Il ricorso alla prospettiva che ha sancito la diffusione dei ¿Metodi alternativi di risoluzione dei conflitti¿, o ADR (Alternative Dispute Resolution), è riconducibile alla sovrapposizione con un avvenimento culturale, quale è la Conferenza del 1976 avvenuta a Chicago riguardante l'evidente crisi del ricorso alla giustizia, identificato come un importantissimo stravolgimento della disamina dei problemi concernenti la giustizia civile dell'America del Nord. Le tecniche ADR possono definirsi eterogenee, sebbene siano ascrivibili, principalmente, a due modelli, che coincidono con una ripartizione sistematica tra evaluative o adjudicative ADR (strumenti ¿decisionali¿, il cui prototipo è l'arbitrato, inclusi nel modello valutativo, che determinano la controversia tramite una decisione espressa da un terzo individuo che non emetta giudizi), e facilitative o non adjudicative ADR (strumenti ¿non decisionali¿, il cui esemplare è la mediazione, compreso nel modello conciliativo, contraddistinti dall'accordo delle parti sia durante la fase procedurale di conversazione e raffronto, che in quella finale di concordato concernente le rispettive propensioni). La mediazione rappresenta una delle tecniche alternative di gestione dei conflitti, la quale, come gli altri metodi alternativi, non soppianta lo strumento giuridico tradizionale, presentandosi come una modalità completamente autosufficiente di gestione del conflitto stesso. L'obiettivo pragmatico che vuole perseguire il processo di mediazione, è quello di ripristinare una relazione sospesa, bloccata tra due o più parti, contrariamente all'atto giudiziario che decreta un vincitore e un vinto. In Italia, sono state avanzate differenti definizioni della concezione di mediazione, tra le quali emerge, per la sua precisione ed elaborazione, è quella secondo cui ¿la mediazione è un processo attraverso il quale due o più parti si rivolgono liberamente a un terzo neutrale, il mediatore, per ridurre gli effetti indesiderati di un conflitto. Il mediatore, privo di ogni potere che non sia quello derivato dall'autorevolezza che le parti gli attribuiscono, mira a ristabilire il dialogo per poter raggiungere un obiettivo concreto: la realizzazione di un progetto di riorganizzazione delle relazioni che risulti il più possibile soddisfacente per tutti. L'obiettivo finale della mediazione si realizza una volta che le parti si siano creativamente riappropriate, nell'interesse proprio e di tutti i soggetti coinvolti, della propria attiva e responsabile capacità decisionale¿. La mediazione è proposta come uno strumento utilizzato per recuperare una comunicazione bloccata, considerando che il probabile risanamento del contatto realizzato con il sostegno del mediatore, terzo neutrale, è la risultante della sola volontà dei contendenti. Tramite il processo di mediazione mutano le priorità: dalla convinzione di evitare e risolvere una controversia, si giunge a quella gestire il conflitto. Il fine ultimo è quello di trasformare il conflitto in una risorsa, in modo da renderlo un epicentro di raffronto e dialogo, una circostanza che permetta di profilare le identità individuali e gruppali; il conflitto non dev'essere fronteggiato inserendolo in un panorama di patologia e di corrispettiva terapia, ma è più funzionale l'ottica del ¿prendersi cura¿ del conflitto senza tentare una ¿cura¿. Il presente lavoro intende, da un lato, ampliare la conoscenza attraverso l'approfondimento della letteratura nazionale e internazionale

Aspetti psicodinamici della mediazione civile e commerciale

SPIONE, LETIZIA
2011/2012

Abstract

Il ricorso alla prospettiva che ha sancito la diffusione dei ¿Metodi alternativi di risoluzione dei conflitti¿, o ADR (Alternative Dispute Resolution), è riconducibile alla sovrapposizione con un avvenimento culturale, quale è la Conferenza del 1976 avvenuta a Chicago riguardante l'evidente crisi del ricorso alla giustizia, identificato come un importantissimo stravolgimento della disamina dei problemi concernenti la giustizia civile dell'America del Nord. Le tecniche ADR possono definirsi eterogenee, sebbene siano ascrivibili, principalmente, a due modelli, che coincidono con una ripartizione sistematica tra evaluative o adjudicative ADR (strumenti ¿decisionali¿, il cui prototipo è l'arbitrato, inclusi nel modello valutativo, che determinano la controversia tramite una decisione espressa da un terzo individuo che non emetta giudizi), e facilitative o non adjudicative ADR (strumenti ¿non decisionali¿, il cui esemplare è la mediazione, compreso nel modello conciliativo, contraddistinti dall'accordo delle parti sia durante la fase procedurale di conversazione e raffronto, che in quella finale di concordato concernente le rispettive propensioni). La mediazione rappresenta una delle tecniche alternative di gestione dei conflitti, la quale, come gli altri metodi alternativi, non soppianta lo strumento giuridico tradizionale, presentandosi come una modalità completamente autosufficiente di gestione del conflitto stesso. L'obiettivo pragmatico che vuole perseguire il processo di mediazione, è quello di ripristinare una relazione sospesa, bloccata tra due o più parti, contrariamente all'atto giudiziario che decreta un vincitore e un vinto. In Italia, sono state avanzate differenti definizioni della concezione di mediazione, tra le quali emerge, per la sua precisione ed elaborazione, è quella secondo cui ¿la mediazione è un processo attraverso il quale due o più parti si rivolgono liberamente a un terzo neutrale, il mediatore, per ridurre gli effetti indesiderati di un conflitto. Il mediatore, privo di ogni potere che non sia quello derivato dall'autorevolezza che le parti gli attribuiscono, mira a ristabilire il dialogo per poter raggiungere un obiettivo concreto: la realizzazione di un progetto di riorganizzazione delle relazioni che risulti il più possibile soddisfacente per tutti. L'obiettivo finale della mediazione si realizza una volta che le parti si siano creativamente riappropriate, nell'interesse proprio e di tutti i soggetti coinvolti, della propria attiva e responsabile capacità decisionale¿. La mediazione è proposta come uno strumento utilizzato per recuperare una comunicazione bloccata, considerando che il probabile risanamento del contatto realizzato con il sostegno del mediatore, terzo neutrale, è la risultante della sola volontà dei contendenti. Tramite il processo di mediazione mutano le priorità: dalla convinzione di evitare e risolvere una controversia, si giunge a quella gestire il conflitto. Il fine ultimo è quello di trasformare il conflitto in una risorsa, in modo da renderlo un epicentro di raffronto e dialogo, una circostanza che permetta di profilare le identità individuali e gruppali; il conflitto non dev'essere fronteggiato inserendolo in un panorama di patologia e di corrispettiva terapia, ma è più funzionale l'ottica del ¿prendersi cura¿ del conflitto senza tentare una ¿cura¿. Il presente lavoro intende, da un lato, ampliare la conoscenza attraverso l'approfondimento della letteratura nazionale e internazionale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/59288