In una società come la nostra, in cui i bisogni e le preoccupazioni delle persone evolvono rapidamente verso nuovi paradigmi di relazione con se stessi e con gli altri; in cui non è più possibile fare riferimento alle grandi meta-rappresentazioni della vita, in grado di contenere il malessere quotidiano a cui tutti siamo esposti; in cui l'imponente sviluppo tecnologico dei servizi offerti al cittadino promuove aspettative sempre più elevate di benessere, emergono nuove figure professionali che cercano di inserirsi negli spazi lasciati vuoti dalle precedenti generazioni di professionisti, con lo scopo di rispondere in maniera più adeguata a ciò che la comunità chiede. È in questo panorama di cambiamento che si sviluppa la disciplina del counseling nell'ambito della psicologia e del suo impiego nei servizi sociali e sanitari. Con il rovesciamento del paradigma medico, dove la psicoterapia rappresenta un intervento secondario da interpretare come ¿riparazione¿ del danno, il counseling focalizza la sua attenzione e le sue tecniche sulla natura preventiva dell'intervento psicologico e sulla necessità di fornire assistenza a quelle persone che rischiano di sviluppare un disturbo psicopatologico ma che, di fatto, non ce l'hanno ancora. Il focus sulla prevenzione, l'attenzione al benessere psicologico dell'individuo piuttosto che al suo malessere, la valorizzazione delle risorse personali a disposizione del soggetto rispetto all'intervento tecnico del terapeuta, fanno del counseling una declinazione dell'intervento psicologico particolarmente adatta ad essere impiegata nei servizi sanitari e sociali di prevenzione, rappresentati dai primi livelli di assistenza sanitaria sul territorio, a cui il cittadino accede quotidianamente. L'intervento di counseling, fin dalla sua nascita, è andato allora raffinandosi e perfezionandosi in numerosi contesti europei, in cui ha trovato impiego in specifici settori dell'assistenza sanitaria, come in Gran Bretagna. Anche oltreoceano, come negli Stati Uniti, il counseling si è sviluppato fino a diventare una professione riconosciuta e regolamentata, distinta dallo psicologo nonostante le affinità con le tecniche e l'attività di quest'ultimo. In Italia, oggi, il counseling è inserito nell'elenco delle professioni non regolamentate e questo non permette di intenderlo come una declinazione del lavoro psicologico né di impiegarlo, con le necessarie garanzie etiche e deontologiche, in quei contesti a rischio o di prima assistenza al cittadino, come lo studio del medico di base. Lo sfondo della mancata regolamentazione del counseling in Italia è un aspro dibattito tra le comunità di counselors e psicologi, dove questi ultimi ritengono (secondo noi ragionevolmente) che l'attività di counselor, così come viene erogata allo stato attuale, rappresenta un esercizio abusivo della professione di psicologo.

INTERVENTI DI COUNSELING NELLA PSICOLOGIA DI CURE PRIMARIE

CICCARELLI, DAVIDE
2018/2019

Abstract

In una società come la nostra, in cui i bisogni e le preoccupazioni delle persone evolvono rapidamente verso nuovi paradigmi di relazione con se stessi e con gli altri; in cui non è più possibile fare riferimento alle grandi meta-rappresentazioni della vita, in grado di contenere il malessere quotidiano a cui tutti siamo esposti; in cui l'imponente sviluppo tecnologico dei servizi offerti al cittadino promuove aspettative sempre più elevate di benessere, emergono nuove figure professionali che cercano di inserirsi negli spazi lasciati vuoti dalle precedenti generazioni di professionisti, con lo scopo di rispondere in maniera più adeguata a ciò che la comunità chiede. È in questo panorama di cambiamento che si sviluppa la disciplina del counseling nell'ambito della psicologia e del suo impiego nei servizi sociali e sanitari. Con il rovesciamento del paradigma medico, dove la psicoterapia rappresenta un intervento secondario da interpretare come ¿riparazione¿ del danno, il counseling focalizza la sua attenzione e le sue tecniche sulla natura preventiva dell'intervento psicologico e sulla necessità di fornire assistenza a quelle persone che rischiano di sviluppare un disturbo psicopatologico ma che, di fatto, non ce l'hanno ancora. Il focus sulla prevenzione, l'attenzione al benessere psicologico dell'individuo piuttosto che al suo malessere, la valorizzazione delle risorse personali a disposizione del soggetto rispetto all'intervento tecnico del terapeuta, fanno del counseling una declinazione dell'intervento psicologico particolarmente adatta ad essere impiegata nei servizi sanitari e sociali di prevenzione, rappresentati dai primi livelli di assistenza sanitaria sul territorio, a cui il cittadino accede quotidianamente. L'intervento di counseling, fin dalla sua nascita, è andato allora raffinandosi e perfezionandosi in numerosi contesti europei, in cui ha trovato impiego in specifici settori dell'assistenza sanitaria, come in Gran Bretagna. Anche oltreoceano, come negli Stati Uniti, il counseling si è sviluppato fino a diventare una professione riconosciuta e regolamentata, distinta dallo psicologo nonostante le affinità con le tecniche e l'attività di quest'ultimo. In Italia, oggi, il counseling è inserito nell'elenco delle professioni non regolamentate e questo non permette di intenderlo come una declinazione del lavoro psicologico né di impiegarlo, con le necessarie garanzie etiche e deontologiche, in quei contesti a rischio o di prima assistenza al cittadino, come lo studio del medico di base. Lo sfondo della mancata regolamentazione del counseling in Italia è un aspro dibattito tra le comunità di counselors e psicologi, dove questi ultimi ritengono (secondo noi ragionevolmente) che l'attività di counselor, così come viene erogata allo stato attuale, rappresenta un esercizio abusivo della professione di psicologo.
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