Questo lavoro ha come oggetto la ricerca artistica di Daniel Buren: l'artista, a partire dalla metà degli anni Sessanta, ha incentrato la sua produzione sulla creazione di interventi site-specific in stretta relazione con lo spazio per cui vengono realizzati, che egli chiama travailes in situ. Gli anni in cui Buren inizia a lavorare come artista, sono un momento storico in cui avvengono molteplici cambiamenti dal punto di vista sociale, politico e di conseguenza artistico. Se l'arte è lo specchio della società in cui si vive, l'artista è chiamato a misurarsi con il suo tempo, mettendone in risalto le caratteristiche e denunciandone le contraddizioni. Gli anni Sessanta e Settanta sono, dal punto di vista artistico, un ventennio, in cui il concetto di opera d'arte subisce delle drastiche trasformazioni. Nascono movimenti e tendenze artistiche che s'interrogano sul presente (nella società come nella sfera artistica) e che ¿ condividendo le medesime aspirazioni in ambito di ricerca artistica ma anche lo stesso desiderio di rottura con l'arte del loro tempo ¿ spesso confluiscono l'una nell'altra, influenzandosi reciprocamente. Con queste parole, mi riferisco in particolar modo, all'arte concettuale, all'arte minimal e all'arte povera: espressioni artistiche che hanno in comune la ricerca d'innovazione e di un linguaggio nuovo. Tuttavia, queste correnti artistiche non esauriscono il panorama dell'arte contemporanea degli anni Sessanta e Settanta ma costituiscono uno spaccato storico-artistico le cui influenze visive si possono riscontrare ancora oggi, anche all'interno dei musei e delle esposizioni di arte contemporanea. Ogni artista, che si inserisce in queste categorie artistiche, sviluppa autonomamente la propria ricerca arrivando a risposte estetiche divergenti o completamente differenti rispetto ai colleghi. Un punto in comune tra queste correnti è evidente nel fatto che, l'artista inserisce nelle sue composizioni materiali non consueti, si iniziano ad utilizzare tecniche artistiche che si distaccano completamente da quelle tradizionali della pittura e della scultura (come ad esempio l'utilizzo di materiali derivanti dalla natura o dalla sfera industriale). L'identificazione tra arte e vita privata, l'indagine politica, il concetto di arte e il processo creativo stesso, diventano spunti di riflessione su cui l'artista s'interroga. Lo spazio, inteso come luogo in cui l'opera viene realizzata, inizia ad assumere sempre maggiore importanza, al punto da diventare esso stesso, non solo il trampolino di lancio per la realizzazione dell'opera, ma parte determinante del suo risultato finale (senza il quale l'opera d'arte verrebbe meno). Si parla dunque di opera site-specific, per indicare l'opera d'arte «che viene creata appositamente per le qualità e le caratteristiche del luogo in cui si colloca, essa non agisce imponendosi come un ʺoggetto esternoʺ sul luogo e sul pubblico, [¿] ma nasce con essi.»

DANIEL BUREN: OPERE IN SITU. QUATTRO ESEMPI DI ARTE PUBBLICA

SGARRA, MARGARET
2017/2018

Abstract

Questo lavoro ha come oggetto la ricerca artistica di Daniel Buren: l'artista, a partire dalla metà degli anni Sessanta, ha incentrato la sua produzione sulla creazione di interventi site-specific in stretta relazione con lo spazio per cui vengono realizzati, che egli chiama travailes in situ. Gli anni in cui Buren inizia a lavorare come artista, sono un momento storico in cui avvengono molteplici cambiamenti dal punto di vista sociale, politico e di conseguenza artistico. Se l'arte è lo specchio della società in cui si vive, l'artista è chiamato a misurarsi con il suo tempo, mettendone in risalto le caratteristiche e denunciandone le contraddizioni. Gli anni Sessanta e Settanta sono, dal punto di vista artistico, un ventennio, in cui il concetto di opera d'arte subisce delle drastiche trasformazioni. Nascono movimenti e tendenze artistiche che s'interrogano sul presente (nella società come nella sfera artistica) e che ¿ condividendo le medesime aspirazioni in ambito di ricerca artistica ma anche lo stesso desiderio di rottura con l'arte del loro tempo ¿ spesso confluiscono l'una nell'altra, influenzandosi reciprocamente. Con queste parole, mi riferisco in particolar modo, all'arte concettuale, all'arte minimal e all'arte povera: espressioni artistiche che hanno in comune la ricerca d'innovazione e di un linguaggio nuovo. Tuttavia, queste correnti artistiche non esauriscono il panorama dell'arte contemporanea degli anni Sessanta e Settanta ma costituiscono uno spaccato storico-artistico le cui influenze visive si possono riscontrare ancora oggi, anche all'interno dei musei e delle esposizioni di arte contemporanea. Ogni artista, che si inserisce in queste categorie artistiche, sviluppa autonomamente la propria ricerca arrivando a risposte estetiche divergenti o completamente differenti rispetto ai colleghi. Un punto in comune tra queste correnti è evidente nel fatto che, l'artista inserisce nelle sue composizioni materiali non consueti, si iniziano ad utilizzare tecniche artistiche che si distaccano completamente da quelle tradizionali della pittura e della scultura (come ad esempio l'utilizzo di materiali derivanti dalla natura o dalla sfera industriale). L'identificazione tra arte e vita privata, l'indagine politica, il concetto di arte e il processo creativo stesso, diventano spunti di riflessione su cui l'artista s'interroga. Lo spazio, inteso come luogo in cui l'opera viene realizzata, inizia ad assumere sempre maggiore importanza, al punto da diventare esso stesso, non solo il trampolino di lancio per la realizzazione dell'opera, ma parte determinante del suo risultato finale (senza il quale l'opera d'arte verrebbe meno). Si parla dunque di opera site-specific, per indicare l'opera d'arte «che viene creata appositamente per le qualità e le caratteristiche del luogo in cui si colloca, essa non agisce imponendosi come un ʺoggetto esternoʺ sul luogo e sul pubblico, [¿] ma nasce con essi.»
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