Negli ultimi anni il tema dei cambiamenti climatici si è fatto sempre più ricorrente nell’ambiente scientifico e l’intensificarsi di fenomeni meteorologici estremi, che colpiscono anche zone del mondo tipicamente miti, come l’Europa, sta iniziando a richiamare su di sé l’attenzione che merita. Le condizioni atmosferiche del nostro pianeta lo hanno reso compatibile con il tipo di vita che conosciamo oggi solo da qualche migliaio di anni: prima, a causa, principalmente, di una diversa composizione dell’atmosfera, la Terra era molto meno ospitale di come la conosciamo oggi. Da circa undicimila anni, invece, il nostro pianeta si è stabilizzato e ha permesso lo sviluppo della vita che conosciamo. A partire dal XIX secolo, però qualcosa cambia: l’uomo, fino ad allora ospite in equilibrio con l’ecosistema terrestre, rompe tale equilibrio, introducendo, a seguito delle Rivoluzioni industriali, nuovi mezzi e strumenti che gli permettono di sovrastare, e talvolta controllare, i processi che da miliardi di anni permettevano alla natura e tutti gli ecosistemi di autoregolarsi. È nato così un nuovo modello di produzione: l’economia lineare, così chiamata perché basata sui tre assunti, take-make-dispose, ovvero estrarre-consumare-gettare, adatto a un ambiente in cui la disponibilità di risorse è infinita, ma non è questo il caso del nostro Pianeta. Dopo quasi un secolo di “superpotenza” incontrollata dell’uomo sulla natura (caratterizzata da un flusso continuo di consumo di risorse e di emissioni inquinanti in nome della produzione), infatti, questa ha iniziato a presentare il conto, mostrando, lentamente, gli effetti che ha causato questo tipo di attività umana. Sebbene il mondo della politica e di buona parte delle industrie non abbia risposto a questi segnali, il mondo accademico e scientifico ha ben presto iniziato a studiare la responsabilità dell’uomo nei cambiamenti climatici e a proporre delle alternative efficaci al modello lineare. Tra queste, quella che ad oggi sembra essere la migliore alternativa è l’Economia circolare. Questo modello, infatti, è l’unico in grado di garantire i tre benesseri fondamentali: quello ambientale, quello sociale e quello economico. Il depredamento delle risorse naturali attuato dall'umanità negli ultimi due secoli ha innescato un circolo vizioso nel mondo naturale, in cui il cambiamento climatico è solo la punta dell'iceberg, che ora minaccia la sopravvivenza di molte specie viventi, compresa quella umana. È chiaro, quindi, che il modello economico a cui siamo abituati non è più sostenibile: non lo è mai stato, ma ora il tempo a disposizione per cambiare rotta sta scadendo. Questo elaborato ha lo scopo di analizzare gli effetti di 250 anni di attività industriale dell’uomo e di illustrare le potenzialità dell’economia circolare e del perché essa sia in grado di garantire i tre benesseri fondamentali. Si fornirà poi uno sguardo sulle azioni dell’Unione Europea e dell’Italia in tema di politiche circolari e le strategie che le singole imprese possono adottare per dare vita al cambiamento. Infine, verranno analizzati alcuni casi aziendali italiani al fine di valutare le scelte del nostro Paese in ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Lo spreco che diventa risorsa: cos'è la Circular Economy e analisi di alcune esperienze circolari in Italia

LIBERALI, AGNESE
2021/2022

Abstract

Negli ultimi anni il tema dei cambiamenti climatici si è fatto sempre più ricorrente nell’ambiente scientifico e l’intensificarsi di fenomeni meteorologici estremi, che colpiscono anche zone del mondo tipicamente miti, come l’Europa, sta iniziando a richiamare su di sé l’attenzione che merita. Le condizioni atmosferiche del nostro pianeta lo hanno reso compatibile con il tipo di vita che conosciamo oggi solo da qualche migliaio di anni: prima, a causa, principalmente, di una diversa composizione dell’atmosfera, la Terra era molto meno ospitale di come la conosciamo oggi. Da circa undicimila anni, invece, il nostro pianeta si è stabilizzato e ha permesso lo sviluppo della vita che conosciamo. A partire dal XIX secolo, però qualcosa cambia: l’uomo, fino ad allora ospite in equilibrio con l’ecosistema terrestre, rompe tale equilibrio, introducendo, a seguito delle Rivoluzioni industriali, nuovi mezzi e strumenti che gli permettono di sovrastare, e talvolta controllare, i processi che da miliardi di anni permettevano alla natura e tutti gli ecosistemi di autoregolarsi. È nato così un nuovo modello di produzione: l’economia lineare, così chiamata perché basata sui tre assunti, take-make-dispose, ovvero estrarre-consumare-gettare, adatto a un ambiente in cui la disponibilità di risorse è infinita, ma non è questo il caso del nostro Pianeta. Dopo quasi un secolo di “superpotenza” incontrollata dell’uomo sulla natura (caratterizzata da un flusso continuo di consumo di risorse e di emissioni inquinanti in nome della produzione), infatti, questa ha iniziato a presentare il conto, mostrando, lentamente, gli effetti che ha causato questo tipo di attività umana. Sebbene il mondo della politica e di buona parte delle industrie non abbia risposto a questi segnali, il mondo accademico e scientifico ha ben presto iniziato a studiare la responsabilità dell’uomo nei cambiamenti climatici e a proporre delle alternative efficaci al modello lineare. Tra queste, quella che ad oggi sembra essere la migliore alternativa è l’Economia circolare. Questo modello, infatti, è l’unico in grado di garantire i tre benesseri fondamentali: quello ambientale, quello sociale e quello economico. Il depredamento delle risorse naturali attuato dall'umanità negli ultimi due secoli ha innescato un circolo vizioso nel mondo naturale, in cui il cambiamento climatico è solo la punta dell'iceberg, che ora minaccia la sopravvivenza di molte specie viventi, compresa quella umana. È chiaro, quindi, che il modello economico a cui siamo abituati non è più sostenibile: non lo è mai stato, ma ora il tempo a disposizione per cambiare rotta sta scadendo. Questo elaborato ha lo scopo di analizzare gli effetti di 250 anni di attività industriale dell’uomo e di illustrare le potenzialità dell’economia circolare e del perché essa sia in grado di garantire i tre benesseri fondamentali. Si fornirà poi uno sguardo sulle azioni dell’Unione Europea e dell’Italia in tema di politiche circolari e le strategie che le singole imprese possono adottare per dare vita al cambiamento. Infine, verranno analizzati alcuni casi aziendali italiani al fine di valutare le scelte del nostro Paese in ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/53517