La tesi, partendo da un'esperienza autobiografica di malattia (che sostituisce il lavoro sul campo proprio delle tesi di stampo antropologico), non offre risposte di carattere scientifico, ma cerca di proporre spunti di riflessione per una visione rinnovata, alternative, creativa e contro-egemonica intorno ai temi di malattia, salute, cura. Inoltre, si indaga la questione della marginalità - sociale, economica, politica, religiosa, di genere e dei saperi - mettendone in luce le potenzialità. Il margine, riletto a partire, ad esempio, dal lavoro di bell hooks, non è più solotanto luogo sfortunato, di privazione e mancanza, ma può diventare - se scelto gioiosamente - un luogo di reisistenza, contropotere, bellezza, trasformazione. Un luogo creativo, nel quale accorgersi dell'ontologica fragilità dell'esistenza umana, della "medesimezza" che ci accomuna, iniziando a creare un nuovo cosmos, improntato all'attenzione per la molteplicità, la quale è individuata come antidoto alle logiche di dominio, controllo, oppressione e omologazione, sempre in agguato nel nostro mondo. La parte centrale del lavoro, mette a confronto il sistema biomedico dominante - individuandone le linee storiche di sviluppo, i caratteri ed i limiti - con "altri modi" terapeutici, in particolare legati all'universo rurale agropastorale, attraverso il sostegno teorico del lavoro dell'antropologo Gian Paolo Gri. Si cerca, quindi, di metterne in luce il potenziale creativo, in quanto elaborazioni collettive situate ai margini della nostra società, al di fuori del modello terapeutico dominante. L'ultima parte del lavoro focalizza lo sguardo sulle elaborazioni individuali marginali di ricerca di senso della malattia, secondo un modello benefico che individua nella disagio psicofisico non solo una disgrazia o una maledizione da combattere con mezzi chimico-farmacologici, chirurgici o rituali (secondo un modello malefico, esogeno della malattia), bensì un luogo che offre possibilità di scoperta di sè, libertà rispetto ai modelli dominanti, attivazione di risorse interiori altrimenti sconosciute, comprensione del prossimo, in un itinerario umano e spirituale che trasforma il margine - soprattutto quello legato al corpo anomalo - da luogo indesiderabile a luogo dove ritrovare se stessi ed imparare la prossimità umana.

ALTRI MODI DI PENSARE LA MALATTIA. La marginalità come luogo creativo.

VACCHETTO, MARIA IOLE
2011/2012

Abstract

La tesi, partendo da un'esperienza autobiografica di malattia (che sostituisce il lavoro sul campo proprio delle tesi di stampo antropologico), non offre risposte di carattere scientifico, ma cerca di proporre spunti di riflessione per una visione rinnovata, alternative, creativa e contro-egemonica intorno ai temi di malattia, salute, cura. Inoltre, si indaga la questione della marginalità - sociale, economica, politica, religiosa, di genere e dei saperi - mettendone in luce le potenzialità. Il margine, riletto a partire, ad esempio, dal lavoro di bell hooks, non è più solotanto luogo sfortunato, di privazione e mancanza, ma può diventare - se scelto gioiosamente - un luogo di reisistenza, contropotere, bellezza, trasformazione. Un luogo creativo, nel quale accorgersi dell'ontologica fragilità dell'esistenza umana, della "medesimezza" che ci accomuna, iniziando a creare un nuovo cosmos, improntato all'attenzione per la molteplicità, la quale è individuata come antidoto alle logiche di dominio, controllo, oppressione e omologazione, sempre in agguato nel nostro mondo. La parte centrale del lavoro, mette a confronto il sistema biomedico dominante - individuandone le linee storiche di sviluppo, i caratteri ed i limiti - con "altri modi" terapeutici, in particolare legati all'universo rurale agropastorale, attraverso il sostegno teorico del lavoro dell'antropologo Gian Paolo Gri. Si cerca, quindi, di metterne in luce il potenziale creativo, in quanto elaborazioni collettive situate ai margini della nostra società, al di fuori del modello terapeutico dominante. L'ultima parte del lavoro focalizza lo sguardo sulle elaborazioni individuali marginali di ricerca di senso della malattia, secondo un modello benefico che individua nella disagio psicofisico non solo una disgrazia o una maledizione da combattere con mezzi chimico-farmacologici, chirurgici o rituali (secondo un modello malefico, esogeno della malattia), bensì un luogo che offre possibilità di scoperta di sè, libertà rispetto ai modelli dominanti, attivazione di risorse interiori altrimenti sconosciute, comprensione del prossimo, in un itinerario umano e spirituale che trasforma il margine - soprattutto quello legato al corpo anomalo - da luogo indesiderabile a luogo dove ritrovare se stessi ed imparare la prossimità umana.
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