Tra poesia satirica e poesia burlesca: una nuova prospettiva per le Satire di Giovanni Agostino Caccia

The main subject of this study is the collection Satire, et capitoli piacevoli by Giovanni Agostino Caccia, published in Minal in 1549. This work proves to be controversial in its relationship with the model of Ariosto, as well as in the way it crosses over and distances itself from the latter. Hence, this work has not enjoyed great favour from the critics throughout the centuries for its own status as «mixed» collection. At first glance, it appears that the gaze of the «wise man», typical of the Satire by Ariosto, cannot be reconciled with that of the «playful lunatic». Nonetheless, it has been acknowledged that this is not true, at least as far as the work here examined is concerned. There are many points of contact between the two genres, and they are also proven by the interchangeable use which the authors employ in order to define their own writings. In which way does the work of Giovanni Agostino Caccia use the tiles of the playful poem? How much does the use of burlesque expedients affect the way he writes poetry? Furthermore, is it so predictable to consider these poems as «satirical»? The textual research has produced a large number of occurrences, with special regard to double entendres and to the paradoxical encomium, which tend to tone down even the chapters that are not explicitly burlesque. It remains unclear if the author made wise use of certain tiles, or whether this was a generalised tendency. It is certain, however, that the frequent presence of expedients which belong to the playful poetry cast doubt on the belonging of his collection to the genre of satire, as it has always been considered. The question is strictly connected to the issue of genre. While some tend to consider satirical and burlesque poetry as two distinct genres, others consider them as two shades of the same genre, which tend towards one pole or another, depending on the authors and the interferences. This study therefore raises the curtain on a much wider issue, which would be worth examining in depth by comparing the «mixed» collections of 1540s with eachother.

L'oggetto principale di questo lavoro è la raccolta Satire, et capitoli piacevoli di Giovanni Agostino Caccia, pubblicata a Milano nel 1549. L'opera si rivela controversa sia nel rapporto con il modello ariostesco sia nel modo in cui lo travalica e se ne discosta e, per questo, essa non gode dei favori della critica nel corso dei secoli per il suo stesso status di raccolta «mista». A prima vista sembrerebbe che lo sguardo del «saggio» proprio della satira ariostesca non possa essere conciliato con quello del «pazzo giocoso», ma si è visto che, almeno per ciò che riguarda l'opera presa in esame, non è esatto. I punti di contatto tra i due generi sono molti e vengono testimoniati anche dall'uso intercambiabile che gli autori utilizzano per designare i propri componimenti. In che modo l'opera di Giovanni Agostino Caccia utilizza le tessere della poesia giocosa? Quanto influisce sul suo modo di poetare l'uso di espedienti burleschi? E ancora, è così scontato considerare questi componimenti come «satirici»? La ricerca testuale ha prodotto numerose occorrenze, soprattutto all'insegna del doppio senso e dell'elogio paradossale, che tendono ad abbassare il tono dei capitoli anche non esplicitamente di matrice burlesca. Non è chiaro se l'autore facesse sapientemente uso di determinate tessere o se la sua sia una tendenza generalizzata. È certo però che la presenza copiosa di espedienti appartenenti alla poesia giocosa, pone in dubbio la sicura appartenenza dell'opera al genere satirico, così come è stata sempre considerata. La questione è strettamente collegata al problema del genere testuale. C'è chi tende a considerare poesia satirica e poesia burlesca come due generi separati, chi, invece, li considera due gradazioni dello stesso genere che, a seconda degli autori e delle interferenze, tendono verso un polo piuttosto che verso un altro. Pertanto questa tesi, alza il sipario su un problema più ampio, che sarebbe interessante indagare più approfonditamente confrontando tra loro le raccolte «miste» degli anni quaranta del Cinquecento.