Lo scopo della tesi è di rendere conto del rischio penale del consulente tributario e, in particolare, della sua responsabilità a titolo di concorso negli illeciti del cliente. Nell’attuale ordinamento penale tributario non si ha una norma espressamente riferita all’attività del professionista e alla sua responsabilità per concorso, di conseguenza è stato necessario richiamare i principi generali sul concorso di persone indicati negli articoli 110 e seguenti del codice penale. Inoltre, mentre una volta l’attività di consulenza era vista dai pubblici ministeri come una sorta di presunzione di terzietà e il consulente come soggetto super partes, oggi l’attività professionale è scesa di livello e questo ha comportato un cambiamento di sensibilità attorno alla figura del professionista. Infatti, i pubblici ministeri hanno cominciato a sospettare che dietro ai fatti di criminalità economica, che hanno uno spessore tecnico rilevante, ci siano dei consiglieri fraudolenti che suggeriscono delle modalità di evasione fiscale particolarmente raffinate. Ecco perché la tesi è stata incentrata sul consiglio tecnico come forma di compartecipazione criminosa e sulla responsabilità del consulente tributario negli illeciti tributari, fallimentari e societari. Questo tipo di presa di coscienza da parte dei pubblici ministeri ha portato ad accendere “un faro” sull’attività del professionista, in particolare, questa idea è divenuta anche del legislatore. Infatti, a conferma del dominio intellettivo della materia fiscale che il consulente detiene, la riforma del sistema sanzionatorio tributario attuata con il D.lgs. n. 158 del 2015 ha introdotto la nuova aggravante ex. art 13 bis del D.lgs. n. 74/2000, che presuppone il concorso qualificato del professionista nella realizzazione del reato mediante l’elaborazione e commercializzazione di modelli di evasione fiscale. A dimostrazione dell’incremento del rischio penale del consulente e dell’ampliamento della sua responsabilità per concorso, si è infine analizzata la sentenza n. 10821/2017 che riguarda un caso borderline di responsabilità a titolo di concorso di un commercialista. Questa sentenza fa riflettere sulla complessità e delicatezza del tema del concorso del professionista e sull’ambiguità nell’individuare il confine tra l’attività di consulenza volta alla mera prospettazione obiettiva ed imparziale degli strumenti leciti disponibili per raggiungere un determinato obiettivo, e la consulenza che, evidenziando anche le possibili pratiche illecite, in qualche modo genera un effetto determinante sulla volontà criminosa del cliente inducendolo ad utilizzare le pratiche stesse. In risposta alla capacità espansiva illimitata della fattispecie plurisoggettiva e all’incremento del numero di incriminazioni dei professionisti per concorso, è necessario che il consulente si limiti a prospettare le soluzioni giuridiche al cliente consentendo a quest’ultimo di decidere con piena cognizione quale condotta adottare e, al più, astenersi dal suo operato professionale nel momento in cui si verifichi il rischio riconoscibile che il cliente se ne avvalga per finalità illecite.

IL RISCHIO PENALE DEL CONSULENTE TRIBUTARIO: RESPONSABILITA’ A TITOLO DI CONCORSO NEGLI ILLECITI DEL CLIENTE

LUNGU, GEORGIANA
2021/2022

Abstract

Lo scopo della tesi è di rendere conto del rischio penale del consulente tributario e, in particolare, della sua responsabilità a titolo di concorso negli illeciti del cliente. Nell’attuale ordinamento penale tributario non si ha una norma espressamente riferita all’attività del professionista e alla sua responsabilità per concorso, di conseguenza è stato necessario richiamare i principi generali sul concorso di persone indicati negli articoli 110 e seguenti del codice penale. Inoltre, mentre una volta l’attività di consulenza era vista dai pubblici ministeri come una sorta di presunzione di terzietà e il consulente come soggetto super partes, oggi l’attività professionale è scesa di livello e questo ha comportato un cambiamento di sensibilità attorno alla figura del professionista. Infatti, i pubblici ministeri hanno cominciato a sospettare che dietro ai fatti di criminalità economica, che hanno uno spessore tecnico rilevante, ci siano dei consiglieri fraudolenti che suggeriscono delle modalità di evasione fiscale particolarmente raffinate. Ecco perché la tesi è stata incentrata sul consiglio tecnico come forma di compartecipazione criminosa e sulla responsabilità del consulente tributario negli illeciti tributari, fallimentari e societari. Questo tipo di presa di coscienza da parte dei pubblici ministeri ha portato ad accendere “un faro” sull’attività del professionista, in particolare, questa idea è divenuta anche del legislatore. Infatti, a conferma del dominio intellettivo della materia fiscale che il consulente detiene, la riforma del sistema sanzionatorio tributario attuata con il D.lgs. n. 158 del 2015 ha introdotto la nuova aggravante ex. art 13 bis del D.lgs. n. 74/2000, che presuppone il concorso qualificato del professionista nella realizzazione del reato mediante l’elaborazione e commercializzazione di modelli di evasione fiscale. A dimostrazione dell’incremento del rischio penale del consulente e dell’ampliamento della sua responsabilità per concorso, si è infine analizzata la sentenza n. 10821/2017 che riguarda un caso borderline di responsabilità a titolo di concorso di un commercialista. Questa sentenza fa riflettere sulla complessità e delicatezza del tema del concorso del professionista e sull’ambiguità nell’individuare il confine tra l’attività di consulenza volta alla mera prospettazione obiettiva ed imparziale degli strumenti leciti disponibili per raggiungere un determinato obiettivo, e la consulenza che, evidenziando anche le possibili pratiche illecite, in qualche modo genera un effetto determinante sulla volontà criminosa del cliente inducendolo ad utilizzare le pratiche stesse. In risposta alla capacità espansiva illimitata della fattispecie plurisoggettiva e all’incremento del numero di incriminazioni dei professionisti per concorso, è necessario che il consulente si limiti a prospettare le soluzioni giuridiche al cliente consentendo a quest’ultimo di decidere con piena cognizione quale condotta adottare e, al più, astenersi dal suo operato professionale nel momento in cui si verifichi il rischio riconoscibile che il cliente se ne avvalga per finalità illecite.
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