L’art. 5 della Costituzione Italiana recita: La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento. Con questo articolo si definisce con fermezza il carattere unitario dello Stato Italiano, ponendo però allo stesso tempo l’accento su necessità di decentramento e di sostegno delle autonomie locali. Questo alla luce delle profonde differenze di carattere storico, politico ed economico che hanno sempre caratterizzato il territorio della Repubblica. L’Assemblea Costituente inoltre, con la ripartizione dello Stato in Regioni, Provincie e Comuni, dispose un certo grado di autonomia finanziaria in favore delle Regioni. Con “l’originario” l’art. 119 veniva sancita una “…autonomia finanziaria nelle forme e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica, che la coordinano con la finanza dello Stato, delle Province e dei Comuni. Alle Regioni sono attribuiti tributi propri e quote di tributi erariali in relazione ai bisogni delle Regioni per le spese necessarie ad adempiere le loro funzioni normali”. Le norme definite nel Titolo V della Costituzione rimasero però perlopiù non attuate. In primis infatti occorre ricordare che le Regioni a statuto ordinario vennero istituite solo negli anni Settanta ed inoltre fino alla fine degli anni Ottanta il sistema fiscale rimaneva improntato ad un modello centralizzato, con la previsione di accentramento del prelievo fiscale in capo allo Stato e il finanziamento degli Enti locali gestito per intero mediante trasferimenti statali. Il cammino verso una riforma dell’autonomia finanziaria degli Enti territoriali interviene solamente negli anni Novanta. Il primo provvedimento che è degno di essere citato è la cosiddetta Riforma Bassanini del 1997, la quale diede avvio al “federalismo amministrativo” e successivamente la riforma del Titolo V, parte II, della Costituzione con la Legge 3/2001. Esaminando in breve l’evoluzione normativa relativa alla finanza locale occorre tornare alla fine del secondo conflitto mondiale quando l’Assemblea Costituente propose i nuovi fondamenti della Repubblica. Con la collaborazione di alcune commissioni di esperti vennero esaminati molteplici problemi di finanza locale e questioni rispetto all’ordinamento allora vigente, quali la molteplicità dei tributi e la mancanza di coordinamento degli stessi, insufficienza di entrate ordinarie a copertura di spese obbligatorie, ineguale distribuzione della pressione tributaria locale, ecc… Si evidenziò inoltre la crisi finanziaria degli Enti Locali e la criticità rispetto alla ripartizione di funzioni e poteri tra Stato ed Enti territoriali, orientandosi verso il principio di unitarietà della finanza pubblica.

PEREQUAZIONE DELLA FISCALITA’ LOCALE ALLA LUCE DELLA SOTTOSCRIZIONE DEL “PATTO PER TORINO”

GENTINI, ELISA
2021/2022

Abstract

L’art. 5 della Costituzione Italiana recita: La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento. Con questo articolo si definisce con fermezza il carattere unitario dello Stato Italiano, ponendo però allo stesso tempo l’accento su necessità di decentramento e di sostegno delle autonomie locali. Questo alla luce delle profonde differenze di carattere storico, politico ed economico che hanno sempre caratterizzato il territorio della Repubblica. L’Assemblea Costituente inoltre, con la ripartizione dello Stato in Regioni, Provincie e Comuni, dispose un certo grado di autonomia finanziaria in favore delle Regioni. Con “l’originario” l’art. 119 veniva sancita una “…autonomia finanziaria nelle forme e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica, che la coordinano con la finanza dello Stato, delle Province e dei Comuni. Alle Regioni sono attribuiti tributi propri e quote di tributi erariali in relazione ai bisogni delle Regioni per le spese necessarie ad adempiere le loro funzioni normali”. Le norme definite nel Titolo V della Costituzione rimasero però perlopiù non attuate. In primis infatti occorre ricordare che le Regioni a statuto ordinario vennero istituite solo negli anni Settanta ed inoltre fino alla fine degli anni Ottanta il sistema fiscale rimaneva improntato ad un modello centralizzato, con la previsione di accentramento del prelievo fiscale in capo allo Stato e il finanziamento degli Enti locali gestito per intero mediante trasferimenti statali. Il cammino verso una riforma dell’autonomia finanziaria degli Enti territoriali interviene solamente negli anni Novanta. Il primo provvedimento che è degno di essere citato è la cosiddetta Riforma Bassanini del 1997, la quale diede avvio al “federalismo amministrativo” e successivamente la riforma del Titolo V, parte II, della Costituzione con la Legge 3/2001. Esaminando in breve l’evoluzione normativa relativa alla finanza locale occorre tornare alla fine del secondo conflitto mondiale quando l’Assemblea Costituente propose i nuovi fondamenti della Repubblica. Con la collaborazione di alcune commissioni di esperti vennero esaminati molteplici problemi di finanza locale e questioni rispetto all’ordinamento allora vigente, quali la molteplicità dei tributi e la mancanza di coordinamento degli stessi, insufficienza di entrate ordinarie a copertura di spese obbligatorie, ineguale distribuzione della pressione tributaria locale, ecc… Si evidenziò inoltre la crisi finanziaria degli Enti Locali e la criticità rispetto alla ripartizione di funzioni e poteri tra Stato ed Enti territoriali, orientandosi verso il principio di unitarietà della finanza pubblica.
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