Alla base di questa analisi c'è quella che viene definita da Umberto Eco «canzone diversa»: il lavoro esamina il modo in cui alcuni cantautori italiani si sono presentati al loro pubblico, partendo da alcune considerazioni sulla figura di Bob Dylan. Anzitutto è stata presa in esame la costruzione dell'autenticità di quest'ultimo, come egli ha contribuito a farsi percepire al suo pubblico; poi, è stata osservata la percezione del sé in rapporto anche alle maschere che Bob Dylan stesso ha indossato. Il personaggio che è riuscito a creare in tutti questi anni, oltre ad aver influenzato abbondantemente generazioni a lui coeve o distanti, ha lasciato consistenti tracce nel cantautorato italiano degli anni sessanta e settanta. A tal proposito si è cercato di indagare le svariate modalità tramite le quali egli si è percepito (ed è stato percepito) autentico, rapportandole all'influenza che alcune attitudini hanno avuto sui cantautori italiani. Dopo aver tentato di definire come il ¿dylanismo¿ sia stato recepito in Italia, questo lavoro ha passato in rassegna le diverse maschere e tricks utilizzati dai cantautori italiani, soprattutto Francesco Guccini e Fabrizio De André, per cercare di comprendere quanto anch'esse siano un po' dylaniane. Ci si è soffermati principalmente su quelli che sono gli aspetti letterari di cui pare si possa trovare traccia in alcune delle composizioni di tali autori: partendo dalla figura del fool shakespeariano, si è guardato a come questi si reincarni nel joker dylaniano, nel suonatore Jones, nei personaggi circensi in genere e nel protagonista di ¿Amico fragile¿. Nell'ultimo capitolo verrà preso in esame l'uso della voce: come questa viene utilizzata da Bob Dylan e come il modo di impiegarla si sia modificato nel corso degli anni; la stessa cosa verrà fatta per Fabrizio De André. Il paragrafo finale di questo lavoro è tutto dedicato all'album Crêuza de mä che sembra essere quello ¿maggiormente cantato¿ della sua carriera. L'approccio utilizzato è stato quello di studio del testo con relative corrispondenze e reti di parallelismi di cui è possibile trovare traccia tra alcuni brani di Bob Dylan e altri di Guccini e De André, cercando di evitare una semplice analisi dei testi delle canzoni prese in considerazione.

Bob Dylan e i cantautori italiani: autenticità, maschere e voce

MARCANTONIO, ILARIA
2016/2017

Abstract

Alla base di questa analisi c'è quella che viene definita da Umberto Eco «canzone diversa»: il lavoro esamina il modo in cui alcuni cantautori italiani si sono presentati al loro pubblico, partendo da alcune considerazioni sulla figura di Bob Dylan. Anzitutto è stata presa in esame la costruzione dell'autenticità di quest'ultimo, come egli ha contribuito a farsi percepire al suo pubblico; poi, è stata osservata la percezione del sé in rapporto anche alle maschere che Bob Dylan stesso ha indossato. Il personaggio che è riuscito a creare in tutti questi anni, oltre ad aver influenzato abbondantemente generazioni a lui coeve o distanti, ha lasciato consistenti tracce nel cantautorato italiano degli anni sessanta e settanta. A tal proposito si è cercato di indagare le svariate modalità tramite le quali egli si è percepito (ed è stato percepito) autentico, rapportandole all'influenza che alcune attitudini hanno avuto sui cantautori italiani. Dopo aver tentato di definire come il ¿dylanismo¿ sia stato recepito in Italia, questo lavoro ha passato in rassegna le diverse maschere e tricks utilizzati dai cantautori italiani, soprattutto Francesco Guccini e Fabrizio De André, per cercare di comprendere quanto anch'esse siano un po' dylaniane. Ci si è soffermati principalmente su quelli che sono gli aspetti letterari di cui pare si possa trovare traccia in alcune delle composizioni di tali autori: partendo dalla figura del fool shakespeariano, si è guardato a come questi si reincarni nel joker dylaniano, nel suonatore Jones, nei personaggi circensi in genere e nel protagonista di ¿Amico fragile¿. Nell'ultimo capitolo verrà preso in esame l'uso della voce: come questa viene utilizzata da Bob Dylan e come il modo di impiegarla si sia modificato nel corso degli anni; la stessa cosa verrà fatta per Fabrizio De André. Il paragrafo finale di questo lavoro è tutto dedicato all'album Crêuza de mä che sembra essere quello ¿maggiormente cantato¿ della sua carriera. L'approccio utilizzato è stato quello di studio del testo con relative corrispondenze e reti di parallelismi di cui è possibile trovare traccia tra alcuni brani di Bob Dylan e altri di Guccini e De André, cercando di evitare una semplice analisi dei testi delle canzoni prese in considerazione.
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