Il potere di grazia così come delineato dalla sentenza della Corte Costituzionale n°200 del 2006, rappresenta un potere esclusivamente presidenziale. Questa pronuncia ha risolto in modo sorprendente il ricorso per conflitto d'attribuzione sollevato dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nei confronti del Ministro della Giustizia Roberto Castelli che rifiutava di dar corso alla determinazione del primo di concedere la grazia ad Ovidio Bompressi. Il Presidente aveva, infatti, espresso la sua intenzione di voler concedere la grazia all'ex militante di Lotta Continua, la cui situazione processuale era legata a quella di Adriano Sofri, anch'egli condannato per l'omicidio del commissario Calabresi. A seguito della richiesta di Ciampi rivolta al Ministro della Giustizia di aprire l'istruttoria per la concessione del provvedimento clemenziale, quest'ultimo ribadì il suo rifiuto a proporre la grazia. Così facendo, pose di fatto un ostacolo alla determinazione del Presidente della Repubblica, relegato così ad un mero compito di routine. La consuetudine costituzionale, instauratasi fin dai tempi dello Statuto Albertino, vedeva un assetto in cui partecipavano Ministro della Giustizia che verificava l'opportunità della grazia, proposta al Presidente della Repubblica che si limitava a firmare il decreto ed infine controfirma ministeriale. La sentenza ha stravolto questa dinamica e ha sancito definitivamente il valore della controfirma ministeriale in quest'ambito.

IL POTERE DI GRAZIA NELL'ORDINAMENTO COSTITUZIONALE ITALIANO

GARROU, SERENA
2013/2014

Abstract

Il potere di grazia così come delineato dalla sentenza della Corte Costituzionale n°200 del 2006, rappresenta un potere esclusivamente presidenziale. Questa pronuncia ha risolto in modo sorprendente il ricorso per conflitto d'attribuzione sollevato dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nei confronti del Ministro della Giustizia Roberto Castelli che rifiutava di dar corso alla determinazione del primo di concedere la grazia ad Ovidio Bompressi. Il Presidente aveva, infatti, espresso la sua intenzione di voler concedere la grazia all'ex militante di Lotta Continua, la cui situazione processuale era legata a quella di Adriano Sofri, anch'egli condannato per l'omicidio del commissario Calabresi. A seguito della richiesta di Ciampi rivolta al Ministro della Giustizia di aprire l'istruttoria per la concessione del provvedimento clemenziale, quest'ultimo ribadì il suo rifiuto a proporre la grazia. Così facendo, pose di fatto un ostacolo alla determinazione del Presidente della Repubblica, relegato così ad un mero compito di routine. La consuetudine costituzionale, instauratasi fin dai tempi dello Statuto Albertino, vedeva un assetto in cui partecipavano Ministro della Giustizia che verificava l'opportunità della grazia, proposta al Presidente della Repubblica che si limitava a firmare il decreto ed infine controfirma ministeriale. La sentenza ha stravolto questa dinamica e ha sancito definitivamente il valore della controfirma ministeriale in quest'ambito.
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