Il presente lavoro nasce dall'intento di analizzare il ricorso n. 27765/09 ¿Hirsi Jamaa e altri c. Italia¿, presentato dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo (Corte EDU), da un gruppo di migranti di nazionalità eritrea e somala che accusano l'Italia di averli soccorsi in acque internazionali in prossimità delle coste siciliane per respingerli arbitrariamente in Libia, luogo originario del loro viaggio in mare verso l'Europa. Il fatto risale al maggio 2009 e la decisione della Corte, nel 2013, ha suscitato fin dal principio l'attenzione di giuristi, operatori umanitari e opinione pubblica. Segna un primo passo importante verso la definizione, anche sotto il profilo giuridico, dell'annoso problema delle migrazioni dall'Africa e dal Medio-Oriente verso le coste europee. È, infatti, il primo ricorso in materia di immigrazione e violazione del principio di non refoulement, sancito dalla Convenzione Europea dei diritti dell'uomo (CEDU), che la Corte EDU ha giudicato ammissibile e sul quale si è pronunciata, dando di fatto una rilevanza giuridica a un problema che molti ritenevano solo politico, sociologico o di coscienza. L'ambito giuridico di questa analisi spazia dal diritto italiano in materia d'immigrazione al diritto internazionale. Il caso di specie offre uno spunto per una riflessione sulle conseguenze dell'impatto tra i due sistemi, dopo l'adesione italiana alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo del 1950 (CEDU), oggetto delle presunte violazioni, e alla Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati del 1951, passando per gli accordi bilaterali Italia-Libia del 2007.
Respingimenti in acque internazionali: il caso Hirsi Jamaa.
SABBETTI, NICOLETTA
2013/2014
Abstract
Il presente lavoro nasce dall'intento di analizzare il ricorso n. 27765/09 ¿Hirsi Jamaa e altri c. Italia¿, presentato dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo (Corte EDU), da un gruppo di migranti di nazionalità eritrea e somala che accusano l'Italia di averli soccorsi in acque internazionali in prossimità delle coste siciliane per respingerli arbitrariamente in Libia, luogo originario del loro viaggio in mare verso l'Europa. Il fatto risale al maggio 2009 e la decisione della Corte, nel 2013, ha suscitato fin dal principio l'attenzione di giuristi, operatori umanitari e opinione pubblica. Segna un primo passo importante verso la definizione, anche sotto il profilo giuridico, dell'annoso problema delle migrazioni dall'Africa e dal Medio-Oriente verso le coste europee. È, infatti, il primo ricorso in materia di immigrazione e violazione del principio di non refoulement, sancito dalla Convenzione Europea dei diritti dell'uomo (CEDU), che la Corte EDU ha giudicato ammissibile e sul quale si è pronunciata, dando di fatto una rilevanza giuridica a un problema che molti ritenevano solo politico, sociologico o di coscienza. L'ambito giuridico di questa analisi spazia dal diritto italiano in materia d'immigrazione al diritto internazionale. Il caso di specie offre uno spunto per una riflessione sulle conseguenze dell'impatto tra i due sistemi, dopo l'adesione italiana alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo del 1950 (CEDU), oggetto delle presunte violazioni, e alla Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati del 1951, passando per gli accordi bilaterali Italia-Libia del 2007.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/60954