Il commercio equo solidale fece sentire le sue prime voci nel primo secondo dopoguerrra. Nel 1946 nasce Ten Thousand Village, la prima Fair Trade Organisation made in U.S.A., la quale comprò tessuti dai lavoratori del Puerco Rico. Parallelamente in Europa si sviluppano altre organizzazioni, tutte con l'intento di creare un commercio più equo. Nascono le cosiddette World Shop o Botteghe del Mondo, dove non vi era solo una vendita di prodotti artigianali, ma anche una presa di coscienza e la diffusione di una nuova consapevolezza. L'impatto più rumoroso lo si ha negli anni '60, '70, dove alcune Ong insieme a gruppi di volontari sentono il bisogno di dare consulenza ai produttori svantaggiati, in paesi come l'Asia, l'Africa e l'America Latina. Questi paesi in via di sviluppo facevano presa sui politici internazionali, tanto da ottenere conferenze mondiali sul tema. Un esempio di questo arriva dalla seconda conferenza UNCTAD (United Nations Conference on Trade and Development) svoltasi a Delhi nel 1968, dove viene lanciato il messaggio: ¿Trade, not Aid¿; significava che i produttori erano interessati al commercio, non agli aiuti. L'intenzione era di stabilire relazioni commerciali con il Sud del Mondo, anziché di appropriarsi dei benefici al Nord, per poi far tornare al Sud una parte di essi sotto forma di aiuti per lo sviluppo. Era solo questione di tempo. Le Ong insieme alle loro controparti nel Sud, hanno favorito il proliferare di organizzazioni dedite al Commercio Equo; si coordinavano prodotti e produttori per l'esportazione nei paesi del Nord. Organizzazioni furono create per importare e valorizzare beni artigianali di paesi economicamente e politicamente emarginati Attori che hanno contribuito a questa fase di crescita sono stati spesso associazioni religiose europee, che parallelamente al commercio di sviluppo, organizzano un commercio di solidarietà. Il 1973 è un anno importante, in quanto Fair Trade Organisatie importa il primo caffè equo derivante da cooperative del Guatemala; ciò apre nuove vie e nuovi canali di mercato come supermercati e negozi biologici. Questa strada porterà ben presto al concepimento di un label, marchio, grazie a un sacerdote olandese che collaborava con una Ong presso dei coltivatori di caffè in Messico: Max Havelaar, che detiene il 3% di quota del mercato, fino all'istituzione di una associazione mondiale di marchio per il Commercio Equo, la Fairtrade Labelling International, oggi FLO. Nacque poi NEWS! (Network of European World Shops) nel 1994, una rete europea di Botteghe e dei loro volontari, che fino al 2008, anno in cui si è esaurita la sua attività, ha rappresentato circa 15 paesi e coordinato campagne di sensibilizzazione nei confronti dell'opinione pubblica e delle forze politiche. All'inizio i contatti erano presi dai volontari e Ong del Nord nei confronti dei produttori del Sud, successivamente erano gli stessi produttori a contattare la rete del fair trade. Si cerca di anteporre la giustizia alla redditività, i diritti agli indici di crescita. È questa l'ideologia del commercio equo, che non effettua beneficenza, ma giustizia commerciale e solidarietà concreta. Il concetto di Bottega del Mondo sta a significare un luogo dove non si vendono solo delle merci, bensì dei prodotti con dietro una storia da raccontare. Si affianca al bene un discorso formativo per far comprendere al consumatore la cultura di quell'oggetto, il cosiddetto prodotto-progetto.

Il futuro sarà equo?

ZITO, DANIELE
2012/2013

Abstract

Il commercio equo solidale fece sentire le sue prime voci nel primo secondo dopoguerrra. Nel 1946 nasce Ten Thousand Village, la prima Fair Trade Organisation made in U.S.A., la quale comprò tessuti dai lavoratori del Puerco Rico. Parallelamente in Europa si sviluppano altre organizzazioni, tutte con l'intento di creare un commercio più equo. Nascono le cosiddette World Shop o Botteghe del Mondo, dove non vi era solo una vendita di prodotti artigianali, ma anche una presa di coscienza e la diffusione di una nuova consapevolezza. L'impatto più rumoroso lo si ha negli anni '60, '70, dove alcune Ong insieme a gruppi di volontari sentono il bisogno di dare consulenza ai produttori svantaggiati, in paesi come l'Asia, l'Africa e l'America Latina. Questi paesi in via di sviluppo facevano presa sui politici internazionali, tanto da ottenere conferenze mondiali sul tema. Un esempio di questo arriva dalla seconda conferenza UNCTAD (United Nations Conference on Trade and Development) svoltasi a Delhi nel 1968, dove viene lanciato il messaggio: ¿Trade, not Aid¿; significava che i produttori erano interessati al commercio, non agli aiuti. L'intenzione era di stabilire relazioni commerciali con il Sud del Mondo, anziché di appropriarsi dei benefici al Nord, per poi far tornare al Sud una parte di essi sotto forma di aiuti per lo sviluppo. Era solo questione di tempo. Le Ong insieme alle loro controparti nel Sud, hanno favorito il proliferare di organizzazioni dedite al Commercio Equo; si coordinavano prodotti e produttori per l'esportazione nei paesi del Nord. Organizzazioni furono create per importare e valorizzare beni artigianali di paesi economicamente e politicamente emarginati Attori che hanno contribuito a questa fase di crescita sono stati spesso associazioni religiose europee, che parallelamente al commercio di sviluppo, organizzano un commercio di solidarietà. Il 1973 è un anno importante, in quanto Fair Trade Organisatie importa il primo caffè equo derivante da cooperative del Guatemala; ciò apre nuove vie e nuovi canali di mercato come supermercati e negozi biologici. Questa strada porterà ben presto al concepimento di un label, marchio, grazie a un sacerdote olandese che collaborava con una Ong presso dei coltivatori di caffè in Messico: Max Havelaar, che detiene il 3% di quota del mercato, fino all'istituzione di una associazione mondiale di marchio per il Commercio Equo, la Fairtrade Labelling International, oggi FLO. Nacque poi NEWS! (Network of European World Shops) nel 1994, una rete europea di Botteghe e dei loro volontari, che fino al 2008, anno in cui si è esaurita la sua attività, ha rappresentato circa 15 paesi e coordinato campagne di sensibilizzazione nei confronti dell'opinione pubblica e delle forze politiche. All'inizio i contatti erano presi dai volontari e Ong del Nord nei confronti dei produttori del Sud, successivamente erano gli stessi produttori a contattare la rete del fair trade. Si cerca di anteporre la giustizia alla redditività, i diritti agli indici di crescita. È questa l'ideologia del commercio equo, che non effettua beneficenza, ma giustizia commerciale e solidarietà concreta. Il concetto di Bottega del Mondo sta a significare un luogo dove non si vendono solo delle merci, bensì dei prodotti con dietro una storia da raccontare. Si affianca al bene un discorso formativo per far comprendere al consumatore la cultura di quell'oggetto, il cosiddetto prodotto-progetto.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/58979