Il DIRITTO ALLA VITA protetto dall'art. 2 della CEDU risulta essere un precetto di primaria importanza, considerando che senza il rispetto di quest'ultimo tutti gli altri diritti e libertà garantiti dalla Convenzione sarebbero illusori. Dall'esame dell'art. 2 emerge come in capo agli Stati membri del Consiglio d'Europa, gravino obblighi sia negativi, sia positivi. I primi impongono ai governi, e alle forze dell'ordine in particolare, di astenersi da condotte che portino intenzionalmente alla morte di singoli sottoposti alla sua giurisdizione. I secondi prevedono invece in capo agli Stati un dovere che si divide tra obbligo sostanziale di predisporre misure legislative e regolamentari idonee a salvaguardare la vita delle persone, e obbligo procedurale di investigare, sulle morti derivanti dall'utilizzo illegittimo della forza armata e di rintracciare e punire i colpevoli. Il governo italiano è stata convenuto in giudizio di fronte alla Corte europea dei diritti dell'uomo, a Strasburgo, in merito al caso Giuliani e Gaggio contro Italia. I ricorrenti lamentavano l'uccisione da parte di un agente del corpo dei Carabinieri, di Carlo Giuliani, loro congiunto, durante gli scontri di piazza verificatisi a Genova durante il G8 del 2001. Nel caso di specie, i ricorrenti sostenevano che l'agente avesse fatto uso sproporzionato della sua pistola d'ordinanza, uccidendo illegittimamente il manifestante. La Corte riteneva invece che il carabiniere avesse sparato unicamente per tutelare la propria vita e quella dei colleghi. Egli ha agito in stato di panico e agitazione, utilizzando l'unico mezzo a sua disposizione per fermare l'attacco dei manifestanti. La Corte evidenza inoltre come Mario Placanica (il carabiniere), abbia fatto uso proporzionato della pistola e che prima di sparare abbia intimato ai dimostranti di desistere e abbia poi direzionato l'arma verso l'alto. Soltanto per una tragica fatalità il proiettile sparato dal carabiniere ha ferito mortalmente Carlo Giuliani. I giudici di Strasburgo hanno anche rilevato come le indagini svolte dalle autorità inquirenti italiane siano state condotte in modo celere e adeguato ed abbiano tenuto conto di tutti gli aspetti e delle prove rinvenute durante le indagini. Non vi è stata perciò violazione dell'art. 2 né sotto il profilo sostanziale, né sotto il profilo procedurale. Il par. 2 dell'art. 2 contiene un elenco tassativo di casi nei quali la privazione della vita mediante uso della forza armata, non si considera inflitta in violazione dell' art. 2. Con le deroghe evidenziate risulta ammesso l'uso della forza letale in situazioni di pericolo e urgenza. I casi di deroga vanno interpretati in modo rigoroso e più ristretto rispetto alle possibili deroghe ad altri diritti garantiti dalla Convenzione. Ciò significa che la forza usata deve essere assolutamente necessaria per respingere il pericolo al quale si è sottoposti e strettamente proporzionata alla minaccia che si intende annientare. In conclusione, spetta allo Stato di apprestare tutte le misure necessarie affinché all'interno del proprio territorio il diritto alla vita venga protetto e salvaguardato e in modo tale che gli individui responsabili di omicidi non avvenuti nelle rigorose ipotesi di deroga previste nel secondo paragrafo dell'art. 2, vengano puniti.

IL DIRITTO ALLA VITA AI SENSI DELLA CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO: IL CASO GIULIANI E GAGGIO CONTRO ITALIA

MASCARELLO, SARA
2012/2013

Abstract

Il DIRITTO ALLA VITA protetto dall'art. 2 della CEDU risulta essere un precetto di primaria importanza, considerando che senza il rispetto di quest'ultimo tutti gli altri diritti e libertà garantiti dalla Convenzione sarebbero illusori. Dall'esame dell'art. 2 emerge come in capo agli Stati membri del Consiglio d'Europa, gravino obblighi sia negativi, sia positivi. I primi impongono ai governi, e alle forze dell'ordine in particolare, di astenersi da condotte che portino intenzionalmente alla morte di singoli sottoposti alla sua giurisdizione. I secondi prevedono invece in capo agli Stati un dovere che si divide tra obbligo sostanziale di predisporre misure legislative e regolamentari idonee a salvaguardare la vita delle persone, e obbligo procedurale di investigare, sulle morti derivanti dall'utilizzo illegittimo della forza armata e di rintracciare e punire i colpevoli. Il governo italiano è stata convenuto in giudizio di fronte alla Corte europea dei diritti dell'uomo, a Strasburgo, in merito al caso Giuliani e Gaggio contro Italia. I ricorrenti lamentavano l'uccisione da parte di un agente del corpo dei Carabinieri, di Carlo Giuliani, loro congiunto, durante gli scontri di piazza verificatisi a Genova durante il G8 del 2001. Nel caso di specie, i ricorrenti sostenevano che l'agente avesse fatto uso sproporzionato della sua pistola d'ordinanza, uccidendo illegittimamente il manifestante. La Corte riteneva invece che il carabiniere avesse sparato unicamente per tutelare la propria vita e quella dei colleghi. Egli ha agito in stato di panico e agitazione, utilizzando l'unico mezzo a sua disposizione per fermare l'attacco dei manifestanti. La Corte evidenza inoltre come Mario Placanica (il carabiniere), abbia fatto uso proporzionato della pistola e che prima di sparare abbia intimato ai dimostranti di desistere e abbia poi direzionato l'arma verso l'alto. Soltanto per una tragica fatalità il proiettile sparato dal carabiniere ha ferito mortalmente Carlo Giuliani. I giudici di Strasburgo hanno anche rilevato come le indagini svolte dalle autorità inquirenti italiane siano state condotte in modo celere e adeguato ed abbiano tenuto conto di tutti gli aspetti e delle prove rinvenute durante le indagini. Non vi è stata perciò violazione dell'art. 2 né sotto il profilo sostanziale, né sotto il profilo procedurale. Il par. 2 dell'art. 2 contiene un elenco tassativo di casi nei quali la privazione della vita mediante uso della forza armata, non si considera inflitta in violazione dell' art. 2. Con le deroghe evidenziate risulta ammesso l'uso della forza letale in situazioni di pericolo e urgenza. I casi di deroga vanno interpretati in modo rigoroso e più ristretto rispetto alle possibili deroghe ad altri diritti garantiti dalla Convenzione. Ciò significa che la forza usata deve essere assolutamente necessaria per respingere il pericolo al quale si è sottoposti e strettamente proporzionata alla minaccia che si intende annientare. In conclusione, spetta allo Stato di apprestare tutte le misure necessarie affinché all'interno del proprio territorio il diritto alla vita venga protetto e salvaguardato e in modo tale che gli individui responsabili di omicidi non avvenuti nelle rigorose ipotesi di deroga previste nel secondo paragrafo dell'art. 2, vengano puniti.
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