O meu trabalho é estruturado em duas partes: na primeira é caracterizada, do ponto de vista histórico, a ditadura portuguesa (1926-1974), que desde 1933 se chamou ¿Estado Novo¿, com uma particular atenção dirigida para as modalidades repressivas, sobretudo as torturas, perpetradas pela polícia política, a PIDE, contra os opositores do regime; na segunda, que representa o fulcro da minha tese, após um capítulo sobre a memória do Estado Novo, em que são analisados também dados relativos à actual percepção dos portugueses em relação aos anos da ditadura, é apresentada uma análise da poética do filme ¿48¿ de Susana de Sousa Dias, produzido em Portugal em 2009. A realizadora estruturou a sua obra com a finalidade de representar, através dos rostos em primeiro plano das vítimas das torturas, o sistema ditadorial que permaneceu no poder durante quase meio século. Para conseguir o seu objectivo Susana Dias baseou o seu trabalho exclusivamente na sobreposição de imagens (do passado) e vozes (do presente). Mediante uma estrutura composta não só por fotografias, que foram filmadas no arquivo da PIDE, e testemunhos, recolhidos durante entrevistas por ela própria conduzidas, mas também por outros elementos como a comunicação paralinguística (os sons, suspiros, pausas), Susana de Sousa Dias conseguiu pôr em evidência a violência sofrida pelas vítimas do Estado Novo. A finalidade do meu trabalho é a de ilustrar o modo em que a realidade histórica recente se ¿inscreve¿ na contemporaneidade, ou seja, a maneira de que o sofrimento, físico e psíquico, e as repressões da altura são vistas, através do pathos da imagem fotográfica, atingindo uma realidade, como a portuguesa, assim propensa, na opinião do filósofo José Gil, a esquecer os crimes, as guerras coloniais e, em geral, a cultura do medo que o regime instaurou. Uma das temáticas principais em que se concentra a minha análise é a da dimensão coral e narrativa do filme ¿48¿ que quer representar, através das fotografias de cadastro e dos testemunhos dos presos políticos, vistos como um microcosmo do sistema autoritário que infligiu sobre eles os piores suplícios, físicos e psíquicos, o sofrimento duma inteira geração que ainda tem que se confrontar com o próprio passado. O espectador, de facto, no momento em que vê as imagens e ouve os testemunhos do preso político e não do ex preso político, é posto na difícil posição do fotógrafo que tinha tirado aquela fotografia há décadas atrás.
Il mio lavoro è strutturato in due parti: nella prima viene caratterizzata, da un punto di vista storico, la dittatura portoghese (1926-1974), che dal 1933 prenderà il nome di Estado Novo, con una particolare attenzione rivolta alle modalità repressive, soprattutto le torture, perpetrate dalla polizia politica, la PIDE, nei confronti degli oppositori al regime; nella seconda, che costituisce il fulcro della mia tesi, dopo un capitolo dedicato alla memoria dell'Estado Novo in cui vengono riportati anche dei dati riguardanti l'attuale percezione della popolazione portoghese relativamente agli anni dittatoriali, viene proposta un'analisi della poetica del film ¿48¿ di Susana de Sousa Dias, prodotto in Portogallo nel 2009. La regista ha costruito la sua opera con l'intento preciso di rappresentare, tramite i volti in primo piano delle persone vittime delle torture, il sistema dittatoriale che è rimasto al potere in Portogallo per quasi mezzo secolo. Per raggiungere i suoi scopi Susana Dias ha basato il suo lavoro esclusivamente sulla sovrapposizione di immagini (del passato) e voci (del presente). Tramite una struttura composta non solo da fotografie, filmate all'interno dell'archivio della PIDE, e da testimonianze, raccolte durante interviste da lei stessa condotte, ma anche da altri elementi come la comunicazione paralinguistica (i suoni, i sospiri, le pause), Susana de Sousa Dias è riuscita a mettere in evidenza la violenza subita dalle vittime dell'Estado Novo. L'obiettivo del mio lavoro è quello di illustrare il modo in cui la realtà storica recente viene ¿iscritta¿, ovvero come la sofferenza, fisica e psichica, e le repressioni di quegli anni vengono riproposte attraverso il pathos dell'immagine fotografica, colpendo così una realtà, come quella portoghese, propensa, secondo il filosofo José Gil, a dimenticare i crimini, le guerre coloniali e, in generale, la cultura della paura che il regime aveva generato. Uno dei temi cardini su cui si concentra la mia analisi è quello della dimensione corale e narrativa di ¿48¿ che vuole rappresentare, attraverso le fotografie e le testimonianze dei prigionieri politici, visti come un microcosmo del sistema autoritario che ha inflitto su di loro le peggiori vessazioni fisiche e psichiche, le sofferenze di un'intera generazione che fa ancora i conti con il proprio passato. Lo spettatore, infatti, nel momento in cui si confronta direttamente con l'immagine e la voce del prigioniero politico e non dell'ex prigioniero politico, viene posto nella difficile posizione del fotografo che aveva scattato quella foto decenni prima.
"48" di Susana de Sousa Dias: i volti dei prigionieri salazaristi o il pathos del racconto corale
BRUNETTI, LORENZO
2016/2017
Abstract
Il mio lavoro è strutturato in due parti: nella prima viene caratterizzata, da un punto di vista storico, la dittatura portoghese (1926-1974), che dal 1933 prenderà il nome di Estado Novo, con una particolare attenzione rivolta alle modalità repressive, soprattutto le torture, perpetrate dalla polizia politica, la PIDE, nei confronti degli oppositori al regime; nella seconda, che costituisce il fulcro della mia tesi, dopo un capitolo dedicato alla memoria dell'Estado Novo in cui vengono riportati anche dei dati riguardanti l'attuale percezione della popolazione portoghese relativamente agli anni dittatoriali, viene proposta un'analisi della poetica del film ¿48¿ di Susana de Sousa Dias, prodotto in Portogallo nel 2009. La regista ha costruito la sua opera con l'intento preciso di rappresentare, tramite i volti in primo piano delle persone vittime delle torture, il sistema dittatoriale che è rimasto al potere in Portogallo per quasi mezzo secolo. Per raggiungere i suoi scopi Susana Dias ha basato il suo lavoro esclusivamente sulla sovrapposizione di immagini (del passato) e voci (del presente). Tramite una struttura composta non solo da fotografie, filmate all'interno dell'archivio della PIDE, e da testimonianze, raccolte durante interviste da lei stessa condotte, ma anche da altri elementi come la comunicazione paralinguistica (i suoni, i sospiri, le pause), Susana de Sousa Dias è riuscita a mettere in evidenza la violenza subita dalle vittime dell'Estado Novo. L'obiettivo del mio lavoro è quello di illustrare il modo in cui la realtà storica recente viene ¿iscritta¿, ovvero come la sofferenza, fisica e psichica, e le repressioni di quegli anni vengono riproposte attraverso il pathos dell'immagine fotografica, colpendo così una realtà, come quella portoghese, propensa, secondo il filosofo José Gil, a dimenticare i crimini, le guerre coloniali e, in generale, la cultura della paura che il regime aveva generato. Uno dei temi cardini su cui si concentra la mia analisi è quello della dimensione corale e narrativa di ¿48¿ che vuole rappresentare, attraverso le fotografie e le testimonianze dei prigionieri politici, visti come un microcosmo del sistema autoritario che ha inflitto su di loro le peggiori vessazioni fisiche e psichiche, le sofferenze di un'intera generazione che fa ancora i conti con il proprio passato. Lo spettatore, infatti, nel momento in cui si confronta direttamente con l'immagine e la voce del prigioniero politico e non dell'ex prigioniero politico, viene posto nella difficile posizione del fotografo che aveva scattato quella foto decenni prima.File | Dimensione | Formato | |
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