Questo lavoro di tesi rientra nell'ambito dell'imaging quantistico, che comprende tutte le tecniche e i protocolli che sfruttano correlazioni quantistiche per ricostruire l'immagine di un oggetto offrendo la possibilità di superare i limiti dei sistemi convenzionali nella risoluzione e nel rapporto segnale rumore (SNR) dell'immagine. Il Ghost Imaging (GI) quantistico, teorizzato e verificato sperimentalmente negli anni '90, è uno di questi protocolli. Si tratta di una tecnica di imaging che sfrutta correlazioni ottiche tra due fasci di luce per ricostruire il profilo trasmissivo di un oggetto senza averne acquisito un'immagine spazialmente risolta. Queste correlazioni vengono generalmente create tramite il processo quantistico di spontaneous parametric down conversion (SDPC), ma gli stessi risultati possono essere ottenuti anche tramite l'utilizzo di correlazioni classiche, sebbene con una visibilità ed un rapporto segnale-rumore ridotti. Sia nel caso di correlazioni classiche che quantistiche il GI risulta particolarmente interessante in svariate situazioni reali, tra cui le situazioni in cui l'oggetto si trovi immerso in un mezzo particolarmente torbido o diffusivo. Tuttavia, il regime quantistico, assicura ulteriori vantaggi. Uno di questi è offerto dalla possibilità di utilizzare lunghezze d'onda diverse per i due fasci correlati; l'oggetto può quindi essere sondato con una lunghezza d'onda diversa da quella rilevata dal rivelatore con risoluzione spaziale, rendendo questa tecnica particolarmente interessante quando si ha a che fare con oggetti biologici che potrebbero essere danneggiati se colpiti a certe lunghezze d'onda. Il GI, tuttavia, ha dei limiti quando si tenta di ricostruire oggetti molto piccoli o poco contrastati: in questi casi, il rapporto segnale-rumore (SNR) risulta infatti estremamente basso e l'immagine spesso indistinguibile dal fondo. Negli anni sono state proposte diverse varianti del GI, tra cui il cosiddetto Differential Ghost Imaging (DGI), realizzato per la prima volta con luce classica, per venire incontro ai limiti di cui sopra, raggiungendo in alcuni casi valori di SRN di diversi ordini di grandezza superiori rispetto al GI. In questo lavoro di tesi si introduce il DGI con luce quantistica, di cui viene sviluppato un modello che tenga conto delle imperfezioni sperimentali, tra cui l'efficienza di rivelazione e il rumore di fondo. Tali imperfezioni risultano però particolarmente significative nel regime di basso numero di fotoni per modo, per cui si è sviluppato anche un nuovo protocollo ottimizzato (ODGI), proposto in questa tesi, che compensi parzialmente le imperfezioni sperimentali, utile in quelle situazioni in cui sia necessario mantenere basso il flusso di fotoni, senza però rinunciare ai vantaggi offerti dal DGI nella ricostruzione di oggetti piccoli e poco contrastati. Il modello viene verificato sperimentalmente: si utilizza luce SPCD e ci si mantiene nel regime di basso numero di fotoni per modo, in cui il protocollo ODGI presenta il maggiore vantaggio. I dati sperimentali raccolti vengono elaborati e confrontati con le curve previste dai modelli teorici per l'andamento di SNR in funzione dei parametri sperimentali. Infine, data l'importanza di tali protocolli nell'ambito biologico, si è realizzata la ricostruzione di un oggetto biologico.

Differential Ghost Imaging quantistico ed ottimizzazione

SAMBATARO, OLGA
2018/2019

Abstract

Questo lavoro di tesi rientra nell'ambito dell'imaging quantistico, che comprende tutte le tecniche e i protocolli che sfruttano correlazioni quantistiche per ricostruire l'immagine di un oggetto offrendo la possibilità di superare i limiti dei sistemi convenzionali nella risoluzione e nel rapporto segnale rumore (SNR) dell'immagine. Il Ghost Imaging (GI) quantistico, teorizzato e verificato sperimentalmente negli anni '90, è uno di questi protocolli. Si tratta di una tecnica di imaging che sfrutta correlazioni ottiche tra due fasci di luce per ricostruire il profilo trasmissivo di un oggetto senza averne acquisito un'immagine spazialmente risolta. Queste correlazioni vengono generalmente create tramite il processo quantistico di spontaneous parametric down conversion (SDPC), ma gli stessi risultati possono essere ottenuti anche tramite l'utilizzo di correlazioni classiche, sebbene con una visibilità ed un rapporto segnale-rumore ridotti. Sia nel caso di correlazioni classiche che quantistiche il GI risulta particolarmente interessante in svariate situazioni reali, tra cui le situazioni in cui l'oggetto si trovi immerso in un mezzo particolarmente torbido o diffusivo. Tuttavia, il regime quantistico, assicura ulteriori vantaggi. Uno di questi è offerto dalla possibilità di utilizzare lunghezze d'onda diverse per i due fasci correlati; l'oggetto può quindi essere sondato con una lunghezza d'onda diversa da quella rilevata dal rivelatore con risoluzione spaziale, rendendo questa tecnica particolarmente interessante quando si ha a che fare con oggetti biologici che potrebbero essere danneggiati se colpiti a certe lunghezze d'onda. Il GI, tuttavia, ha dei limiti quando si tenta di ricostruire oggetti molto piccoli o poco contrastati: in questi casi, il rapporto segnale-rumore (SNR) risulta infatti estremamente basso e l'immagine spesso indistinguibile dal fondo. Negli anni sono state proposte diverse varianti del GI, tra cui il cosiddetto Differential Ghost Imaging (DGI), realizzato per la prima volta con luce classica, per venire incontro ai limiti di cui sopra, raggiungendo in alcuni casi valori di SRN di diversi ordini di grandezza superiori rispetto al GI. In questo lavoro di tesi si introduce il DGI con luce quantistica, di cui viene sviluppato un modello che tenga conto delle imperfezioni sperimentali, tra cui l'efficienza di rivelazione e il rumore di fondo. Tali imperfezioni risultano però particolarmente significative nel regime di basso numero di fotoni per modo, per cui si è sviluppato anche un nuovo protocollo ottimizzato (ODGI), proposto in questa tesi, che compensi parzialmente le imperfezioni sperimentali, utile in quelle situazioni in cui sia necessario mantenere basso il flusso di fotoni, senza però rinunciare ai vantaggi offerti dal DGI nella ricostruzione di oggetti piccoli e poco contrastati. Il modello viene verificato sperimentalmente: si utilizza luce SPCD e ci si mantiene nel regime di basso numero di fotoni per modo, in cui il protocollo ODGI presenta il maggiore vantaggio. I dati sperimentali raccolti vengono elaborati e confrontati con le curve previste dai modelli teorici per l'andamento di SNR in funzione dei parametri sperimentali. Infine, data l'importanza di tali protocolli nell'ambito biologico, si è realizzata la ricostruzione di un oggetto biologico.
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