Partendo da un’analisi preliminare in sede di laurea triennale sulla costruzione perifrastica «andare a + infinito», questa proposta di studio ha come sfondo un’indagine empirica di dati naturalistici in italiano contemporaneo parlato e come obiettivo quello di vedere qual è il confine tra l’uso di una struttura – non codificata ma ormai ben attestata – nelle nostre scelte linguistiche quotidiane e la percezione che ne abbiamo. A parlanti preselezionati in base al fatto che avessero precedentemente dimostrato di usare la perifrasi nel loro parlato spontaneo è stato sottoposto un questionario che rivelasse il grado del loro giudizio individuale rispetto all’accettabilità di alcune frasi contenenti la perifrasi in tre dei suoi valori possibili: culminativo, imminenziale o nel suo uso “gastronomico” (Strik Livers in corso di stampa). I partecipanti si identificano in due macrogruppi: quello del parlante conservativo, che risulta usare più moderatamente la perifrasi, e quello in cui il parlante etichettato come “ipertrofico” tende ad utilizzarla ricorsivamente in una stessa serie di enunciati. Essendo l’intuizione di un parlante tipicamente non "clear cut", si è optato per l’utilizzo del gradiente come metro per calcolare e cogliere le sfumature di valutazione. Dalle ipotesi sollevate ci si aspetta che il parlante conservativo sia generalmente coerente e più consapevole dei suoi usi, per quanto considerevoli, rispetto al tipo più “liberale” che può addirittura disconoscere una frase pronunciata in prima persona. La combinazione di dati autentici e l’analisi parallela del giudizio degli stessi parlanti risponde all’ambizione di scavare nelle evidenze di un fenomeno linguistico in espansione ma di cui la “sola” prospettiva di linguistica interna probabilmente non riesce ad esaurire le interpretazioni. La realtà metodologica del nostro caso presenta senz’altro alcuni limiti: l’esiguo numero di partecipanti su cui calcolare una media statistica significativamente attendibile ha permesso di presentare stime quantitative che vanno (com)prese con cautela, tenendo conto dell’inevitabile vincolo della fondatezza di giudizi intuitivi dei parlanti come strumento per indagare e scoprire la realtà mentale soggiacente ai nostri comportamenti linguistici. Domande e incertezze rimaste irrisolte alla fine di questo studio di caso potranno sperabilmente ispirare lavori successivi sul tipo di uso “gastronomico” o “professionalizzante” che contraddistingue andare a + infinito come fenomeno discorsivo-testuale, al di là dei limiti imposti dalla descrizione grammaticale tradizionale.
«Andare a + infinito nell’italiano parlato»: uso e percezione, intuizione e giudizio
RIVERO, ARIANNA
2021/2022
Abstract
Partendo da un’analisi preliminare in sede di laurea triennale sulla costruzione perifrastica «andare a + infinito», questa proposta di studio ha come sfondo un’indagine empirica di dati naturalistici in italiano contemporaneo parlato e come obiettivo quello di vedere qual è il confine tra l’uso di una struttura – non codificata ma ormai ben attestata – nelle nostre scelte linguistiche quotidiane e la percezione che ne abbiamo. A parlanti preselezionati in base al fatto che avessero precedentemente dimostrato di usare la perifrasi nel loro parlato spontaneo è stato sottoposto un questionario che rivelasse il grado del loro giudizio individuale rispetto all’accettabilità di alcune frasi contenenti la perifrasi in tre dei suoi valori possibili: culminativo, imminenziale o nel suo uso “gastronomico” (Strik Livers in corso di stampa). I partecipanti si identificano in due macrogruppi: quello del parlante conservativo, che risulta usare più moderatamente la perifrasi, e quello in cui il parlante etichettato come “ipertrofico” tende ad utilizzarla ricorsivamente in una stessa serie di enunciati. Essendo l’intuizione di un parlante tipicamente non "clear cut", si è optato per l’utilizzo del gradiente come metro per calcolare e cogliere le sfumature di valutazione. Dalle ipotesi sollevate ci si aspetta che il parlante conservativo sia generalmente coerente e più consapevole dei suoi usi, per quanto considerevoli, rispetto al tipo più “liberale” che può addirittura disconoscere una frase pronunciata in prima persona. La combinazione di dati autentici e l’analisi parallela del giudizio degli stessi parlanti risponde all’ambizione di scavare nelle evidenze di un fenomeno linguistico in espansione ma di cui la “sola” prospettiva di linguistica interna probabilmente non riesce ad esaurire le interpretazioni. La realtà metodologica del nostro caso presenta senz’altro alcuni limiti: l’esiguo numero di partecipanti su cui calcolare una media statistica significativamente attendibile ha permesso di presentare stime quantitative che vanno (com)prese con cautela, tenendo conto dell’inevitabile vincolo della fondatezza di giudizi intuitivi dei parlanti come strumento per indagare e scoprire la realtà mentale soggiacente ai nostri comportamenti linguistici. Domande e incertezze rimaste irrisolte alla fine di questo studio di caso potranno sperabilmente ispirare lavori successivi sul tipo di uso “gastronomico” o “professionalizzante” che contraddistingue andare a + infinito come fenomeno discorsivo-testuale, al di là dei limiti imposti dalla descrizione grammaticale tradizionale.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/55283