L'obiettivo di questa tesi è quello di conseguire maggiori nozioni e chiarimenti sulla figura di Cesare Lombroso, il padre e creatore della Criminologia e dell'Antropologia Criminale. Il primo capitolo si apre con le ricerche di Cesare Lombroso sulle cause della criminalità che avviene attraverso osservazioni su un campione che gli è stato offerto dall'esperienza carceraria e manicomiale e si dilegua nella spiegazione causale del crimine come l'effetto di una regressione a livelli primordiali dell'evoluzione umana ( atavismo), per cui il delinquente porterebbe precise tracce somatiche e psichiche. Tutte queste osservazioni porteranno Lombroso ad ultimare delle teorie che infatti vengono qui rappresentate. Per comprendere al meglio il creatore dell'Antropologia Criminale si prosegue poi col secondo capitolo che tratta della storia del Museo Lombroso, da lui infatti creato e portato avanti nel corso degli anni dai suoi sostenitori, in particolar modo da Mario Carrara. Al suo interno possiamo osservare strumenti che vennero utilizzati nei suoi studi, manufatti realizzati nelle carceri e nei manicomi, maschere in cera che riproducono volti di detenuti, corpi di reato, fotografie, e di notevole rilevanza è soprattutto lo scheletro dell'Antropologo che decise di donare alla scienza, come pratica consueta fra i luminari della medicina. Il Museo ci permette di prendere atto della teoria dell'Atavismo: nasce con la scoperta della fossetta occipitale mediana, ossia di una caratteristica del cranio rinvenuta attraverso l'autopsia sul brigante Giuseppe Villella, che permise di valutare le differenze tra uomo ¿normale¿ e delinquente, rilevando la prima causa di un comportamento criminale. Proprio il cranio di Villella è oggetto di una diatriba che intercorre da anni tra l'università di Torino e il comune di origine del brigante, Motta Santa Lucia(Catanzaro), e che ho avuto l'onore di approfondire attraverso l'intervista, presente nell'ultimo capitolo, al direttore attuale del Museo di Antropologia Criminale, Silvano Montaldo.
L'influenza sulla criminologia delle teorie lombrosiane attraverso la storia del Museo Lombroso
NAPOLITANO, VALENTINA
2012/2013
Abstract
L'obiettivo di questa tesi è quello di conseguire maggiori nozioni e chiarimenti sulla figura di Cesare Lombroso, il padre e creatore della Criminologia e dell'Antropologia Criminale. Il primo capitolo si apre con le ricerche di Cesare Lombroso sulle cause della criminalità che avviene attraverso osservazioni su un campione che gli è stato offerto dall'esperienza carceraria e manicomiale e si dilegua nella spiegazione causale del crimine come l'effetto di una regressione a livelli primordiali dell'evoluzione umana ( atavismo), per cui il delinquente porterebbe precise tracce somatiche e psichiche. Tutte queste osservazioni porteranno Lombroso ad ultimare delle teorie che infatti vengono qui rappresentate. Per comprendere al meglio il creatore dell'Antropologia Criminale si prosegue poi col secondo capitolo che tratta della storia del Museo Lombroso, da lui infatti creato e portato avanti nel corso degli anni dai suoi sostenitori, in particolar modo da Mario Carrara. Al suo interno possiamo osservare strumenti che vennero utilizzati nei suoi studi, manufatti realizzati nelle carceri e nei manicomi, maschere in cera che riproducono volti di detenuti, corpi di reato, fotografie, e di notevole rilevanza è soprattutto lo scheletro dell'Antropologo che decise di donare alla scienza, come pratica consueta fra i luminari della medicina. Il Museo ci permette di prendere atto della teoria dell'Atavismo: nasce con la scoperta della fossetta occipitale mediana, ossia di una caratteristica del cranio rinvenuta attraverso l'autopsia sul brigante Giuseppe Villella, che permise di valutare le differenze tra uomo ¿normale¿ e delinquente, rilevando la prima causa di un comportamento criminale. Proprio il cranio di Villella è oggetto di una diatriba che intercorre da anni tra l'università di Torino e il comune di origine del brigante, Motta Santa Lucia(Catanzaro), e che ho avuto l'onore di approfondire attraverso l'intervista, presente nell'ultimo capitolo, al direttore attuale del Museo di Antropologia Criminale, Silvano Montaldo.File | Dimensione | Formato | |
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