The 'Four Books on Human Proportions' were printed in Nuremberg in 1528, shortly after the death of their author, the great German artist Albrecht Dürer. In this work, the Master inserts about ten pages that represent a sort of philosophical testament. They contain the core of Dürer's theory of art, in which the Master brings together his ideas on geometry, theology and the relationship between artist and nature. This thesis aims to reflect on the status of the work of art and the condition of the artist in the Renaissance from the graphic and theoretical work of Albrecht Dürer. To this end, the thesis reconstructs the European cultural context of the late 15th century, in which the philosophical, theological and aesthetic roots of Durer's entire production lie. In particular, Leon Battista Alberti, Nicola Cusano and Marsilio Ficino are the three thinkers who provided the most meaningful reflections on art's ability to explore the secrets of nature and grasp its divine foundation. For his part, Albrecht Dürer a profound connoisseur of ancient geometry, discovered in this science the surest foundation capable of leading the artist into the production of works that could reflect the hidden measure of nature. However, nature does not easily reveal its mysteries and the artist often finds himself fumbling around in the dark in search of the proportion of absolute beauty. God alone is given to know the truth about beauty, while the human being can do nothing but strive for it infinitely, coming to terms with his own limitation and heartened only by the knowledge that he is 'imago dei', a semblance created in the image and likeness of the divine 'artifex'. According to Dürer, the 'docta manus' of the artist is the principal means of approaching divine beauty, which, however, always remains unattainable in itself, being it beyond human intellect and reason - (ubermessige schonheyt). So that the artist cannot but admit, in the end, that he cannot know what beauty really is, since it manifests itself in the cosmos in a contradictory and boundless manner. The only anchor against despair is to have faith in the geometrically grounded concinnitas and in the 'imago dei' that dwells in every human being. This uncertainty, which, however, does not lead to arbitrariness, leads the artist to take an interest in the wonders and monstrosities that nature produces in its magmatic becoming. Observing the world thus opens up new horizons and creates a disorientation that has aesthetic, but also philosophical and political repercussions. The inconceivability of God's absolute measure frays any rigorous aesthetic theory, blurring the boundary between beauty and ugliness and suggesting that the deformed and the monstrous - the prime form of the 'different' and the unknown - are bearers of some elusive harmony. In this way, the immensity identified by Dürer intercepts that aspect of the Renaissance spirit that will lead to a rethinking of man's place in the cosmos.
I "Quattro libri sulle proporzioni umane" vengono stampati a Norimberga nel 1528, poco dopo la morte del loro autore, il grande artista tedesco Albrecht Dürer. In quest'opera il Maestro inserisce una decina di pagine che rappresentano una sorta di testamento filosofico. In esse è contenuto il nocciolo della teoria dell'arte dureriana, nella quale il Maestro fa confluire le sue idee in merito alla geometria, alla teologia e al rapporto tra artista e natura. Questa tesi intende riflettere sullo statuto dell'opera d'arte e sulla condizione dell'artista nel rinascimento a partire dall'opera grafica e teorica di Albrecht Dürer. A questo scopo nell'elaborato viene ricostruito il contesto culturale europeo della fine del '400, nel quale affondano le radici filosofiche, teologiche ed estetiche dell'intera produzione dureriana. In particolare, Leon Battista Alberti, Nicola Cusano e Marsilio Ficino rappresentano i tre pensatori che hanno fornito le riflessioni più pregnanti in merito alla possibilità propria dell'arte di esplorare i segreti della natura e di coglierne il fondamento divino. Dal canto suo, Albrecht Dürer, profondo conoscitore della geometria antica, ha scoperto in questa scienza il fondamento più sicuro per condurre l'artista a produrre opere che fossero in grado di rispecchiare la misura nascosta della natura. Tuttavia, la natura non svela facilmente i propri misteri e l'artista si ritrova spesso a brancolare nel buio alla ricerca della proporzione della bellezza assoluta. Solo a Dio è dato conoscere la verità sul bello, mentre l'essere umano non può far altro che tendervi all'infinito, facendo i conti con la propria limitatezza e rincuorato solo dalla consapevolezza di essere 'imago dei', sembiante creato a immagine e somiglianza del divino 'artifex'. La 'docta manus' dell'artista è per Dürer lo strumento principe di avvicinamento alla bellezza divina che, tuttavia, resta sempre in se stessa irraggiungibile, essendo al di là dell'intelletto e della ragione umana - (ubermessige schonheyt). Così che l'artista non può che ammettere, alla fine, di non poter sapere cosa sia veramente la bellezza, dal momento che questa si manifesta nel cosmo in modo contraddittorio e smisurato. Unico ancoraggio contro la disperazione è proprio la fede nella concinnitas, geometricamente fondata, e nell' 'imago dei' che alberga in ogni essere umano. Questa incertezza che, tuttavia, non conduce all'arbitrarietà, porta l'artista ad interessarsi alle meraviglie e alle mostruosità che la natura produce nel suo magmatico divenire. L'osservazione del mondo apre così nuovi orizzonti e crea uno spiazzamento che ha delle ricadute estetiche, ma anche filosofiche e politiche. L'inconcepibilità della misura assoluta di Dio sfrangia ogni rigorosa teoria estetica rimescolando il confine tra bellezza e bruttezza e suggerendo che il deforme e il mostruoso - forma prima del 'diverso' e dell' ignoto- siano portatori di una qualche sfuggente armonia. In questo modo la smisuratezza individuata da Dürer intercetta quell'aspetto dello spirito rinascimentale che porterà al ripensamento del posto occupato dall'uomo nel cosmo.
«Perché davvero l’arte sta nascosta nella natura, e chi riesce a estrarla la possiede». La ricerca di una “ubermessige schönheyt” tra geometria e teologia nell’opera di Albrecht Dürer
CENTRACCHIO, GIOVANNI
2021/2022
Abstract
I "Quattro libri sulle proporzioni umane" vengono stampati a Norimberga nel 1528, poco dopo la morte del loro autore, il grande artista tedesco Albrecht Dürer. In quest'opera il Maestro inserisce una decina di pagine che rappresentano una sorta di testamento filosofico. In esse è contenuto il nocciolo della teoria dell'arte dureriana, nella quale il Maestro fa confluire le sue idee in merito alla geometria, alla teologia e al rapporto tra artista e natura. Questa tesi intende riflettere sullo statuto dell'opera d'arte e sulla condizione dell'artista nel rinascimento a partire dall'opera grafica e teorica di Albrecht Dürer. A questo scopo nell'elaborato viene ricostruito il contesto culturale europeo della fine del '400, nel quale affondano le radici filosofiche, teologiche ed estetiche dell'intera produzione dureriana. In particolare, Leon Battista Alberti, Nicola Cusano e Marsilio Ficino rappresentano i tre pensatori che hanno fornito le riflessioni più pregnanti in merito alla possibilità propria dell'arte di esplorare i segreti della natura e di coglierne il fondamento divino. Dal canto suo, Albrecht Dürer, profondo conoscitore della geometria antica, ha scoperto in questa scienza il fondamento più sicuro per condurre l'artista a produrre opere che fossero in grado di rispecchiare la misura nascosta della natura. Tuttavia, la natura non svela facilmente i propri misteri e l'artista si ritrova spesso a brancolare nel buio alla ricerca della proporzione della bellezza assoluta. Solo a Dio è dato conoscere la verità sul bello, mentre l'essere umano non può far altro che tendervi all'infinito, facendo i conti con la propria limitatezza e rincuorato solo dalla consapevolezza di essere 'imago dei', sembiante creato a immagine e somiglianza del divino 'artifex'. La 'docta manus' dell'artista è per Dürer lo strumento principe di avvicinamento alla bellezza divina che, tuttavia, resta sempre in se stessa irraggiungibile, essendo al di là dell'intelletto e della ragione umana - (ubermessige schonheyt). Così che l'artista non può che ammettere, alla fine, di non poter sapere cosa sia veramente la bellezza, dal momento che questa si manifesta nel cosmo in modo contraddittorio e smisurato. Unico ancoraggio contro la disperazione è proprio la fede nella concinnitas, geometricamente fondata, e nell' 'imago dei' che alberga in ogni essere umano. Questa incertezza che, tuttavia, non conduce all'arbitrarietà, porta l'artista ad interessarsi alle meraviglie e alle mostruosità che la natura produce nel suo magmatico divenire. L'osservazione del mondo apre così nuovi orizzonti e crea uno spiazzamento che ha delle ricadute estetiche, ma anche filosofiche e politiche. L'inconcepibilità della misura assoluta di Dio sfrangia ogni rigorosa teoria estetica rimescolando il confine tra bellezza e bruttezza e suggerendo che il deforme e il mostruoso - forma prima del 'diverso' e dell' ignoto- siano portatori di una qualche sfuggente armonia. In questo modo la smisuratezza individuata da Dürer intercetta quell'aspetto dello spirito rinascimentale che porterà al ripensamento del posto occupato dall'uomo nel cosmo. File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/54034