Oggetto di questa ricerca sarà il pensiero di Fredric Jameson, la sua analisi e la sua critica al postmodernismo. Suddiviso in tre capitoli, saranno trattati i seguenti argomenti: 1) Nel primo capitolo di questo lavoro verranno trattati i caratteri costituivi del postmodernismo indagando alcune opere esemplari in cui questi caratteri si manifestano vivacemente. Come nelle opere di Andy Warhol, dove il mondo si riduce a ripetizioni di immagini fotografiche sino a perdere il proprio referente, o come nell'Hotel Bonaventure di Portman, edificio in cui la complessità antifunzionale rende difficile l'orientamento del soggetto. Jameson interpreterà il postmodernismo come logica dominante del tardo-capitalismo, cercando di storicizzare un fenomeno che si vede come astorico. 2) Analizzando i passaggi innovativi della nuova logica dominante, comprenderà che la nuova sfida politica è quella di affrontare un mondo sempre più complesso e irrappresentabile, cercando di riscrivere una cartografia cognitiva per l'orientamento del soggetto nell'avvento del ¿villaggio globale¿. Jameson appunto per questo cercherà di riprendere una parte del pensiero di Lukács e di Sartre, riportando nell'alveo della discussione i temi della totalità e della totalizzazione indispensabili per il suo progetto di un recupero delle coordinate nella spazialità postmoderna. La totalità sarà intesa dal filosofo americano come ¿modo di produzione¿ e non come visione statica del mondo. Comprendere il ¿modo di produzione¿ significa esercitare la facoltà di osservatore per intravedere le varie connessioni dei rapporti sociali. La totalizzazione sarà, invece, intesa come la capacità di unire percezione e azione diventando prassi per costituire progetti via via sempre più ampi fino a diventare collettivi. 3) Nell'ultima parte verranno trattati i progetti della cartografia cognitiva e dell'Utopia, ovvero la ricerca di una rappresentabilità dello spazio postmoderno, affinché il soggetto possa tracciare le coordinate per un suo orientamento e individuare la propria posizione. Tuttavia, come vedremo, la cartografia cognitiva è un progetto incompiuto, a causa dell'impossibilità effettiva di sistematizzare lo spazio postmoderno che si è esteso fino a diventare globale. A questo punto al filosofo americano non resta che scavalcare la spazialità postmoderna per rivolgere lo sguardo all'Utopia, ovvero alla costruzione di un non-luogo in cui proiettare alternative al sistema tardo-capitalista e alle contraddizioni presenti nel postmodernismo. L'estetica in Jameson resterà sempre il dominio del possibile, quindi l'opera letteraria utopistica può essere la rappresentazione delle contraddizioni storiche e di desideri utopici in cui si ergono enormi pilastri di un mondo alternativo allo status quo. Nella parte finale, invece, si cercherà di delineare un'ipotesi che vede Jameson come filosofo della transizione, evidenziando alcuni passaggi conclusivi di "Postmodernismo" e di "Un desiderio chiamato Utopia". Nello specifico si tratterà della possibilità che la fase che stiamo vivendo sia solamente una fase di transizione e che la fase di riconcettualizzazione dell'Utopia sia una semplice fase preparatoria, prima dell'avvento di una nuova fase spirituale e storica.

Dalla mappa cognitiva all'Utopia: la critica di Fredric Jameson al postmodernismo

CALAMERA, SALVATORE
2011/2012

Abstract

Oggetto di questa ricerca sarà il pensiero di Fredric Jameson, la sua analisi e la sua critica al postmodernismo. Suddiviso in tre capitoli, saranno trattati i seguenti argomenti: 1) Nel primo capitolo di questo lavoro verranno trattati i caratteri costituivi del postmodernismo indagando alcune opere esemplari in cui questi caratteri si manifestano vivacemente. Come nelle opere di Andy Warhol, dove il mondo si riduce a ripetizioni di immagini fotografiche sino a perdere il proprio referente, o come nell'Hotel Bonaventure di Portman, edificio in cui la complessità antifunzionale rende difficile l'orientamento del soggetto. Jameson interpreterà il postmodernismo come logica dominante del tardo-capitalismo, cercando di storicizzare un fenomeno che si vede come astorico. 2) Analizzando i passaggi innovativi della nuova logica dominante, comprenderà che la nuova sfida politica è quella di affrontare un mondo sempre più complesso e irrappresentabile, cercando di riscrivere una cartografia cognitiva per l'orientamento del soggetto nell'avvento del ¿villaggio globale¿. Jameson appunto per questo cercherà di riprendere una parte del pensiero di Lukács e di Sartre, riportando nell'alveo della discussione i temi della totalità e della totalizzazione indispensabili per il suo progetto di un recupero delle coordinate nella spazialità postmoderna. La totalità sarà intesa dal filosofo americano come ¿modo di produzione¿ e non come visione statica del mondo. Comprendere il ¿modo di produzione¿ significa esercitare la facoltà di osservatore per intravedere le varie connessioni dei rapporti sociali. La totalizzazione sarà, invece, intesa come la capacità di unire percezione e azione diventando prassi per costituire progetti via via sempre più ampi fino a diventare collettivi. 3) Nell'ultima parte verranno trattati i progetti della cartografia cognitiva e dell'Utopia, ovvero la ricerca di una rappresentabilità dello spazio postmoderno, affinché il soggetto possa tracciare le coordinate per un suo orientamento e individuare la propria posizione. Tuttavia, come vedremo, la cartografia cognitiva è un progetto incompiuto, a causa dell'impossibilità effettiva di sistematizzare lo spazio postmoderno che si è esteso fino a diventare globale. A questo punto al filosofo americano non resta che scavalcare la spazialità postmoderna per rivolgere lo sguardo all'Utopia, ovvero alla costruzione di un non-luogo in cui proiettare alternative al sistema tardo-capitalista e alle contraddizioni presenti nel postmodernismo. L'estetica in Jameson resterà sempre il dominio del possibile, quindi l'opera letteraria utopistica può essere la rappresentazione delle contraddizioni storiche e di desideri utopici in cui si ergono enormi pilastri di un mondo alternativo allo status quo. Nella parte finale, invece, si cercherà di delineare un'ipotesi che vede Jameson come filosofo della transizione, evidenziando alcuni passaggi conclusivi di "Postmodernismo" e di "Un desiderio chiamato Utopia". Nello specifico si tratterà della possibilità che la fase che stiamo vivendo sia solamente una fase di transizione e che la fase di riconcettualizzazione dell'Utopia sia una semplice fase preparatoria, prima dell'avvento di una nuova fase spirituale e storica.
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