La crisi del 2008, i cui effetti si avvertono ancora nella maggior parte dei paesi occidentali, presenta non pochi aspetti comuni con quella del 1929 che, fino al 2008, appunto, era considerata la peggior crisi che il capitalismo internazionale avesse mai affrontato. L'obiettivo della tesi è quello di individuare quali possono essere stati gli effetti derivanti dalla politica monetaria adottata dagli Stati nazionali europei nel periodo 1929-1939 e dall'UE in questi ultimi anni, pur tenendo conto della realtà storica decisamente diversa dei due periodi presi in considerazione. L'analisi è stata condotta attraverso l'esame di serie di dati quantitativi relativi all'andamento del Pil, dei tassi d'inflazione e di disoccupazione, della bilancia commerciale, del livello della produzione industriale, degli investimenti privati e dei consumi dei singoli paesi, messi in rapporto con le politiche monetarie da essi adottate nel corso del tempo. Per verificare l'esistenza o meno di analogie e differenze tra la crisi del 1929 e quella del 2008, si è data quindi voce a economisti che hanno vissuto in prima persona gli effetti della Grande Depressione, e ad altri che hanno confrontato quella con l'attuale crisi. Sono stati analizzati i loro studi e le loro valutazioni, nonché le loro critiche all'operato dei governi e i loro suggerimenti. L'attenzione è stata posta principalmente sull'incidenza che hanno avuto le politiche monetarie e fiscali adottate per contrastare le conseguenze delle crisi, distinguendo tra le politiche di austerità di oggi (sollecitate da un contesto globale nel quale sussiste il problema dell'insostenibilità dei debiti pubblici nazionali) e le massicce politiche pubbliche espansive del passato (attuate prima per la ricostruzione postbellica e poi per contrastare la crisi). Gold standard ed euro, nei loro rapporti con la crisi, costituiscono il punto focale dell'elaborato. Nel corso della crisi attuale, infatti, i paesi della zona euro hanno incontrato un vincolo ancora più pesante all'intervento, non potendo, qualora lo avessero voluto, mettere in atto una politica di deficit spending, se non nella misura autorizzata dall'autorità comune e, ovviamente, in presenza della moneta unica, non hanno potuto dar luogo a svalutazioni a livello nazionale. L'euro ha alla base un'unione monetaria con al vertice la Banca Centrale Europea (BCE); il gold standard, non aveva una simile istituzione e ciascun paese decideva la sua politica monetaria. L'euro fluttua rispetto alle altre valute e la BCE è tenuta a mantenere la stabilità dei prezzi non la stabilità dei cambi come accadeva, invece, per gli stati nazionali durante la crisi del 1929. Per i 17 paesi che oggi condividono la moneta unica, essa può essere pensata come un ¿nuovo gold standard¿, anche se il rapporto di cambio fisso è superato dall'esistenza di una moneta unica. Ciò che emerge è che, se da un lato euro e gold standard hanno reso difficoltosa la ripresa per le economie nazionali (specialmente nei paesi mediterranei), dall'altro i sistemi economici che nel corso della storia hanno subito maggiormente i danni delle crisi sono quelli afflitti da debolezze strutturali (in primis il debito pubblico eccessivo), che frenano drasticamente gli investimenti e la ripresa. Di conseguenza, senza forme di collaborazione e intenti comuni risulta difficile mantenere in vita sistemi monetari che penalizzano gli Stati più deboli, senza che si alimentino tra le popolazioni spinte centrifughe.

Il ruolo dei sistemi di cambio nelle crisi del 1929 e del 2008

CHIURATO, STEFANO
2016/2017

Abstract

La crisi del 2008, i cui effetti si avvertono ancora nella maggior parte dei paesi occidentali, presenta non pochi aspetti comuni con quella del 1929 che, fino al 2008, appunto, era considerata la peggior crisi che il capitalismo internazionale avesse mai affrontato. L'obiettivo della tesi è quello di individuare quali possono essere stati gli effetti derivanti dalla politica monetaria adottata dagli Stati nazionali europei nel periodo 1929-1939 e dall'UE in questi ultimi anni, pur tenendo conto della realtà storica decisamente diversa dei due periodi presi in considerazione. L'analisi è stata condotta attraverso l'esame di serie di dati quantitativi relativi all'andamento del Pil, dei tassi d'inflazione e di disoccupazione, della bilancia commerciale, del livello della produzione industriale, degli investimenti privati e dei consumi dei singoli paesi, messi in rapporto con le politiche monetarie da essi adottate nel corso del tempo. Per verificare l'esistenza o meno di analogie e differenze tra la crisi del 1929 e quella del 2008, si è data quindi voce a economisti che hanno vissuto in prima persona gli effetti della Grande Depressione, e ad altri che hanno confrontato quella con l'attuale crisi. Sono stati analizzati i loro studi e le loro valutazioni, nonché le loro critiche all'operato dei governi e i loro suggerimenti. L'attenzione è stata posta principalmente sull'incidenza che hanno avuto le politiche monetarie e fiscali adottate per contrastare le conseguenze delle crisi, distinguendo tra le politiche di austerità di oggi (sollecitate da un contesto globale nel quale sussiste il problema dell'insostenibilità dei debiti pubblici nazionali) e le massicce politiche pubbliche espansive del passato (attuate prima per la ricostruzione postbellica e poi per contrastare la crisi). Gold standard ed euro, nei loro rapporti con la crisi, costituiscono il punto focale dell'elaborato. Nel corso della crisi attuale, infatti, i paesi della zona euro hanno incontrato un vincolo ancora più pesante all'intervento, non potendo, qualora lo avessero voluto, mettere in atto una politica di deficit spending, se non nella misura autorizzata dall'autorità comune e, ovviamente, in presenza della moneta unica, non hanno potuto dar luogo a svalutazioni a livello nazionale. L'euro ha alla base un'unione monetaria con al vertice la Banca Centrale Europea (BCE); il gold standard, non aveva una simile istituzione e ciascun paese decideva la sua politica monetaria. L'euro fluttua rispetto alle altre valute e la BCE è tenuta a mantenere la stabilità dei prezzi non la stabilità dei cambi come accadeva, invece, per gli stati nazionali durante la crisi del 1929. Per i 17 paesi che oggi condividono la moneta unica, essa può essere pensata come un ¿nuovo gold standard¿, anche se il rapporto di cambio fisso è superato dall'esistenza di una moneta unica. Ciò che emerge è che, se da un lato euro e gold standard hanno reso difficoltosa la ripresa per le economie nazionali (specialmente nei paesi mediterranei), dall'altro i sistemi economici che nel corso della storia hanno subito maggiormente i danni delle crisi sono quelli afflitti da debolezze strutturali (in primis il debito pubblico eccessivo), che frenano drasticamente gli investimenti e la ripresa. Di conseguenza, senza forme di collaborazione e intenti comuni risulta difficile mantenere in vita sistemi monetari che penalizzano gli Stati più deboli, senza che si alimentino tra le popolazioni spinte centrifughe.
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