Torino, 13 aprile 2019. In Piazza della Repubblica, nel quartiere di Porta Palazzo, si inaugura la nuova sede del Mercato Centrale, contenitore di ristoranti d'eccellenza, da 4500 metri quadrati. L'obiettivo che Mercato Centrale si prefigge è quello di ¿restituire¿ il luogo ¿ intendendo non solo la struttura che lo ospita, ma l'intera zona - alla cittadinanza. L'area in questione si colloca sul margine del centro storico, appena fuori dalle antiche Porte Palatine - da cui prende il nome - e ha sofferto, dagli anni Settanta del Novecento, di quello che può definirsi stigma territoriale. Negli anni Novanta, complice l'ondata di migrazione extra-europea verso i paesi così detti ¿occidentali¿, la zona viene consacrata definitivamente dalla stampa come il principale quartiere-ghetto di Torino, identificato nel termine fortemente ¿etnicizzato¿ di qasbah. Ma è proprio in questo momento storico, per mezzo di un grande progetto di riqualificazione dell'area, inserito nell'ottica più ampia di re-branding dell'immagine della città sabauda, che la zona di Porta Pila, questo il nome in piemontese, vede affacciarsi nuovi scenari: la sua anima multietnica che destava tanto scalpore, per non dire scandalo, diventa un'opportunità di sviluppo. È l'inizio di un ventennio di progetti di rigenerazione urbana che si pongono l'obiettivo, attraverso vari livelli d'azione - cruciale quello della ri-narrazione - di espungere il cattivo passato per conferire un radioso futuro a questa zona della città, che si candida a diventare un nuovo centro pulsante della vita cittadina, nell'ottica della ¿messa a valore¿ di uno spazio svalutato, in chiave estetizzante e patrimonializzante (Boltanski ed Esquerre 2017), attraverso una ridefinizione delle sue ¿atmosfere¿ (Böhme 2010). La parte etnografica della mia ricerca si propone di indagare, all'interno del contesto territoriale di un quartiere multi-etnico in via di riqualificazione, quali siano, all'interno della ¿messa in scena urbana¿, le rappresentazioni dell'¿altro¿ ¿ e di conseguenza di sé - che popolano l'immaginario dei residenti italiani. A livello metodologico mi sono avvalsa dell'osservazione partecipante, e ciò mi ha permesso di non concepire le categorie individuate in termini assoluti, ma fortemente dinamici: come ho potuto constatare, le prerogative associate, in linea generale, all'uno o all'altro gruppo spesso si sono intrecciate, e in alcuni casi sovrapposte. Ho concepito i ¿bianchi multiculturali¿ e i ¿bianchi spaventati¿ come due sistemi aperti, esposti a contaminazioni e contraddizioni interne. Mi sono interessata di come, partendo da questa eterogeneità di posizionamento degli individui, esplicitata anche all'interno di comitati o associazioni afferenti all'uno o all'altro gruppo, avvenisse il processo di determinazione di una posizione condivisa all'interno del sistema più ampio del quartiere, in termini di immagine e rappresentazione.

White Porta Palazzo: Costruzione e significati della bianchezza nella riqualificazione di un quartiere multiculturale torinese

LA TORRE, SILVIA
2017/2018

Abstract

Torino, 13 aprile 2019. In Piazza della Repubblica, nel quartiere di Porta Palazzo, si inaugura la nuova sede del Mercato Centrale, contenitore di ristoranti d'eccellenza, da 4500 metri quadrati. L'obiettivo che Mercato Centrale si prefigge è quello di ¿restituire¿ il luogo ¿ intendendo non solo la struttura che lo ospita, ma l'intera zona - alla cittadinanza. L'area in questione si colloca sul margine del centro storico, appena fuori dalle antiche Porte Palatine - da cui prende il nome - e ha sofferto, dagli anni Settanta del Novecento, di quello che può definirsi stigma territoriale. Negli anni Novanta, complice l'ondata di migrazione extra-europea verso i paesi così detti ¿occidentali¿, la zona viene consacrata definitivamente dalla stampa come il principale quartiere-ghetto di Torino, identificato nel termine fortemente ¿etnicizzato¿ di qasbah. Ma è proprio in questo momento storico, per mezzo di un grande progetto di riqualificazione dell'area, inserito nell'ottica più ampia di re-branding dell'immagine della città sabauda, che la zona di Porta Pila, questo il nome in piemontese, vede affacciarsi nuovi scenari: la sua anima multietnica che destava tanto scalpore, per non dire scandalo, diventa un'opportunità di sviluppo. È l'inizio di un ventennio di progetti di rigenerazione urbana che si pongono l'obiettivo, attraverso vari livelli d'azione - cruciale quello della ri-narrazione - di espungere il cattivo passato per conferire un radioso futuro a questa zona della città, che si candida a diventare un nuovo centro pulsante della vita cittadina, nell'ottica della ¿messa a valore¿ di uno spazio svalutato, in chiave estetizzante e patrimonializzante (Boltanski ed Esquerre 2017), attraverso una ridefinizione delle sue ¿atmosfere¿ (Böhme 2010). La parte etnografica della mia ricerca si propone di indagare, all'interno del contesto territoriale di un quartiere multi-etnico in via di riqualificazione, quali siano, all'interno della ¿messa in scena urbana¿, le rappresentazioni dell'¿altro¿ ¿ e di conseguenza di sé - che popolano l'immaginario dei residenti italiani. A livello metodologico mi sono avvalsa dell'osservazione partecipante, e ciò mi ha permesso di non concepire le categorie individuate in termini assoluti, ma fortemente dinamici: come ho potuto constatare, le prerogative associate, in linea generale, all'uno o all'altro gruppo spesso si sono intrecciate, e in alcuni casi sovrapposte. Ho concepito i ¿bianchi multiculturali¿ e i ¿bianchi spaventati¿ come due sistemi aperti, esposti a contaminazioni e contraddizioni interne. Mi sono interessata di come, partendo da questa eterogeneità di posizionamento degli individui, esplicitata anche all'interno di comitati o associazioni afferenti all'uno o all'altro gruppo, avvenisse il processo di determinazione di una posizione condivisa all'interno del sistema più ampio del quartiere, in termini di immagine e rappresentazione.
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