Background: lower airways infections are widespread globally and represent the first cause of death due to communicable disease at world level. In order to improve the clinical management of patients and to choose the best setting of care, it is important to have criteria for predicting the most likely clinical evolution of the disease. Several studies highlight the prognostic role of C-reactive protein (CRP) measurements (an inflammation marker already used in CAP diagnosis) besides severity scores like PSI and CURB-65. Objectives: the aim is to assess the prognostic value of CRP levels in relation to intra-hospital mortality and length of stay, focusing on patients accessing to Emergency Department (ED) with community-acquired pneumonia (CAP) diagnosis. In addition, it is checked whether the same aspects could be significant for patients with COronaVIrus Disease-19 (COVID-19). Materials and methods: the sample is made up of 47 patients who accessed to ED of “Ordine Mauriziano” hospital in Turin and after being diagnosed with CAP have received treatment as inpatients. The sample obtained was divided into subgroups according to intra-hospital mortality and length of stay (short if ≤ 10 days, extended if > 10 days). The subgroups were compared by Student t-test in order to detect significant differences in CRP levels or in CRP percentage changes. In addition, CRP prognostic value was assessed on a sample of 10 hospitalized patients with COVID-19. Results: serial serum CRP levels are not prognostic for intra-hospital mortality. However, the analyses show the significance of serum CRP levels measured over the first 72 hours since access to ED (p=0.044) and of CRP percentage variations both in the first 72 hours (p=0.045) and beyond the 72 hours (p=0.049) in predicting time of in-hospital stay (with a 10-days cut-off). CRP level measured at the access to ED is significantly higher in patients in which an etiological agent was detected with microbiological investigation (p=0.007). A characteristic of the sample that should be considered when interpreting the results of the present study is that the mortality rate is significantly higher than expected with regard to class C4 of the PSI (p=0.020) and 0-1 group of CURB-65 (p<0.001). In patients with COVID-19, there are no significant differences in the initial clinical parameters when comparing patients with invasive mechanical ventilation need and patients with better prognosis (CRP at the access to ED, p=0.324). However, it seems that patients with COVID-19 tend to have lower WBC levels (p<0.001) and higher arterial pH levels (p=0.002) than patients with CAP when accessing to ED. Conclusions: a more consistent CRP percentage increase may suggest the need for a prolonged hospitalization. The same indication may come from measured serum CRP levels after the first 72 hours have elapsed. Furthermore, the first CRP level when accessing to ED could lead the decision to request etiological investigations (culture test or urinary antigen research). Finally, for a first differential diagnosis between CAP and COVID-19, it may be useful to evaluate WBC count and arterial pH in patients with respiratory symptoms. In order to draw conclusions on the prognostic value of CRP in COVID-19, it would be necessary to extend the analysis to a larger sample.
Background: le infezioni delle basse vie aeree sono diffuse a livello globale e rappresentano la prima causa infettiva di morte nel mondo. Per la gestione clinica del paziente e per la scelta del corretto setting di cura, è importante avere degli strumenti che suggeriscano la probabile evoluzione del quadro clinico. A questo scopo, oltre agli score predittivi di rischio (PSI e CURB-65), numerosi studi hanno evidenziato il significato prognostico di misurazioni seriate della proteina C-reattiva (PCR), un indice di flogosi già utilizzato per la diagnosi di questa patologia. Obiettivi: si intende valutare il significato prognostico dei dosaggi di PCR nei pazienti che accedono al Dipartimento di Emergenza e Accettazione (DEA) per polmonite acquisita in comunità (CAP), in relazione alla mortalità intra-ospedaliera e alla durata del ricovero. In aggiunta, si intende verificare se lo stesso strumento possa essere utilizzato nei pazienti affetti da COronaVIrus Disease-19 (COVID-19). Materiali e metodi: il campione è formato da 47 pazienti consecutivi che si sono rivolti al DEA dell’Ospedale “Ordine Mauriziano” di Torino, che hanno ricevuto diagnosi di CAP e che sono stati trattati in regime di ricovero. Il campione ottenuto è stato suddiviso in sottogruppi in base all’esito del ricovero (in termini di mortalità intra-ospedaliera) e al tempo di degenza (breve se ≤ 10 giorni, prolungato se > 10 giorni). I sottogruppi sono stati confrontati, tramite t-test, al fine di individuare differenze significative nei valori puntuali o nelle variazioni percentuali di PCR. Inoltre, il valore prognostico della PCR è stato testato su un campione di 10 pazienti ospedalizzati per COVID-19. Risultati: le misurazioni seriate di PCR non sono risultate prognostiche della mortalità intra-ospedaliera. Tuttavia, le analisi hanno evidenziato la significatività, rispetto al tempo di ricovero (con cut-off a 10 giorni), del valore puntuale di PCR misurato oltre le prime 72 ore (p=0,044) e della variazione percentuale di PCR sia nelle prime 72 ore (p=0,045) che oltre le 72 ore (p=0,049). La PCR all’ingresso è risultata significativamente più elevata nei soggetti in cui sia stato possibile individuare l’agente infettivo eziologico (p=0,007). Un aspetto da considerare valutando i risultati del presente studio, è che il tasso di mortalità della popolazione in esame è risultato significativamente più elevato dell’atteso per quanto riguarda la classe C4 del PSI (p=0,020) e il gruppo 0-1 del CURB-65 (p<0,001). Nei pazienti con COVID-19, non sono risultate differenze significative nei parametri all’ingresso tra i pazienti con necessità di ventilazione meccanica invasiva e i pazienti con prognosi più favorevole (PCR all’ingresso, p=0,324). Tuttavia, è emersa una tendenza dei pazienti affetti da COVID-19 a presentare, al momento dell’accesso in DEA, valori più bassi di WBC (p<0,001) e valori maggiori di pH arterioso (p=0,002) rispetto ai pazienti con CAP. Conclusioni: un maggior incremento percentuale della PCR nelle prime 72 ore può suggerire la necessità di un ricovero prolungato. Questa stessa indicazione è associata a valori puntuali elevati di PCR misurati una volta trascorse le prime 72 ore. Inoltre, il livello di PCR all’ingresso può guidare la decisione di richiedere approfondimenti eziologici (colturali o ricerca di antigeni urinari). Infine, per una prima diagnosi differenziale tra CAP e COVID-19, può essere utile valutare il valore di WBC e pH arterioso nei pazienti che si presentano con sintomatologia respiratoria. Per trarre conclusioni sul valore prognostico della PCR in quest’ultima patologia sarebbe invece necessario estendere lo studio ad un campione più ampio.
Aspetti clinici e microbiologici della polmonite acquisita in comunità: valore prognostico della proteina C-reattiva
RAVIZZA, FRANCESCA
2019/2020
Abstract
Background: le infezioni delle basse vie aeree sono diffuse a livello globale e rappresentano la prima causa infettiva di morte nel mondo. Per la gestione clinica del paziente e per la scelta del corretto setting di cura, è importante avere degli strumenti che suggeriscano la probabile evoluzione del quadro clinico. A questo scopo, oltre agli score predittivi di rischio (PSI e CURB-65), numerosi studi hanno evidenziato il significato prognostico di misurazioni seriate della proteina C-reattiva (PCR), un indice di flogosi già utilizzato per la diagnosi di questa patologia. Obiettivi: si intende valutare il significato prognostico dei dosaggi di PCR nei pazienti che accedono al Dipartimento di Emergenza e Accettazione (DEA) per polmonite acquisita in comunità (CAP), in relazione alla mortalità intra-ospedaliera e alla durata del ricovero. In aggiunta, si intende verificare se lo stesso strumento possa essere utilizzato nei pazienti affetti da COronaVIrus Disease-19 (COVID-19). Materiali e metodi: il campione è formato da 47 pazienti consecutivi che si sono rivolti al DEA dell’Ospedale “Ordine Mauriziano” di Torino, che hanno ricevuto diagnosi di CAP e che sono stati trattati in regime di ricovero. Il campione ottenuto è stato suddiviso in sottogruppi in base all’esito del ricovero (in termini di mortalità intra-ospedaliera) e al tempo di degenza (breve se ≤ 10 giorni, prolungato se > 10 giorni). I sottogruppi sono stati confrontati, tramite t-test, al fine di individuare differenze significative nei valori puntuali o nelle variazioni percentuali di PCR. Inoltre, il valore prognostico della PCR è stato testato su un campione di 10 pazienti ospedalizzati per COVID-19. Risultati: le misurazioni seriate di PCR non sono risultate prognostiche della mortalità intra-ospedaliera. Tuttavia, le analisi hanno evidenziato la significatività, rispetto al tempo di ricovero (con cut-off a 10 giorni), del valore puntuale di PCR misurato oltre le prime 72 ore (p=0,044) e della variazione percentuale di PCR sia nelle prime 72 ore (p=0,045) che oltre le 72 ore (p=0,049). La PCR all’ingresso è risultata significativamente più elevata nei soggetti in cui sia stato possibile individuare l’agente infettivo eziologico (p=0,007). Un aspetto da considerare valutando i risultati del presente studio, è che il tasso di mortalità della popolazione in esame è risultato significativamente più elevato dell’atteso per quanto riguarda la classe C4 del PSI (p=0,020) e il gruppo 0-1 del CURB-65 (p<0,001). Nei pazienti con COVID-19, non sono risultate differenze significative nei parametri all’ingresso tra i pazienti con necessità di ventilazione meccanica invasiva e i pazienti con prognosi più favorevole (PCR all’ingresso, p=0,324). Tuttavia, è emersa una tendenza dei pazienti affetti da COVID-19 a presentare, al momento dell’accesso in DEA, valori più bassi di WBC (p<0,001) e valori maggiori di pH arterioso (p=0,002) rispetto ai pazienti con CAP. Conclusioni: un maggior incremento percentuale della PCR nelle prime 72 ore può suggerire la necessità di un ricovero prolungato. Questa stessa indicazione è associata a valori puntuali elevati di PCR misurati una volta trascorse le prime 72 ore. Inoltre, il livello di PCR all’ingresso può guidare la decisione di richiedere approfondimenti eziologici (colturali o ricerca di antigeni urinari). Infine, per una prima diagnosi differenziale tra CAP e COVID-19, può essere utile valutare il valore di WBC e pH arterioso nei pazienti che si presentano con sintomatologia respiratoria. Per trarre conclusioni sul valore prognostico della PCR in quest’ultima patologia sarebbe invece necessario estendere lo studio ad un campione più ampio.File | Dimensione | Formato | |
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