Il lavoro svolto nell'elaborato ha cercato di ordinare i contributi della letteratura sullo stato dell'arte dei disturbi somatoformi, con un particolare focus sui dati a livello nazionale e sui contributi delle università italiane. Ovviamente a questi sono stati integrati dati e ricerche internazionali per dare un respiro più completo al lavoro di raccolta e rielaborazione. Si è cercato di dare una dimensione al fenomeno dei disturbi somatoformi, a livello di percentuali, e di prevalenza. Gli studi presi in esame hanno evidenziato come i disturbi somatoformi siano presenti in almeno il 20% dei pazienti delle cure primarie e in percentuali più elevate nei pazienti psichiatrici. A tal proposito è stata evidenziata un'alta comorbilità tra malattie psicosomatiche e ansia e depressione, così come con patologie medico-psichiatriche. Si è poi indagato sulla prevalenza di tali disturbi nella popolazione, evidenziando come i disturbi psicosomatici siano più presenti nel sesso femminile, in individui con un livello di educazione medio-bassa e in età giovane/media e meno in quella avanzata. Anche vivere in un contesto urbano, essere in coppia e/o avere dei figli sembrano essere dei fattori di rischio, ma sono necessari altri studi esplorativi per confermare o confutare queste ipotesi. Si è visto come i disturbi psicosomatici abbiano un forte impatto sulle cure primarie a livello di affluenza (frequent attenders), di tempo impiegato dai malati tra medico di famiglia e specialisti delle cure secondarie, e di spesa pubblica. In seguito l'analisi si è concentrata sulla nosografia, sugli strumenti, le scale e le possibilità di trattamento di tali disturbi. Sono state evidenziate le buone qualità di strumenti come il PHQ-15 e di altri strumenti e scale nell'identificazione e nell'attribuzione di gravità dei sintomi psicosomatici. Si è parlato dei possibili trattamenti farmacologici e psicoterapici (CBT, psicoterapia dinamica breve, psicoterapia breve strategica, approccio bodymind) e della loro efficacia, delle tecniche mente-corpo (Mindfulness, training autogeno, tecniche orientali) , infine delle nuove scoperte in ambito di neuropsicologia e neuroscienze. Sono state infine analizzate le criticità e le proposte operative. È stata criticata la preparazione dei medici di base in merito alle malattie psicosomatiche e sono state analizzate efficaci e concrete proposte di formazione oltre che modelli della salute integrata. Il modello della nosografia classica incarnato dal DSM-5 è stato messo in discussione in favore di un approccio biopsicosociale incentrato sull'individualità del paziente psicosomatico incarnato dalle dimensioni e dagli strumenti DCPR. Anche la mancanza di un linguaggio comune in psicosomatica e la dispersività delle infinite etichette diagnostiche differenti è stata messa in evidenza. A questo proposito è stata evidenziata la proposta BDS e la relativa checklist.
I disturbi somatoformi nelle cure primarie in Italia
CARUSO, FEDERICO
2016/2017
Abstract
Il lavoro svolto nell'elaborato ha cercato di ordinare i contributi della letteratura sullo stato dell'arte dei disturbi somatoformi, con un particolare focus sui dati a livello nazionale e sui contributi delle università italiane. Ovviamente a questi sono stati integrati dati e ricerche internazionali per dare un respiro più completo al lavoro di raccolta e rielaborazione. Si è cercato di dare una dimensione al fenomeno dei disturbi somatoformi, a livello di percentuali, e di prevalenza. Gli studi presi in esame hanno evidenziato come i disturbi somatoformi siano presenti in almeno il 20% dei pazienti delle cure primarie e in percentuali più elevate nei pazienti psichiatrici. A tal proposito è stata evidenziata un'alta comorbilità tra malattie psicosomatiche e ansia e depressione, così come con patologie medico-psichiatriche. Si è poi indagato sulla prevalenza di tali disturbi nella popolazione, evidenziando come i disturbi psicosomatici siano più presenti nel sesso femminile, in individui con un livello di educazione medio-bassa e in età giovane/media e meno in quella avanzata. Anche vivere in un contesto urbano, essere in coppia e/o avere dei figli sembrano essere dei fattori di rischio, ma sono necessari altri studi esplorativi per confermare o confutare queste ipotesi. Si è visto come i disturbi psicosomatici abbiano un forte impatto sulle cure primarie a livello di affluenza (frequent attenders), di tempo impiegato dai malati tra medico di famiglia e specialisti delle cure secondarie, e di spesa pubblica. In seguito l'analisi si è concentrata sulla nosografia, sugli strumenti, le scale e le possibilità di trattamento di tali disturbi. Sono state evidenziate le buone qualità di strumenti come il PHQ-15 e di altri strumenti e scale nell'identificazione e nell'attribuzione di gravità dei sintomi psicosomatici. Si è parlato dei possibili trattamenti farmacologici e psicoterapici (CBT, psicoterapia dinamica breve, psicoterapia breve strategica, approccio bodymind) e della loro efficacia, delle tecniche mente-corpo (Mindfulness, training autogeno, tecniche orientali) , infine delle nuove scoperte in ambito di neuropsicologia e neuroscienze. Sono state infine analizzate le criticità e le proposte operative. È stata criticata la preparazione dei medici di base in merito alle malattie psicosomatiche e sono state analizzate efficaci e concrete proposte di formazione oltre che modelli della salute integrata. Il modello della nosografia classica incarnato dal DSM-5 è stato messo in discussione in favore di un approccio biopsicosociale incentrato sull'individualità del paziente psicosomatico incarnato dalle dimensioni e dagli strumenti DCPR. Anche la mancanza di un linguaggio comune in psicosomatica e la dispersività delle infinite etichette diagnostiche differenti è stata messa in evidenza. A questo proposito è stata evidenziata la proposta BDS e la relativa checklist.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/53595