Nel presente lavoro si è cercato di mostrare, attraverso l'evolversi della riflessione fichtiana, che i risultati a cui giunge la tarda Wissenschaftslehre non costituiscono uno stravolgimento rispetto al contenuto delle prime esposizioni della Dottrina della scienza elaborate da Fichte nel periodo jenese. In particolare, nella Parte prima è possibile osservare lo svolgersi della speculazione fichtiana nel periodo compreso tra gli anni 1794-95 e l'anno 1810, attraverso l'analisi di alcune delle esposizioni della Wissenschaftslehre e di alcune delle opere cosiddette popolari; osservando da vicino i passaggi e i concetti principali presenti nella produzione fichtiana di questi anni si possono scorgere delle correnti più o meno sotterranee che permettono di muoversi in avanti e a ritroso all'interno del pensiero di Fichte, senza incorrere in salti o interruzioni non superabili. Questo permette di escludere l'esistenza di un primo e di un secondo Fichte, se con queste espressioni si intende sostenere che all'interno della speculazione fichtiana sussisterebbe una linea di demarcazione, rappresentata da una svolta, che dividerebbe radicalmente il pensiero fichtiano in due fasi: quella idealista e quella religiosa. In realtà il percorso lungo l'evolversi della dottrina della scienza mostra come i concetti vengano ripresi, rimaneggiati, ma senza che questo comporti una vera e propria cesura. Il paradigma di quella che si può correttamente vedere come un'evoluzione è costituito dalla nozione di io, che, se nella Grundlage poteva apparire come un principio, o addirittura come un fondamento ¿ nonostante non fossero di certo queste le reali intenzioni del filosofo ¿, a mano a mano che la speculazione fichtiana avanza e si approfondisce arretra sempre di più, mostrando il suo carattere di vero e proprio nucleo relazionale, carattere di cui mostrava già i segni nella Wissenschaftslhre del 1794-95, ma che poteva risultare poco visibile a causa di un linguaggio ancora troppo legato alla formalità della logica e dell'ambiguità di un soggettivismo, che infatti si rivelerà controproducente per la diffusione del pensiero di Fichte. Nella Parte seconda, grazie all'analisi dei passaggi principali esposti nella Wissenschaftslehre del 1811, si potrà allora vedere emergere con chiarezza il carattere secondario del finito ¿ il nuovo nome che Fichte usa per indicare l'io ¿ una secondarietà ontologica rispetto ad un assoluto che si manifesta e che in questa sua rivelazione, frutto di un movimento chenotico, di abbassamento verso il finito stesso, lancia un appello al quale l'io può e deve rispondere riconoscendosi riflesso, immagine, schema dell'assoluto stesso. Condizione di un tale riconoscimento è l'esercizio della libertà da parte dell'io, che solo cogliendo e mantenendo ferma la propria intrascendibile finitezza può cogliere la radicale differenza che intercorre tra il finito e l'essere assoluto. Un essere che, proprio perché rappresenta il totalmente altro, non può in alcun modo essere detto, o pensato, ma soltanto colto nel suo apparire, ovvero come riflesso, proprio a partire da un io che, svuotatosi completamente da qualunque pretesa di costituire un principio, altro non rappresenta che il riflesso del riflesso.
Da "principio" a "riflesso". L'io nella tarda "Wissenschaftslehre"
BUSCHINO, GIOVANNI
2012/2013
Abstract
Nel presente lavoro si è cercato di mostrare, attraverso l'evolversi della riflessione fichtiana, che i risultati a cui giunge la tarda Wissenschaftslehre non costituiscono uno stravolgimento rispetto al contenuto delle prime esposizioni della Dottrina della scienza elaborate da Fichte nel periodo jenese. In particolare, nella Parte prima è possibile osservare lo svolgersi della speculazione fichtiana nel periodo compreso tra gli anni 1794-95 e l'anno 1810, attraverso l'analisi di alcune delle esposizioni della Wissenschaftslehre e di alcune delle opere cosiddette popolari; osservando da vicino i passaggi e i concetti principali presenti nella produzione fichtiana di questi anni si possono scorgere delle correnti più o meno sotterranee che permettono di muoversi in avanti e a ritroso all'interno del pensiero di Fichte, senza incorrere in salti o interruzioni non superabili. Questo permette di escludere l'esistenza di un primo e di un secondo Fichte, se con queste espressioni si intende sostenere che all'interno della speculazione fichtiana sussisterebbe una linea di demarcazione, rappresentata da una svolta, che dividerebbe radicalmente il pensiero fichtiano in due fasi: quella idealista e quella religiosa. In realtà il percorso lungo l'evolversi della dottrina della scienza mostra come i concetti vengano ripresi, rimaneggiati, ma senza che questo comporti una vera e propria cesura. Il paradigma di quella che si può correttamente vedere come un'evoluzione è costituito dalla nozione di io, che, se nella Grundlage poteva apparire come un principio, o addirittura come un fondamento ¿ nonostante non fossero di certo queste le reali intenzioni del filosofo ¿, a mano a mano che la speculazione fichtiana avanza e si approfondisce arretra sempre di più, mostrando il suo carattere di vero e proprio nucleo relazionale, carattere di cui mostrava già i segni nella Wissenschaftslhre del 1794-95, ma che poteva risultare poco visibile a causa di un linguaggio ancora troppo legato alla formalità della logica e dell'ambiguità di un soggettivismo, che infatti si rivelerà controproducente per la diffusione del pensiero di Fichte. Nella Parte seconda, grazie all'analisi dei passaggi principali esposti nella Wissenschaftslehre del 1811, si potrà allora vedere emergere con chiarezza il carattere secondario del finito ¿ il nuovo nome che Fichte usa per indicare l'io ¿ una secondarietà ontologica rispetto ad un assoluto che si manifesta e che in questa sua rivelazione, frutto di un movimento chenotico, di abbassamento verso il finito stesso, lancia un appello al quale l'io può e deve rispondere riconoscendosi riflesso, immagine, schema dell'assoluto stesso. Condizione di un tale riconoscimento è l'esercizio della libertà da parte dell'io, che solo cogliendo e mantenendo ferma la propria intrascendibile finitezza può cogliere la radicale differenza che intercorre tra il finito e l'essere assoluto. Un essere che, proprio perché rappresenta il totalmente altro, non può in alcun modo essere detto, o pensato, ma soltanto colto nel suo apparire, ovvero come riflesso, proprio a partire da un io che, svuotatosi completamente da qualunque pretesa di costituire un principio, altro non rappresenta che il riflesso del riflesso.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
235419_giovannibuschino-tesidilaurea.pdf
non disponibili
Tipologia:
Altro materiale allegato
Dimensione
718.88 kB
Formato
Adobe PDF
|
718.88 kB | Adobe PDF |
I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14240/56762