Questo lavoro parte da quella che sembra un'evidenza: la crisi dell'istruzione. Ne parlano insegnanti sfiduciati, studenti svogliati, demoralizzati; lo confermano i frequenti tagli che, proprio alle istituzioni scolastiche, vengono attuati dalla politica. Nel momento in cui, però, si tratta di giustificare o contraddire tali affermazioni, specialmente dal punto di vista teorico, non si sa da dove cominciare: si mescolano pregiudizi, luoghi comuni, verità parziali, proprio perché il fenomeno è di una complessità difficilmente riducibile e merita uno sguardo più approfondito e che ne consideri più di un aspetto. Non si intende, in questo luogo, esaurire certo la questione; ma ci si propone, per lo meno, di affrontare alcune delle tematiche che interessano una delle figure più importanti della scuola: l’insegnante. La parte iniziale, quindi, è dedicata a fare chiarezza innanzitutto per quanto concerne la definizione di scuola, descrivendone dapprima la fisionomia – passata e attuale – per illustrarne poi la crisi e fotografare l’orizzonte culturale motivato da nuove istanze politico-economiche che ha favorito l’affermazione di un nuovo paradigma efficientistico declinato nel modello della scuola “efficace”. La seconda parte è invece dedicata alla domanda fondante, costitutiva, imprescindibile della faccenda: a che cosa serve, se serve, la scuola? Piuttosto che fornire una risposta definitiva e risolutiva alla cruciale domanda, vengono presentate le principali risposte che nel tempo, implicitamente o meno, sono state date, e ne vengono esposti punti di forza e criticità, mostrando come talvolta sia opportuna una loro sintesi che possa compensare le mancanze di ciascuna. Accanto alla posizione – prevalente, potremmo dire – di chi vede nella scuola principalmente uno strumento per generare benefici economici e, solo di conseguenza, sociali, viene posta quella di chi considera invece il legame tra la scuola e la società praticamente indissolubile, se non proprio inteso come condizione di esistenza della prima in funzione della seconda. Istruzione per il profitto e istruzione per la buona cittadinanza: due tesi che sembrano quasi in conflitto o, per lo meno, tra le quali sembra necessario scegliere, che vengono tenute insieme da una profonda riflessione sulla cultura umanistica e sulla letteratura: è Martha Nussbaum a sottolineare l’importanza della scuola in vista non di una società qualsiasi, ma di una società democratica, che sebbene non escluda – e anzi, necessiti di – una fiorente economia, non può favorirla a discapito dei valori democratici che, come in un percorso circolare, soli possono garantirla. Poiché la prospettiva filosofica da cui si intende guardare alla questione, prima di esaminare le diverse forme di scuola immaginate o realizzate, prima di misurarsi con i cambiamenti in corso e con quelli più o meno auspicabili, prevede necessariamente una riflessione più a monte, una riflessione svolta prima di qualsiasi esperimento e proposta, nell'ultima parte si apre - grazie alle profonde riflessioni di diversi autori - una più ampia riflessione circa il valore inestimabile di ciò di cui la scuola non può fare a meno: i suoi insegnanti e le sue ore di lezione.
Un'ora di lezione può cambiare una vita. Dalla crisi dell'istruzione al "mestiere impossibile"
POSTIGLIONE, CECILIA
2022/2023
Abstract
Questo lavoro parte da quella che sembra un'evidenza: la crisi dell'istruzione. Ne parlano insegnanti sfiduciati, studenti svogliati, demoralizzati; lo confermano i frequenti tagli che, proprio alle istituzioni scolastiche, vengono attuati dalla politica. Nel momento in cui, però, si tratta di giustificare o contraddire tali affermazioni, specialmente dal punto di vista teorico, non si sa da dove cominciare: si mescolano pregiudizi, luoghi comuni, verità parziali, proprio perché il fenomeno è di una complessità difficilmente riducibile e merita uno sguardo più approfondito e che ne consideri più di un aspetto. Non si intende, in questo luogo, esaurire certo la questione; ma ci si propone, per lo meno, di affrontare alcune delle tematiche che interessano una delle figure più importanti della scuola: l’insegnante. La parte iniziale, quindi, è dedicata a fare chiarezza innanzitutto per quanto concerne la definizione di scuola, descrivendone dapprima la fisionomia – passata e attuale – per illustrarne poi la crisi e fotografare l’orizzonte culturale motivato da nuove istanze politico-economiche che ha favorito l’affermazione di un nuovo paradigma efficientistico declinato nel modello della scuola “efficace”. La seconda parte è invece dedicata alla domanda fondante, costitutiva, imprescindibile della faccenda: a che cosa serve, se serve, la scuola? Piuttosto che fornire una risposta definitiva e risolutiva alla cruciale domanda, vengono presentate le principali risposte che nel tempo, implicitamente o meno, sono state date, e ne vengono esposti punti di forza e criticità, mostrando come talvolta sia opportuna una loro sintesi che possa compensare le mancanze di ciascuna. Accanto alla posizione – prevalente, potremmo dire – di chi vede nella scuola principalmente uno strumento per generare benefici economici e, solo di conseguenza, sociali, viene posta quella di chi considera invece il legame tra la scuola e la società praticamente indissolubile, se non proprio inteso come condizione di esistenza della prima in funzione della seconda. Istruzione per il profitto e istruzione per la buona cittadinanza: due tesi che sembrano quasi in conflitto o, per lo meno, tra le quali sembra necessario scegliere, che vengono tenute insieme da una profonda riflessione sulla cultura umanistica e sulla letteratura: è Martha Nussbaum a sottolineare l’importanza della scuola in vista non di una società qualsiasi, ma di una società democratica, che sebbene non escluda – e anzi, necessiti di – una fiorente economia, non può favorirla a discapito dei valori democratici che, come in un percorso circolare, soli possono garantirla. Poiché la prospettiva filosofica da cui si intende guardare alla questione, prima di esaminare le diverse forme di scuola immaginate o realizzate, prima di misurarsi con i cambiamenti in corso e con quelli più o meno auspicabili, prevede necessariamente una riflessione più a monte, una riflessione svolta prima di qualsiasi esperimento e proposta, nell'ultima parte si apre - grazie alle profonde riflessioni di diversi autori - una più ampia riflessione circa il valore inestimabile di ciò di cui la scuola non può fare a meno: i suoi insegnanti e le sue ore di lezione.File | Dimensione | Formato | |
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