The female pelvic floor is composed of three layers, among which, in the deepest layer, lies the levator ani muscle, a fundamental component of this structure. The pelvic floor has various functions: urinary, defecatory, sexual, supportive, and postural. In some circumstances, a condition of chronic pelvic pain may develop, which often leads to psychological and behavioral consequences, including depression, anxiety, and fear of pain. In patients with chronic pain, several Trigger or Tender Points and increased muscle tone are often detected during both internal and external palpation. When the pain is limited to a specific area like the vulva, it is called Vulvodynia, which is defined as: “vulvar pain, most often described as burning pain, occurring in the absence of significant visible findings or a specific, clinically identifiable neurological disorder, persisting for at least three months.” This condition is characterized by various descriptors: pain characteristics, location, modes of provocation and onset, and temporal profiles. The symptoms of Vulvodynia are extremely limiting in daily life due to the pain and associated sexual dysfunction. There is currently no standardized treatment, and it is recommended to start with conservative treatment, resorting to surgery only in cases of failure. Literature highlights that physical therapy can be an effective treatment and is often considered a first-line approach for patients with vulvodynia. A multimodal approach is recommended, using biofeedback, TENS, manual techniques, and education on self- treatment. However, all reviewed articles encourage further research to establish a universally common approach rather than relying solely on the therapist’s experience. Three clinical cases were considered. Two out of three patients achieved positive results, with one of them almost completely resolving the symptoms. Both patients were compliant with the treatment from the beginning, both during sessions and in performing self-treatment. The third patient, despite being compliant outside the sessions, did not show any improvement during the final reevaluation; on the contrary, the symptoms worsened. In this case, from the first session, it was evident that there was a problem in correctly acquiring the perineal breathing technique, and all the proposed exercises were not performed correctly. In all three patients, a strong link emerged between emotional- anxiety components and the progression of symptoms, significantly affecting progress during the sessions. In conclusion, the literature views physical therapy as a potential first-line treatment and affirms its effectiveness but highlights the lack of a standardized treatment protocol. In the three clinical cases analyzed, most patients achieved positive results, also thanks to the therapist’s experience and skills. The professional’s ability to personalize the treatment precisely, adapting it to the specific clinical conditions of each patient, played a crucial role.

Il pavimento pelvico femminile è composto da tre strati, tra cui, nello strato più profondo si trova il muscolo elevatore dell’ano, ossia una componente fondamentale di questa struttura. Il pavimento pelvico ha diverse funzioni: urinaria, defecatoria, sessuale, di sostegno e posturale. In alcune circostanze, può svilupparsi una condizione di dolore pelvico cronico che porta molto spesso a conseguenze psicologiche e comportamentali tra cui depressione, ansia e paura del dolore. Nelle pazienti affette da dolore cronico alla palpazione sia interna che esterna si rilevano diversi Trigger o Tender Points ed aumento del tono muscolare. Quando il dolore si limita ad una zona specifica come la vulva prende il nome di Vulvodinia ossia: “dolore vulvare più spesso descritto come un dolore bruciante, che si verifica in assenza di riscontri visibili rilevanti o di un disturbo neurologico specifico e clinicamente identificabile persistente da almeno tre mesi”. Questa patologia si caratterizza secondo diversi descrittori: caratteristiche del dolore, localizzazione, modalità di provocazione e di insorgenza, profili temporali. I sintomi della Vulvodinia risultano estremamente limitanti per la vita quotidiana, a causa del dolore e della disfunzione sessuale associata. Il trattamento non è al momento standardizzato e si consiglia di avviare dapprima un trattamento conservativo e solo in caso di fallimento ricorrere al trattamento chirurgico. La letteratura evidenzia come la fisioterapia possa essere un trattamento efficace e spesso considerato di prima linea per le pazienti con vulvodinia. È consigliato l’approccio multimodale utilizzando biofeedback, TENS, tecniche manuali ed educazione all’autotrattamento. Tuttavia, tutti gli articoli esaminati incentivano ad aumentare la ricerca per ottenere un approccio universalmente comune senza più basarsi esclusivamente sull’esperienza del terapista. Sono stati presi in considerazione tre casi clinici. Due pazienti su tre hanno ottenuto risultati positivi, di cui una delle due ha quasi completamente risolto la sintomatologia. Entrambe le pazienti fin da subito si sono dimostrate complianti al trattamento sia durante la seduta che nell’eseguire l’autotrattamento. La terza paziente, pur essendo compliante anche fuori dalle sedute, non ha mostrato miglioramenti alla rivalutazione finale; al contrario, i sintomi sono peggiorati. In questo caso, fin dalla prima seduta, è stato evidente un problema nell'acquisire correttamente la tecnica di respirazione perineale, e tutti gli esercizi proposti sono stati eseguiti non correttamente. In tutte e tre le pazienti è emerso un forte legame tra componente emotiva-ansiogena e andamento dei sintomi, che ha influito notevolmente sul progresso durante le sedute. In conclusione, la letteratura vede la fisioterapia come un potenziale trattamento in prima linea e ne afferma l’efficacia ma con la mancanza di un protocollo standardizzato di trattamento. Nei tre casi clinici analizzati, emerge chiaramente come la maggior parte delle pazienti abbia ottenuto risultati positivi anche grazie all'esperienza e alle competenze del terapista. L'abilità del professionista ha infatti, consentito di personalizzare il trattamento in modo preciso, adattandolo alle specifiche condizioni cliniche di ciascuna paziente.

Trattamento fisioterapico nella paziente con vulvodinia: revisione della letteratura e una serie di casi

ONIDI, FEDERICA
2023/2024

Abstract

Il pavimento pelvico femminile è composto da tre strati, tra cui, nello strato più profondo si trova il muscolo elevatore dell’ano, ossia una componente fondamentale di questa struttura. Il pavimento pelvico ha diverse funzioni: urinaria, defecatoria, sessuale, di sostegno e posturale. In alcune circostanze, può svilupparsi una condizione di dolore pelvico cronico che porta molto spesso a conseguenze psicologiche e comportamentali tra cui depressione, ansia e paura del dolore. Nelle pazienti affette da dolore cronico alla palpazione sia interna che esterna si rilevano diversi Trigger o Tender Points ed aumento del tono muscolare. Quando il dolore si limita ad una zona specifica come la vulva prende il nome di Vulvodinia ossia: “dolore vulvare più spesso descritto come un dolore bruciante, che si verifica in assenza di riscontri visibili rilevanti o di un disturbo neurologico specifico e clinicamente identificabile persistente da almeno tre mesi”. Questa patologia si caratterizza secondo diversi descrittori: caratteristiche del dolore, localizzazione, modalità di provocazione e di insorgenza, profili temporali. I sintomi della Vulvodinia risultano estremamente limitanti per la vita quotidiana, a causa del dolore e della disfunzione sessuale associata. Il trattamento non è al momento standardizzato e si consiglia di avviare dapprima un trattamento conservativo e solo in caso di fallimento ricorrere al trattamento chirurgico. La letteratura evidenzia come la fisioterapia possa essere un trattamento efficace e spesso considerato di prima linea per le pazienti con vulvodinia. È consigliato l’approccio multimodale utilizzando biofeedback, TENS, tecniche manuali ed educazione all’autotrattamento. Tuttavia, tutti gli articoli esaminati incentivano ad aumentare la ricerca per ottenere un approccio universalmente comune senza più basarsi esclusivamente sull’esperienza del terapista. Sono stati presi in considerazione tre casi clinici. Due pazienti su tre hanno ottenuto risultati positivi, di cui una delle due ha quasi completamente risolto la sintomatologia. Entrambe le pazienti fin da subito si sono dimostrate complianti al trattamento sia durante la seduta che nell’eseguire l’autotrattamento. La terza paziente, pur essendo compliante anche fuori dalle sedute, non ha mostrato miglioramenti alla rivalutazione finale; al contrario, i sintomi sono peggiorati. In questo caso, fin dalla prima seduta, è stato evidente un problema nell'acquisire correttamente la tecnica di respirazione perineale, e tutti gli esercizi proposti sono stati eseguiti non correttamente. In tutte e tre le pazienti è emerso un forte legame tra componente emotiva-ansiogena e andamento dei sintomi, che ha influito notevolmente sul progresso durante le sedute. In conclusione, la letteratura vede la fisioterapia come un potenziale trattamento in prima linea e ne afferma l’efficacia ma con la mancanza di un protocollo standardizzato di trattamento. Nei tre casi clinici analizzati, emerge chiaramente come la maggior parte delle pazienti abbia ottenuto risultati positivi anche grazie all'esperienza e alle competenze del terapista. L'abilità del professionista ha infatti, consentito di personalizzare il trattamento in modo preciso, adattandolo alle specifiche condizioni cliniche di ciascuna paziente.
Physiotherapy treatment in patients with vulvodynia: a literature review and a case series
The female pelvic floor is composed of three layers, among which, in the deepest layer, lies the levator ani muscle, a fundamental component of this structure. The pelvic floor has various functions: urinary, defecatory, sexual, supportive, and postural. In some circumstances, a condition of chronic pelvic pain may develop, which often leads to psychological and behavioral consequences, including depression, anxiety, and fear of pain. In patients with chronic pain, several Trigger or Tender Points and increased muscle tone are often detected during both internal and external palpation. When the pain is limited to a specific area like the vulva, it is called Vulvodynia, which is defined as: “vulvar pain, most often described as burning pain, occurring in the absence of significant visible findings or a specific, clinically identifiable neurological disorder, persisting for at least three months.” This condition is characterized by various descriptors: pain characteristics, location, modes of provocation and onset, and temporal profiles. The symptoms of Vulvodynia are extremely limiting in daily life due to the pain and associated sexual dysfunction. There is currently no standardized treatment, and it is recommended to start with conservative treatment, resorting to surgery only in cases of failure. Literature highlights that physical therapy can be an effective treatment and is often considered a first-line approach for patients with vulvodynia. A multimodal approach is recommended, using biofeedback, TENS, manual techniques, and education on self- treatment. However, all reviewed articles encourage further research to establish a universally common approach rather than relying solely on the therapist’s experience. Three clinical cases were considered. Two out of three patients achieved positive results, with one of them almost completely resolving the symptoms. Both patients were compliant with the treatment from the beginning, both during sessions and in performing self-treatment. The third patient, despite being compliant outside the sessions, did not show any improvement during the final reevaluation; on the contrary, the symptoms worsened. In this case, from the first session, it was evident that there was a problem in correctly acquiring the perineal breathing technique, and all the proposed exercises were not performed correctly. In all three patients, a strong link emerged between emotional- anxiety components and the progression of symptoms, significantly affecting progress during the sessions. In conclusion, the literature views physical therapy as a potential first-line treatment and affirms its effectiveness but highlights the lack of a standardized treatment protocol. In the three clinical cases analyzed, most patients achieved positive results, also thanks to the therapist’s experience and skills. The professional’s ability to personalize the treatment precisely, adapting it to the specific clinical conditions of each patient, played a crucial role.
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