La responsabilità da comando non rappresenta una forma di responsabilità oggettiva del superiore per i crimini commessi dai suoi subordinati, poiché non prescinde dalla condotta del comandante o dal suo stato mentale riguardo le azioni commesse dai sottoposti, e non descrive nemmeno una forma di complicità del superiore per l'assistenza fornita a chi ha commesso il crimine. La responsabilità da comando è una responsabilità propria per condotta omissiva, poiché il comandante è penalmente responsabile per non aver impedito o punito i crimini commessi dai subordinati. Lo Statuto della Corte Penale Internazionale disciplina la responsabilità da comando all'Art. 28, prevedendo la responsabilità penale individuale dei superiori militari e civili per i crimini commessi dai loro subordinati. Tale dottrina si inserisce nel più ampio concetto di responsabilità penale individuale (Art.25), che lo StCPI riconosce espressamente per i crimini di guerra, i crimini contro l'umanità ed il genocidio. In base a tale principio, nel diritto internazionale, viene attribuita ai singoli individui la responsabilità per i crimini di competenza della CPI senza alcun tipo di eccezione. L'Art. 27 StCPI, infatti, sancisce che tali individui devono ritenersi responsabili anche se hanno agito in qualità di organi di uno Stato; il ruolo pubblico ricoperto non può essere causa di esclusione dell'imputazione per i crimini che rientrano nella giurisdizione della Corte. E', così, sottolineata l'uguaglianza di ogni individuo di fronte alla gravità di tali crimini, rendendo chiaro che nessuno potrà sottrarsi alla giurisdizione della CPI. In un simile contesto, l'Art. 28 StCPI allarga ulteriormente le ipotesi di responsabilità individuale nel caso in cui sia coinvolto un superiore in posizione di comando. Tali ufficiali non potranno invocare la loro qualità di organi di Stato per sfuggire ad una incriminazione, ma anzi potranno essere ritenuti responsabili per il crimine commesso dai loro subordinati, o meglio, per la mancata prevenzione o punizione di tale crimine. La responsabilità da comando rappresenta, quindi, una forma di contrasto all'impunità e finisce per assumere anche un effetto deterrente generale rispetto ai crimini di competenza della CPI, poiché consente di chiamare a rispondere non solo chi ha commesso tali crimini, ma anche chi, in virtù della sua autorità, poteva concretamente impedire o punire i reati dei subordinati. Nel suo percorso evolutivo, la responsabilità da comando ha creato molti problemi di interpretazione, soprattutto per ciò che riguarda l'individuazione dei suoi presupposti soggettivi ed oggettivi. Nel presente lavoro è stata esaminata la sua evoluzione normativa e giurisprudenziale, puntando l'attenzione sugli elementi che la caratterizzano e su come questi siano stati elaborati dai tribunali internazionali, creando una giurisprudenza particolarmente ricca e che certamente esercita una notevole influenza. Si è giunti, così, all'esame delle recenti pronunce della CPI, interrogandosi sul grado di maturità raggiunto dalla command responsibility, per capire se l'influenza della giurisprudenza dei Tribunali ad hoc condizioni eccessivamente la CPI o se vi sia spazio per un'evoluzione della dottrina che stia al passo del mutare continuo delle guerre moderne.
La Responsabilità da Comando alla luce della Giurisprudenza della Corte Penale Internazionale
CALLARI, ALESSANDRO
2012/2013
Abstract
La responsabilità da comando non rappresenta una forma di responsabilità oggettiva del superiore per i crimini commessi dai suoi subordinati, poiché non prescinde dalla condotta del comandante o dal suo stato mentale riguardo le azioni commesse dai sottoposti, e non descrive nemmeno una forma di complicità del superiore per l'assistenza fornita a chi ha commesso il crimine. La responsabilità da comando è una responsabilità propria per condotta omissiva, poiché il comandante è penalmente responsabile per non aver impedito o punito i crimini commessi dai subordinati. Lo Statuto della Corte Penale Internazionale disciplina la responsabilità da comando all'Art. 28, prevedendo la responsabilità penale individuale dei superiori militari e civili per i crimini commessi dai loro subordinati. Tale dottrina si inserisce nel più ampio concetto di responsabilità penale individuale (Art.25), che lo StCPI riconosce espressamente per i crimini di guerra, i crimini contro l'umanità ed il genocidio. In base a tale principio, nel diritto internazionale, viene attribuita ai singoli individui la responsabilità per i crimini di competenza della CPI senza alcun tipo di eccezione. L'Art. 27 StCPI, infatti, sancisce che tali individui devono ritenersi responsabili anche se hanno agito in qualità di organi di uno Stato; il ruolo pubblico ricoperto non può essere causa di esclusione dell'imputazione per i crimini che rientrano nella giurisdizione della Corte. E', così, sottolineata l'uguaglianza di ogni individuo di fronte alla gravità di tali crimini, rendendo chiaro che nessuno potrà sottrarsi alla giurisdizione della CPI. In un simile contesto, l'Art. 28 StCPI allarga ulteriormente le ipotesi di responsabilità individuale nel caso in cui sia coinvolto un superiore in posizione di comando. Tali ufficiali non potranno invocare la loro qualità di organi di Stato per sfuggire ad una incriminazione, ma anzi potranno essere ritenuti responsabili per il crimine commesso dai loro subordinati, o meglio, per la mancata prevenzione o punizione di tale crimine. La responsabilità da comando rappresenta, quindi, una forma di contrasto all'impunità e finisce per assumere anche un effetto deterrente generale rispetto ai crimini di competenza della CPI, poiché consente di chiamare a rispondere non solo chi ha commesso tali crimini, ma anche chi, in virtù della sua autorità, poteva concretamente impedire o punire i reati dei subordinati. Nel suo percorso evolutivo, la responsabilità da comando ha creato molti problemi di interpretazione, soprattutto per ciò che riguarda l'individuazione dei suoi presupposti soggettivi ed oggettivi. Nel presente lavoro è stata esaminata la sua evoluzione normativa e giurisprudenziale, puntando l'attenzione sugli elementi che la caratterizzano e su come questi siano stati elaborati dai tribunali internazionali, creando una giurisprudenza particolarmente ricca e che certamente esercita una notevole influenza. Si è giunti, così, all'esame delle recenti pronunce della CPI, interrogandosi sul grado di maturità raggiunto dalla command responsibility, per capire se l'influenza della giurisprudenza dei Tribunali ad hoc condizioni eccessivamente la CPI o se vi sia spazio per un'evoluzione della dottrina che stia al passo del mutare continuo delle guerre moderne.File | Dimensione | Formato | |
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