La schizofrenia è un disturbo mentale cronico, spesso invalidante, che colpisce circa l’1% della popolazione mondiale nel corso della vita (Insel, 2010). È caratterizzata da una molteplicità di sintomi che interessano la maggior parte degli aspetti della cognizione, delle emozioni e del comportamento umano (Andreasen, 1997) ed è definita una sindrome, ossia un insieme di segni, sintomi ed esiti che si verificano insieme e formano un modello riconoscibile (Andreasen, 1991). La ricerca ha identificato una serie di marcatori biologici associati al disturbo, tra cui disfunzioni neurocognitive, dismorfologia cerebrale e anomalie neurochimiche. Tuttavia, l’esistenza di una specifica malattia cerebrale alla base della schizofrenia rimane un’ipotesi (Jablensky, 2022). L’invecchiamento fisiologico è generalmente accompagnato da un declino di molteplici abilità cognitive, ma le traiettorie presentano sostanziali differenze individuali (Stern et al., 2019). Per tale ragione, i concetti di riserva cognitiva e di riserva cerebrale si sono rivelati particolarmente esplicativi dal momento in cui, nel corso dei secoli scorsi, si è riscontrata una mancanza di legame diretto tra il grado di patologia e le conseguenti manifestazioni cliniche. Da diversi studi è infatti emerso che entrambi i costrutti, grazie all'influenza di fattori quali l’intelligenza, il livello di istruzione e le attività svolte nel tempo libero) mediano l’impatto della malattia sulle prestazioni cognitive, sulle abilità sociali e soprattutto sulla qualità della vita (Buonocore et al., 2022). La disfunzione cognitiva è una delle caratteristiche principali della schizofrenia dato che è presente in oltre l’80% dei pazienti e può essere un importante fattore predittivo delle compromissioni occupazionali e funzionali (Bora et al., 2014). Nel corso della valutazione neuropsicologica, nello specifico della valutazione cognitiva, in pazienti con Disturbi dello Spettro della Schizofrenia (DSS), emergono differenti deficit cognitivi. Gli aspetti neurocognitivi maggiormente compromessi vengono valutati attraverso diversi compiti e sono la cognizione sociale, percezione (backward masking), attenzione (Continuous Performance Test e Trial Making Test), percezione (sensory gating o abituazione), compiti visuo-motori (Smooth Pursuit Eye Movements) e memoria di lavoro. Per ciò che concerne i trattamenti, quelli farmacologici sono stati ampiamente utilizzati, ma ci sono poche prove che tali metodi abbiano migliorato sostanzialmente i risultati per la maggior parte delle persone affette da schizofrenia (Insel, 2010). Diverso, invece, risulta essere il ruolo dei trattamenti riabilitativi. Pertanto, si rivelano di fondamentale importanza i training cognitivi, la stimolazione cognitiva, le stimolazioni cerebrali non invasive (NIBS) e, in ultima analisi, i differenti trattamenti specifici per i sintomi positivi e negativi. In conclusione possiamo affermare che se per svariati decenni l’obiettivo generale è consistito nell’isolare il malato e relegarlo ai margini della società, oggi il panorama è radicalmente cambiato, lasciando spazio all'inclusione del 'diverso', con il conseguente abbandono dello stigma.

Aspetti neurocognitivi nel paziente schizofrenico cronico e prospettive riabilitative

GORIA, ALESSANDRA
2022/2023

Abstract

La schizofrenia è un disturbo mentale cronico, spesso invalidante, che colpisce circa l’1% della popolazione mondiale nel corso della vita (Insel, 2010). È caratterizzata da una molteplicità di sintomi che interessano la maggior parte degli aspetti della cognizione, delle emozioni e del comportamento umano (Andreasen, 1997) ed è definita una sindrome, ossia un insieme di segni, sintomi ed esiti che si verificano insieme e formano un modello riconoscibile (Andreasen, 1991). La ricerca ha identificato una serie di marcatori biologici associati al disturbo, tra cui disfunzioni neurocognitive, dismorfologia cerebrale e anomalie neurochimiche. Tuttavia, l’esistenza di una specifica malattia cerebrale alla base della schizofrenia rimane un’ipotesi (Jablensky, 2022). L’invecchiamento fisiologico è generalmente accompagnato da un declino di molteplici abilità cognitive, ma le traiettorie presentano sostanziali differenze individuali (Stern et al., 2019). Per tale ragione, i concetti di riserva cognitiva e di riserva cerebrale si sono rivelati particolarmente esplicativi dal momento in cui, nel corso dei secoli scorsi, si è riscontrata una mancanza di legame diretto tra il grado di patologia e le conseguenti manifestazioni cliniche. Da diversi studi è infatti emerso che entrambi i costrutti, grazie all'influenza di fattori quali l’intelligenza, il livello di istruzione e le attività svolte nel tempo libero) mediano l’impatto della malattia sulle prestazioni cognitive, sulle abilità sociali e soprattutto sulla qualità della vita (Buonocore et al., 2022). La disfunzione cognitiva è una delle caratteristiche principali della schizofrenia dato che è presente in oltre l’80% dei pazienti e può essere un importante fattore predittivo delle compromissioni occupazionali e funzionali (Bora et al., 2014). Nel corso della valutazione neuropsicologica, nello specifico della valutazione cognitiva, in pazienti con Disturbi dello Spettro della Schizofrenia (DSS), emergono differenti deficit cognitivi. Gli aspetti neurocognitivi maggiormente compromessi vengono valutati attraverso diversi compiti e sono la cognizione sociale, percezione (backward masking), attenzione (Continuous Performance Test e Trial Making Test), percezione (sensory gating o abituazione), compiti visuo-motori (Smooth Pursuit Eye Movements) e memoria di lavoro. Per ciò che concerne i trattamenti, quelli farmacologici sono stati ampiamente utilizzati, ma ci sono poche prove che tali metodi abbiano migliorato sostanzialmente i risultati per la maggior parte delle persone affette da schizofrenia (Insel, 2010). Diverso, invece, risulta essere il ruolo dei trattamenti riabilitativi. Pertanto, si rivelano di fondamentale importanza i training cognitivi, la stimolazione cognitiva, le stimolazioni cerebrali non invasive (NIBS) e, in ultima analisi, i differenti trattamenti specifici per i sintomi positivi e negativi. In conclusione possiamo affermare che se per svariati decenni l’obiettivo generale è consistito nell’isolare il malato e relegarlo ai margini della società, oggi il panorama è radicalmente cambiato, lasciando spazio all'inclusione del 'diverso', con il conseguente abbandono dello stigma.
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