A livello internazionale, il terrorismo è un fenomeno tuttora oggetto di studi e approfondimenti. Ad esempio, nonostante i vari tentativi effettuati, la Comunità internazionale non è ancora riuscita a trovare un accordo per la sua definizione. Le ragioni si possono ricercare nel fatto che, nel corso degli anni, il terrorismo ha cambiato spesso volto, passando dall’essere un fenomeno circoscritto all’interno dello Stato colpito da atti terroristici, al divenire un fattore di rilevanza internazionale. In particolare, dopo i tragici attentati dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti, è risultata ancora più evidente la necessità di trovare una risposta comune di contrasto alla minaccia terroristica. In questo clima di paura e incertezza, la reazione degli Stati si è concretizzata nell’adozione di nuove norme anti-terrorismo, molte delle quali però sono risultate in contrasto con la tutela dei diritti umani. Un esempio tra tutti, è la procedura di listing disposta dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, la quale prevede la realizzazione di elenchi in cui inserire i nominativi di individui sospettati di avere un ruolo all’interno delle organizzazioni terroristiche. I soggetti inseriti in queste liste si vedevano privati di alcuni diritti e libertà fondamentali, senza nemmeno la possibilità di contestare in sede giudiziale tale decisione. Inoltre, il timore che un attacco come quello dell’11 settembre potesse ripetersi ha spinto gli Stati Uniti e alcuni Paesi alleati ad avviare la cosiddetta war on terror, una campagna anti-terrorismo che ha introdotto una serie di misure molto severe, tra cui la pratica delle extraordinary renditions. Si tratta del trasferimento forzato di un sospetto terrorista, ad opera di funzionari statali, da uno Stato verso un altro in cui le condizioni di detenzione sono mantenute segrete allo scopo di utilizzare metodi di interrogatorio brutali e in violazione dei più importanti diritti umani. Tra questi, particolare rilievo ricoprono il divieto di tortura e di trattamenti inumani e degradanti, il diritto alla libertà e alla sicurezza personale, il diritto alla vita privata e familiare, il diritto a un equo processo e altri. Essi sono sanciti da diverse convenzioni internazionali come ad esempio, in ambito ONU, dal Patto sui diritti civili e politici o, in ambito regionale, dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Lo scopo di questo elaborato è di indagare il rapporto tra diritti umani e lotta al terrorismo, in particolare nell’ambito delle cosiddette extraordinary renditions e quali violazioni dei diritti umani comportano una responsabilità internazionale nei confronti dei Paesi che la mettono in atto. A tal fine, si è deciso di esaminare due sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, una inerente al caso italiano di Abu Omar e l’altra al caso rumeno di Al Nashiri.
La lotta al terrorismo internazionale tra azioni repressive e tutela dei diritti umani, con particolare riferimento alle extraordinary renditions
AGOSTINI, SABRINA
2021/2022
Abstract
A livello internazionale, il terrorismo è un fenomeno tuttora oggetto di studi e approfondimenti. Ad esempio, nonostante i vari tentativi effettuati, la Comunità internazionale non è ancora riuscita a trovare un accordo per la sua definizione. Le ragioni si possono ricercare nel fatto che, nel corso degli anni, il terrorismo ha cambiato spesso volto, passando dall’essere un fenomeno circoscritto all’interno dello Stato colpito da atti terroristici, al divenire un fattore di rilevanza internazionale. In particolare, dopo i tragici attentati dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti, è risultata ancora più evidente la necessità di trovare una risposta comune di contrasto alla minaccia terroristica. In questo clima di paura e incertezza, la reazione degli Stati si è concretizzata nell’adozione di nuove norme anti-terrorismo, molte delle quali però sono risultate in contrasto con la tutela dei diritti umani. Un esempio tra tutti, è la procedura di listing disposta dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, la quale prevede la realizzazione di elenchi in cui inserire i nominativi di individui sospettati di avere un ruolo all’interno delle organizzazioni terroristiche. I soggetti inseriti in queste liste si vedevano privati di alcuni diritti e libertà fondamentali, senza nemmeno la possibilità di contestare in sede giudiziale tale decisione. Inoltre, il timore che un attacco come quello dell’11 settembre potesse ripetersi ha spinto gli Stati Uniti e alcuni Paesi alleati ad avviare la cosiddetta war on terror, una campagna anti-terrorismo che ha introdotto una serie di misure molto severe, tra cui la pratica delle extraordinary renditions. Si tratta del trasferimento forzato di un sospetto terrorista, ad opera di funzionari statali, da uno Stato verso un altro in cui le condizioni di detenzione sono mantenute segrete allo scopo di utilizzare metodi di interrogatorio brutali e in violazione dei più importanti diritti umani. Tra questi, particolare rilievo ricoprono il divieto di tortura e di trattamenti inumani e degradanti, il diritto alla libertà e alla sicurezza personale, il diritto alla vita privata e familiare, il diritto a un equo processo e altri. Essi sono sanciti da diverse convenzioni internazionali come ad esempio, in ambito ONU, dal Patto sui diritti civili e politici o, in ambito regionale, dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Lo scopo di questo elaborato è di indagare il rapporto tra diritti umani e lotta al terrorismo, in particolare nell’ambito delle cosiddette extraordinary renditions e quali violazioni dei diritti umani comportano una responsabilità internazionale nei confronti dei Paesi che la mettono in atto. A tal fine, si è deciso di esaminare due sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, una inerente al caso italiano di Abu Omar e l’altra al caso rumeno di Al Nashiri.File | Dimensione | Formato | |
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