Una qualche considerazione per l'elemento soggettivo dell'omicidio si manifesta già nell'ancestrale sistema della vendetta, a cui l'uccisore poteva sottrarsi con la fuga dalla polis o pagando una poiné: infatti, è più probabile che i parenti della vittima non lo avrebbero inseguito all'estero o che gli concedessero addirittura l'aidesis nel caso in cui l'omicidio non fosse stato compiuto con la specifica intenzione di ledere la timé dell'oikos offeso. La distinzione operata dalla legge di Draconte sulla base dell'atteggiamento mentale dell'agente si innesta su tale sistema, distinguendo tra phonos ek pronoias e phonos akousios, categoria residuale in cui rientravano tutti gli omicidi non perpetrati con pronoia. Tale pronoia risulta assimilabile all'odierna premeditazione e connota anche gli illeciti dei kakourgoi, tuttavia sottoposti ad una più severa repressione perché reati d'autore. La prassi applicativa della legge poi intensifica la differenza di trattamento tra phonos ek pronoias e phonos akousios, nell'ambito del riparto di competenze tra i tribunali in materia di omicidio, dell'esperibilità della graphé asebeias, della confisca dei beni del condannato, dell'esecuzione dell'omicida ek pronoias attraverso un supplizio inflitto dallo Stato, della concessione del perdono all'uccisore. Inoltre, nell'età degli oratori il phonos akousios è ritenuto punibile solo se dovuto ad un hamartema, ossia ad un errore colpevole, e affinché il phonos dikaios sia considerato legittimo non è sufficiente il ricorrere delle circostanze oggettive previste dalla legge, ma è necessario anche che sia anch'esso considerabile akousios, ossia che non si tratti di un omicidio ek pronoias commesso approfittando pretestuosamente di siffatte circostanze di fatto. Un phonos akousios sarebbe stato considerato anche l'omicidio thumo, da Omero fino Platone, che lo considera una specie intermedia tra l'omicidio ek pronoias e il phonos akousios. Soltanto con Aristotele si afferma la concezione moderna, che considera volontaria l'azione d'impeto.
L'elemento soggettivo nella repressione attica dell'omicidio
CASELLA, VALENTINA
2012/2013
Abstract
Una qualche considerazione per l'elemento soggettivo dell'omicidio si manifesta già nell'ancestrale sistema della vendetta, a cui l'uccisore poteva sottrarsi con la fuga dalla polis o pagando una poiné: infatti, è più probabile che i parenti della vittima non lo avrebbero inseguito all'estero o che gli concedessero addirittura l'aidesis nel caso in cui l'omicidio non fosse stato compiuto con la specifica intenzione di ledere la timé dell'oikos offeso. La distinzione operata dalla legge di Draconte sulla base dell'atteggiamento mentale dell'agente si innesta su tale sistema, distinguendo tra phonos ek pronoias e phonos akousios, categoria residuale in cui rientravano tutti gli omicidi non perpetrati con pronoia. Tale pronoia risulta assimilabile all'odierna premeditazione e connota anche gli illeciti dei kakourgoi, tuttavia sottoposti ad una più severa repressione perché reati d'autore. La prassi applicativa della legge poi intensifica la differenza di trattamento tra phonos ek pronoias e phonos akousios, nell'ambito del riparto di competenze tra i tribunali in materia di omicidio, dell'esperibilità della graphé asebeias, della confisca dei beni del condannato, dell'esecuzione dell'omicida ek pronoias attraverso un supplizio inflitto dallo Stato, della concessione del perdono all'uccisore. Inoltre, nell'età degli oratori il phonos akousios è ritenuto punibile solo se dovuto ad un hamartema, ossia ad un errore colpevole, e affinché il phonos dikaios sia considerato legittimo non è sufficiente il ricorrere delle circostanze oggettive previste dalla legge, ma è necessario anche che sia anch'esso considerabile akousios, ossia che non si tratti di un omicidio ek pronoias commesso approfittando pretestuosamente di siffatte circostanze di fatto. Un phonos akousios sarebbe stato considerato anche l'omicidio thumo, da Omero fino Platone, che lo considera una specie intermedia tra l'omicidio ek pronoias e il phonos akousios. Soltanto con Aristotele si afferma la concezione moderna, che considera volontaria l'azione d'impeto.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/59679