This dissertation has two main objectives. On one hand it intends to research how mafia groups have set themselves up in Turin and its province. On the other hand, it tries to study the ways in which the local press has covered this phenomenon. The study is divided into four chapters. The first one provides the theoretical framework that is needed to carry out the research, in order to identify an adequate research's methodology and to understand the main factors to be taken into account throughout the study. Chapters II and III are dedicated to the historic research. Studies showed how the mafia groups in the province of Turin have set their first steps since the end of the Fifties, benefiting from context of illegality who characterized Turin's job market and, particularly, the building field. Indeed, the first signs of a mafiosa activity in Piedmont go back to 1963 in Bardonecchia by the Calabrian building impresario Rocco Lo Presti. Through the study of the journalistic and the juridical sources, along with archival funds by the local building unions, it is attested how some exponents of 'ndrangheta and Palermo's Cosa Nostra undertook the activity of labor brokerage in Turin and in many small towns of its province. They profited by the complicity of many local entrepreneurs, some members from the administrations and, finally, by the activation of a specific mafiosa migration chain who brought on Turin's territory numerous criminal subjects. Public perception of the Mafia's presence, in the period taken in account, followed a 'karstic' trend, characterized by the oscillation between periods of extreme attention towards the phenomenon and periods in which the subject 'Mafia' fell into oblivion. However, overall, it has been found an early attention towards the activities of the mafia groups that, in some respects, it has not been duly noted by the studies on this subject. The attention grew with the blood crimes committed by members of mafia groups. Especially, the greatest influence on the public opinion was held by the so-called 'massecre of piazza Vittorio', the first of May 1971, when four labor brokers were assassinated by a fellow of them in a pub of Vittorio Veneto square, and also by the many kidnappings against the wealth families of Piedmont. The last chapter studies the ways in which the most important city's newspapers (La Stampa, Stampa Sera, Gazzetta del Popolo) narrated the emergence of the mafia phenomenon. From the research, it results that the storytelling was greatly affected by both the prejudices of the northern society towards the meridional immigrants and the stereotypes that the society had towards the members of mafia groups. It is conjectured that this trend has played a role in the process of collective removal, by the northern society, towards the presence of mafia in the North.
Questa tesi ha un duplice obiettivo. Da un lato si propone di intraprendere un percorso di analisi che, partendo dalla letteratura scientifica sull'argomento, approfondisca le modalità e le tempistiche dell'emersione del fenomeno mafioso a Torino e nella sua provincia. Dall'altro lato, cerca di tenere conto del modo in cui questo fenomeno venne narrato da parte della stampa cittadina. Lo studio si compone di quattro capitoli. Il primo risponde all'esigenza di fornire il quadro teorico entro il quale svolgere il lavoro di ricerca, in maniera tale da poter individuare un'adeguata metodologia e comprendere di quali fattori tener conto nel corso dell'analisi. Nel secondo e terzo capitolo vi è concentrata la ricerca storica. Essa mostra come il fenomeno mafioso nell'area del torinese abbia mosso i primi passi alla fine degli anni Cinquanta, giovandosi del contesto di illegalità vigente nel mercato del lavoro di Torino e, in particolare, nel campo dell'edilizia. Di fatti, le prima tracce di attività mafiose sul territorio piemontese risalgono al 1963 a Bardonecchia ad opera dell'imprenditore edile calabrese Rocco Lo Presti. Attraverso lo studio delle fonti giornalistiche, sentenze giudiziarie e fondi archivistici dei sindacati edili provinciali viene documentato come alcuni esponenti della 'ndrangheta e di Cosa Nostra palermitana abbiano intrapreso attività di intermediazione di manodopera a Torino ed in molti comuni della provincia, sfruttando la complicità di molti imprenditori edili locali e di alcuni esponenti delle amministrazioni del territorio. Dall'intermediazione di manodopera, il fenomeno mafioso si è poi esteso ad altre attività commerciali ed illegali sul territorio grazie alle specifiche competenze offerte dai metodi mafiosi, grazie al controllo sui lavoratori immigrati derivanti dalle attività di intermediazione e, infine, grazie all'attivazione di una specifica catena migratoria mafiosa che ha portato sul territorio torinese numerosi soggetti criminali. La percezione pubblica della presenza mafiosa, nel periodo di tempo preso in esame, ha avuto un andamento 'carsico', caratterizzato dall'alternarsi di periodi di attenzione estrema al fenomeno e periodi di oblio (tendenza che si ripeterà nei decenni successivi). Tuttavia, nel complesso, è stata riscontrata una precoce attenzione verso le attività mafiose che, per alcuni aspetti, negli studi sull'argomento era passata inosservata. Essa aumentava in concomitanza con i delitti commessi da esponenti mafiosi o presunti tali. In particolare, hanno avuto un grande peso la cosiddetta 'strage di piazza Vittorio', il primo maggio del 1971, nella quale quattro 'cottimisti' edili furono assassinati in un bar di piazza Vittorio Veneto da un loro collega, ed i numerosi sequestri che ebbero luogo in Piemonte dal 1972 in poi. Nell'ultimo capitolo vengono prese in esame le modalità con le quali i maggiori quotidiani cittadini (La Stampa, Stampa Sera, Gazzetta del Popolo) narrarono l'emersione del fenomeno mafioso. Dallo studio risulta come la narrazione risentì molto sia dei pregiudizi che la società settentrionale nutriva nei confronti degli immigrati meridionali sia degli stereotipi e dell'immaginario comune nei riguardi delle formazioni criminali di stampo mafioso. Si ipotizza che questo abbia avuto un peso nei processi di rimozione collettiva, da parte della società settentrionale, nei confronti della presenza mafiosa al Nord.
ALL'ORIGINE DELLA MAFIA IN PIEMONTE. CONTESTI, DINAMICHE E RAPPRESENTAZIONI (1963-1983)
CLEMENZA, RUGGERO
2017/2018
Abstract
Questa tesi ha un duplice obiettivo. Da un lato si propone di intraprendere un percorso di analisi che, partendo dalla letteratura scientifica sull'argomento, approfondisca le modalità e le tempistiche dell'emersione del fenomeno mafioso a Torino e nella sua provincia. Dall'altro lato, cerca di tenere conto del modo in cui questo fenomeno venne narrato da parte della stampa cittadina. Lo studio si compone di quattro capitoli. Il primo risponde all'esigenza di fornire il quadro teorico entro il quale svolgere il lavoro di ricerca, in maniera tale da poter individuare un'adeguata metodologia e comprendere di quali fattori tener conto nel corso dell'analisi. Nel secondo e terzo capitolo vi è concentrata la ricerca storica. Essa mostra come il fenomeno mafioso nell'area del torinese abbia mosso i primi passi alla fine degli anni Cinquanta, giovandosi del contesto di illegalità vigente nel mercato del lavoro di Torino e, in particolare, nel campo dell'edilizia. Di fatti, le prima tracce di attività mafiose sul territorio piemontese risalgono al 1963 a Bardonecchia ad opera dell'imprenditore edile calabrese Rocco Lo Presti. Attraverso lo studio delle fonti giornalistiche, sentenze giudiziarie e fondi archivistici dei sindacati edili provinciali viene documentato come alcuni esponenti della 'ndrangheta e di Cosa Nostra palermitana abbiano intrapreso attività di intermediazione di manodopera a Torino ed in molti comuni della provincia, sfruttando la complicità di molti imprenditori edili locali e di alcuni esponenti delle amministrazioni del territorio. Dall'intermediazione di manodopera, il fenomeno mafioso si è poi esteso ad altre attività commerciali ed illegali sul territorio grazie alle specifiche competenze offerte dai metodi mafiosi, grazie al controllo sui lavoratori immigrati derivanti dalle attività di intermediazione e, infine, grazie all'attivazione di una specifica catena migratoria mafiosa che ha portato sul territorio torinese numerosi soggetti criminali. La percezione pubblica della presenza mafiosa, nel periodo di tempo preso in esame, ha avuto un andamento 'carsico', caratterizzato dall'alternarsi di periodi di attenzione estrema al fenomeno e periodi di oblio (tendenza che si ripeterà nei decenni successivi). Tuttavia, nel complesso, è stata riscontrata una precoce attenzione verso le attività mafiose che, per alcuni aspetti, negli studi sull'argomento era passata inosservata. Essa aumentava in concomitanza con i delitti commessi da esponenti mafiosi o presunti tali. In particolare, hanno avuto un grande peso la cosiddetta 'strage di piazza Vittorio', il primo maggio del 1971, nella quale quattro 'cottimisti' edili furono assassinati in un bar di piazza Vittorio Veneto da un loro collega, ed i numerosi sequestri che ebbero luogo in Piemonte dal 1972 in poi. Nell'ultimo capitolo vengono prese in esame le modalità con le quali i maggiori quotidiani cittadini (La Stampa, Stampa Sera, Gazzetta del Popolo) narrarono l'emersione del fenomeno mafioso. Dallo studio risulta come la narrazione risentì molto sia dei pregiudizi che la società settentrionale nutriva nei confronti degli immigrati meridionali sia degli stereotipi e dell'immaginario comune nei riguardi delle formazioni criminali di stampo mafioso. Si ipotizza che questo abbia avuto un peso nei processi di rimozione collettiva, da parte della società settentrionale, nei confronti della presenza mafiosa al Nord.File | Dimensione | Formato | |
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