La storia dell'amministrazione comunale di Biella, si inserisce nei secoli XVII e XVII in quel contesto di contrasti tra il potere centrale e autonomie locali, quindi in definitiva di rapporti tra centro e periferia, proseguendo nel secolo XIX, in una continuità che si ispira dapprima al modello sabaudo per poi consolidarsi durante il periodo Risorgimentale con la legge Rattazzi. Le comunità locali, avevano una antica tradizione risalente al XIII secolo, cioè la propria legislazione statutaria, per la città di Biella la prima compilazione risale al 1245. Lo statuto comunale rappresentava la forma scritta, ed era inerente alle disposizioni che regolavano la vita cittadina, quindi consuetudini o norme locali, autonome da altri poteri, denominate ¿ius proprium¿ che affiancavano regole giuridiche generali denominate ¿ius commune¿. Sul finire del secolo XVI, la visione assolutistica della dinastia sabauda, avrà sulle comunità locali una progressiva limitazione alle proprie sovranità e conseguentemente anche su eventuali privilegi e franchigie, in particolare nei periodi di reggenza di Emanuele Filiberto e Carlo Emanuele I. Analogamente alle comunità sotto il dominio sabaudo, anche la città di Biella vide ridurre la propria sovranità su singole parti del proprio territorio, mediante l'infeudazione da parte del Sovrano di singoli cantoni, i quali eretti a feudo venivano assegnati a figure della società del tempo, che avendo particolari requisiti ne acquisivano l'investitura con il relativo titolo nobiliare, mediante il pagamento di una determinata somma. La visione assolutistica dei Sovrani Sabaudi e l'accentramento del potere dello Stato avrà conseguenze anche nella fase di Restaurazione tra il 1815 e 1848 nel Piemonte Sabaudo, per la caratterizzazione delle proprie istituzioni che proseguirà tra il 1850 e 1861 nelle varie fasi del periodo risorgimentale, in definitiva una fase di preparazione al futuro contesto territoriale. Tale periodo porterà dopo il 1861 alla composizione dello Stato Nazionale, che avrà come conseguenza il dibattito successivo relativo ai termini ¿annessione¿ oppure ¿fusione¿ dei rimanenti territori della penisola italica al Regno Sardo-Piemontese, cioè il proprio ruolo di influenza politico-giuridica trasferita a questi territori.

Ricerche storico-giuridiche su controversia "feudali" nel territorio di Biella: l'infeudazione dei Cantoni

BORDIGNON, IVANO
2017/2018

Abstract

La storia dell'amministrazione comunale di Biella, si inserisce nei secoli XVII e XVII in quel contesto di contrasti tra il potere centrale e autonomie locali, quindi in definitiva di rapporti tra centro e periferia, proseguendo nel secolo XIX, in una continuità che si ispira dapprima al modello sabaudo per poi consolidarsi durante il periodo Risorgimentale con la legge Rattazzi. Le comunità locali, avevano una antica tradizione risalente al XIII secolo, cioè la propria legislazione statutaria, per la città di Biella la prima compilazione risale al 1245. Lo statuto comunale rappresentava la forma scritta, ed era inerente alle disposizioni che regolavano la vita cittadina, quindi consuetudini o norme locali, autonome da altri poteri, denominate ¿ius proprium¿ che affiancavano regole giuridiche generali denominate ¿ius commune¿. Sul finire del secolo XVI, la visione assolutistica della dinastia sabauda, avrà sulle comunità locali una progressiva limitazione alle proprie sovranità e conseguentemente anche su eventuali privilegi e franchigie, in particolare nei periodi di reggenza di Emanuele Filiberto e Carlo Emanuele I. Analogamente alle comunità sotto il dominio sabaudo, anche la città di Biella vide ridurre la propria sovranità su singole parti del proprio territorio, mediante l'infeudazione da parte del Sovrano di singoli cantoni, i quali eretti a feudo venivano assegnati a figure della società del tempo, che avendo particolari requisiti ne acquisivano l'investitura con il relativo titolo nobiliare, mediante il pagamento di una determinata somma. La visione assolutistica dei Sovrani Sabaudi e l'accentramento del potere dello Stato avrà conseguenze anche nella fase di Restaurazione tra il 1815 e 1848 nel Piemonte Sabaudo, per la caratterizzazione delle proprie istituzioni che proseguirà tra il 1850 e 1861 nelle varie fasi del periodo risorgimentale, in definitiva una fase di preparazione al futuro contesto territoriale. Tale periodo porterà dopo il 1861 alla composizione dello Stato Nazionale, che avrà come conseguenza il dibattito successivo relativo ai termini ¿annessione¿ oppure ¿fusione¿ dei rimanenti territori della penisola italica al Regno Sardo-Piemontese, cioè il proprio ruolo di influenza politico-giuridica trasferita a questi territori.
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