Lo sfruttamento dell’avifauna è stato rilevante per le popolazioni del passato: con specifico riferimento al Paleolitico, la cattura di uccelli da parte di Homo sp., è considerata un comportamento “avanzato” e come tale i ritrovamenti di resti di uccelli contribuiscono alla comprensione dell’evoluzione umana. Inoltre, l’esame delle caratteristiche ecologiche delle diverse specie rinvenute può dare indicazioni utili per la ricostruzione del paleo-ambiente. Dal punto di vista metodologico, lo studio archeozoologico dell’avifauna è complesso e reso ancora più difficoltoso dalla fragilità dei resti, che si traduce in alte proporzioni di ossa frammentarie e quindi indeterminabili. Metodologie della ricerca archeozoologica basate su approcci biomolecolari, quali la paleoproteomica (analisi delle proteine antiche), sono utili strumenti per migliorare l’identificazione tassonomica dei resti. Nello specifico, la tecnica “ZooMS”, è stata sviluppata al fine di sfruttare le differenze nelle sequenze amminoacidiche del collagene di tipo I, la proteina principale delle ossa. Il collagene è frequentemente preservato in resti archeofaunistici, e studi precedenti hanno dimostrato come taxa diversi siano caratterizzati da sequenze leggermente diverse. Tali sostituzioni amminoacidiche possono essere utilizzate come “marker” tassonomici e sono state mappate per i principali gruppi di mammiferi, pesci, anfibi e rettili, ma solo in minima parte per la classe Aves. Questo lavoro ha avuto come obiettivo primario lo sviluppo di un database con sequenze di collagene di specie aviarie note, al fine di poter mappare le sostituzioni amminoacidiche e valutarne l’efficacia quali marcatori molecolari per l’avifauna archeozoologica. Lo studio è stato svolto in collaborazione con il gruppo di ricerca “Bird 10,000 Genomes”, che ha reso disponibili sequenze di collagene di oltre 300 specie di uccelli. Le sequenze sono state esaminate e allineate manualmente; in questa prima fase, sono state selezionate circa 40 specie ed individuate le posizioni di mutazioni puntiformi caratteristiche. Da questa analisi è emerso che la variabilità del collagene è sufficiente per operare una distinzione fino al livello di famiglia e sono stati individuati dei “biomarker” utilizzabili per l’identificazione tramite “ZooMS”. Al fine di applicare questo nuovo sviluppo metodologico a un caso studio, si è selezionato un campione d’osso datato a circa 81 mila anni fa (Pinnacle Point, Sudafrica). Data la sua estrema antichità si è utilizzato un approccio analitico ad alta risoluzione (cromatografia liquida accoppiata a spettrometria di massa in tandem), che consente di ricostruire le sequenze peptidiche preservate nel campione. Tali peptidi, attribuiti a collagene di avifauna tramite analisi bioinformatica, sono stati selezionati sulla base della qualità degli spettri e concatenati al fine di ricostruire circa il 95% della sequenza fossile. In base alla presenza di marker amminoacidici e al confronto con la letteratura relativa all’avifauna Pleistocenica sudafricana, si è ipotizzata una collocazione del campione vicino al genere Francolinus Stephens, 1819 (Galliformes: Phasianidae). Sebbene tale attribuzione dovrà essere verificata ulteriormente, il ritrovamento di un resto riconducibile ad un Phasianidae in un deposito antropico risalente a 80,000 anni fa è un risultato rilevante per una maggiore comprensione delle strategie di sussistenza di Homo sapiens in Sudafrica durante il Pleistocene.

Sviluppo di metodologie paleoproteomiche per lo studio dell’avifauna in contesti archeologici: il caso di Pinnacle Point, Sudafrica

GROSSANO, SARA
2021/2022

Abstract

Lo sfruttamento dell’avifauna è stato rilevante per le popolazioni del passato: con specifico riferimento al Paleolitico, la cattura di uccelli da parte di Homo sp., è considerata un comportamento “avanzato” e come tale i ritrovamenti di resti di uccelli contribuiscono alla comprensione dell’evoluzione umana. Inoltre, l’esame delle caratteristiche ecologiche delle diverse specie rinvenute può dare indicazioni utili per la ricostruzione del paleo-ambiente. Dal punto di vista metodologico, lo studio archeozoologico dell’avifauna è complesso e reso ancora più difficoltoso dalla fragilità dei resti, che si traduce in alte proporzioni di ossa frammentarie e quindi indeterminabili. Metodologie della ricerca archeozoologica basate su approcci biomolecolari, quali la paleoproteomica (analisi delle proteine antiche), sono utili strumenti per migliorare l’identificazione tassonomica dei resti. Nello specifico, la tecnica “ZooMS”, è stata sviluppata al fine di sfruttare le differenze nelle sequenze amminoacidiche del collagene di tipo I, la proteina principale delle ossa. Il collagene è frequentemente preservato in resti archeofaunistici, e studi precedenti hanno dimostrato come taxa diversi siano caratterizzati da sequenze leggermente diverse. Tali sostituzioni amminoacidiche possono essere utilizzate come “marker” tassonomici e sono state mappate per i principali gruppi di mammiferi, pesci, anfibi e rettili, ma solo in minima parte per la classe Aves. Questo lavoro ha avuto come obiettivo primario lo sviluppo di un database con sequenze di collagene di specie aviarie note, al fine di poter mappare le sostituzioni amminoacidiche e valutarne l’efficacia quali marcatori molecolari per l’avifauna archeozoologica. Lo studio è stato svolto in collaborazione con il gruppo di ricerca “Bird 10,000 Genomes”, che ha reso disponibili sequenze di collagene di oltre 300 specie di uccelli. Le sequenze sono state esaminate e allineate manualmente; in questa prima fase, sono state selezionate circa 40 specie ed individuate le posizioni di mutazioni puntiformi caratteristiche. Da questa analisi è emerso che la variabilità del collagene è sufficiente per operare una distinzione fino al livello di famiglia e sono stati individuati dei “biomarker” utilizzabili per l’identificazione tramite “ZooMS”. Al fine di applicare questo nuovo sviluppo metodologico a un caso studio, si è selezionato un campione d’osso datato a circa 81 mila anni fa (Pinnacle Point, Sudafrica). Data la sua estrema antichità si è utilizzato un approccio analitico ad alta risoluzione (cromatografia liquida accoppiata a spettrometria di massa in tandem), che consente di ricostruire le sequenze peptidiche preservate nel campione. Tali peptidi, attribuiti a collagene di avifauna tramite analisi bioinformatica, sono stati selezionati sulla base della qualità degli spettri e concatenati al fine di ricostruire circa il 95% della sequenza fossile. In base alla presenza di marker amminoacidici e al confronto con la letteratura relativa all’avifauna Pleistocenica sudafricana, si è ipotizzata una collocazione del campione vicino al genere Francolinus Stephens, 1819 (Galliformes: Phasianidae). Sebbene tale attribuzione dovrà essere verificata ulteriormente, il ritrovamento di un resto riconducibile ad un Phasianidae in un deposito antropico risalente a 80,000 anni fa è un risultato rilevante per una maggiore comprensione delle strategie di sussistenza di Homo sapiens in Sudafrica durante il Pleistocene.
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