Oggetto di questo studio è stato il commento e l'analisi delle osservazioni fornite dai principali organi giudiziari piemontesi sul Projet de code criminel, correctionnel e de police del 1801. Nel primo capitolo si è partiti dalla ricostruzione delle burrascose vicende legislative penali che caratterizzarono la Francia dallo scoppio della Rivoluzione (1789) alla Restaurazione (1815) cercando di mettere in evidenza la discrasia esistente tra i principi affermati in astratto e le necessità contingenti che di volta in volta diedero luogo a politiche criminali profondamente diverse. Nel secondo capitolo invece si ritenuto opportuno ricostruire la situazione giuridica esistente in Piemonte a cavallo tra il XVIII° e il XIX° secolo. Con l'annessione alla Francia, che venne formalizzata nel 1802, l'ex regno di Sardegna subì infatti una serie di riforme giudiziarie e amministrative volte a uniformarne la Pubblica amministrazione a quella d'oltralpe. Tuttavia in questo studio è sembrato utile, oltre che analizzare i grandi cambiamenti dell'ordinamento giudiziario, descrivere alcuni aspetti dello studio giuridico universitario (¿sconvolto¿ dall'introduzione del Code Civil del 1804) e approfondire la vita e il cursus honorum dei personaggi subalpini (come Ugo Vincenzo Botton di Castellamonte) che maggiormente riuscirono a diventare protagonisti della loro epoca. Nel terzo capitolo si è voluto descrivere, nei suoi tratti salienti, il Projet de code criminel, correctionnel e de police del 1801. Partendo dalle relazioni di Jean Baptiste Target e Pierre Oudart (due membri dell'apposita commissione nominata dal governo) si è cercato di inquadrare gli istituti principali, di diritto sostanziale di procedura, di questo progetto. La maggior parte di tali istituti infatti andarono a costituire la base del codice di procedura penale del 1808 e del codice penale del 1810. Infine il quarto capitolo è destinato al commento delle osservazioni dei Tribunali dipartimentali Criminali del Piemonte e della Corte d'Appello di Torino su questo progetto. Esse sono molto significative poiché manifestano in tutta la loro evidenza le specificità giuridiche del Piemonte e di una classe dirigente che, pur avendo aderito al disegno francese, si mostrava ancora culturalmente legata ai secoli di storia sabauda. Da esse inoltre emergono anche le problematiche di una convivenza forzata tra esercito e popolazione civile che spesso degenerava in soprusi e angherie del primo sulla seconda. Quello che però non è negabile è che questo periodo ¿francese¿ continuò a condizionare l'amministrazione Stato Sabaudo anche dopo la Restaurazione e, in seguito, anche quella del ¿nuovo¿ Regno d'Italia.

L'APPORTO DEI TRIBUNALI PIEMONTESI ALLA CODIFICAZIONE PENALE NAPOLEONICA

TRAVERSO, MATTEO
2012/2013

Abstract

Oggetto di questo studio è stato il commento e l'analisi delle osservazioni fornite dai principali organi giudiziari piemontesi sul Projet de code criminel, correctionnel e de police del 1801. Nel primo capitolo si è partiti dalla ricostruzione delle burrascose vicende legislative penali che caratterizzarono la Francia dallo scoppio della Rivoluzione (1789) alla Restaurazione (1815) cercando di mettere in evidenza la discrasia esistente tra i principi affermati in astratto e le necessità contingenti che di volta in volta diedero luogo a politiche criminali profondamente diverse. Nel secondo capitolo invece si ritenuto opportuno ricostruire la situazione giuridica esistente in Piemonte a cavallo tra il XVIII° e il XIX° secolo. Con l'annessione alla Francia, che venne formalizzata nel 1802, l'ex regno di Sardegna subì infatti una serie di riforme giudiziarie e amministrative volte a uniformarne la Pubblica amministrazione a quella d'oltralpe. Tuttavia in questo studio è sembrato utile, oltre che analizzare i grandi cambiamenti dell'ordinamento giudiziario, descrivere alcuni aspetti dello studio giuridico universitario (¿sconvolto¿ dall'introduzione del Code Civil del 1804) e approfondire la vita e il cursus honorum dei personaggi subalpini (come Ugo Vincenzo Botton di Castellamonte) che maggiormente riuscirono a diventare protagonisti della loro epoca. Nel terzo capitolo si è voluto descrivere, nei suoi tratti salienti, il Projet de code criminel, correctionnel e de police del 1801. Partendo dalle relazioni di Jean Baptiste Target e Pierre Oudart (due membri dell'apposita commissione nominata dal governo) si è cercato di inquadrare gli istituti principali, di diritto sostanziale di procedura, di questo progetto. La maggior parte di tali istituti infatti andarono a costituire la base del codice di procedura penale del 1808 e del codice penale del 1810. Infine il quarto capitolo è destinato al commento delle osservazioni dei Tribunali dipartimentali Criminali del Piemonte e della Corte d'Appello di Torino su questo progetto. Esse sono molto significative poiché manifestano in tutta la loro evidenza le specificità giuridiche del Piemonte e di una classe dirigente che, pur avendo aderito al disegno francese, si mostrava ancora culturalmente legata ai secoli di storia sabauda. Da esse inoltre emergono anche le problematiche di una convivenza forzata tra esercito e popolazione civile che spesso degenerava in soprusi e angherie del primo sulla seconda. Quello che però non è negabile è che questo periodo ¿francese¿ continuò a condizionare l'amministrazione Stato Sabaudo anche dopo la Restaurazione e, in seguito, anche quella del ¿nuovo¿ Regno d'Italia.
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