo ogni contatto con la realtà. Di questa perversione degli sport estremi la cultura del doping appare una delle manifestazioni ricorrenti, come anche tossicodipendenze e i disturbi alimentari. Sono inoltre riportate interviste elaborate sulla base del metodo SFERA a sette scalatori agonisti.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/61565