Si propone in questo lavoro un sistema per la classificazione della ceramica di uso comune della città di Ventimiglia. La scelta di un adeguato approccio interpretativo per la formulazione di classi di riferimento è ricaduta su un criterio geografico, per sottolineare la vocazione della città come centro commerciale anche per una categoria di reperti come la ceramica di uso comune. Le classi definite sono: Importazioni Tirreniche, Africane, Regionali, Galliche, Orientali, dallo Stretto, Produzioni degli ateliers di Albintimilium. All'interno di questo sistema sono state collocate produzioni come la ceramica Micacée Varoise, usata come caso studio per strutturare il sistema epistemologico di acquisizione dei dati. La continuità di importazioni galliche dimostra un fenomeno di lunga durata che si sviluppa ininterrottamente dall'età del Ferro all'Alto medioevo. Inoltre le complesse similitudini tra i manufatti delle due aree suggeriscono una forte affinità nello stile di vita delle comunità che vissero in questi luoghi attraverso i secoli. Il trend cronologico di importazioni è stato suddiviso in tre grandi periodi. Il primo, tra l'età tardo-repubblicana e quella alto imperiale, vede l'importazione di ceramica da cottura e preparazione degli alimenti dalle aree costiere del Tirreno, ma si sottolinea l'evidenza di una relazione commerciale con la Gallia sud-orientale, per produzioni afferenti alla Koinè gallo-ligure e per i prodotti realizzati intorno alla città di Massalia. I manufatti testimoniano una cultura alimentare comune legata alla lunga cottura del cibo tramite bollitura a fuoco diretto, cui si somma la tradizione della stufatura proveniente dalle aree ellenizzate o centro-italiche. Per il secondo periodo, tra l'età imperiale e basso imperiale si confermano le importazioni dall'area Tirrenica, Regionale Ligure e dall'Africa del nord, e si rileva una forte predominanza di manufatti provenienti dalla Gallia Transalpina costiera e dell'entroterra, mentre la produzione locale deve essere chiarita. Una generale standardizzazione delle forme e la presenza di nuovi oggetti per la cottura rapida quali i tegami suggerisce nuove abitudini nella preparazione e nel consumo del cibo. Nel terzo periodo, dall'età tardoantica all'altomedioevo, si assiste ad una impennata delle produzioni locali, che devono però essere maggiormente definite sia per quel che riguarda i singoli manufatti sia per la loro attribuzione certa ad impianti tecnologici locali. L'assenza della produzione Micacée Varoise dal IV secolo d.C. in poi non dimostra l'interruzione delle importazioni galliche in generale, poiché si suppone continuità di importazione della ceramica comune provenzale per la mensa, bensì la sostituzione della batteria da cucina con la ceramica per la cottura realizzata in loco, e non è possibile allo stato attuale stabilire quale sia la relazione di causa-effetto tra i due fenomeni. La notevole varietà di forme dei manufatti locali, la loro produzione seriale e le possibili importazioni orientali non sostiene però l'idea di una contrazione delle capacità commerciali e produttive della città. Si sottolinea una semplificazione delle forme funzionali, le quali suggeriscono il consumo di cibi che necessitano una particolare lavorazione e una lunga cottura tramite bollitura a fuoco diretto.

CUCINARE AD ALBINTIMILIUM. Una proposta per la classificazione della ceramica di uso comune per il trattamento degli alimenti.

GRAZIANO, SARA
2017/2018

Abstract

Si propone in questo lavoro un sistema per la classificazione della ceramica di uso comune della città di Ventimiglia. La scelta di un adeguato approccio interpretativo per la formulazione di classi di riferimento è ricaduta su un criterio geografico, per sottolineare la vocazione della città come centro commerciale anche per una categoria di reperti come la ceramica di uso comune. Le classi definite sono: Importazioni Tirreniche, Africane, Regionali, Galliche, Orientali, dallo Stretto, Produzioni degli ateliers di Albintimilium. All'interno di questo sistema sono state collocate produzioni come la ceramica Micacée Varoise, usata come caso studio per strutturare il sistema epistemologico di acquisizione dei dati. La continuità di importazioni galliche dimostra un fenomeno di lunga durata che si sviluppa ininterrottamente dall'età del Ferro all'Alto medioevo. Inoltre le complesse similitudini tra i manufatti delle due aree suggeriscono una forte affinità nello stile di vita delle comunità che vissero in questi luoghi attraverso i secoli. Il trend cronologico di importazioni è stato suddiviso in tre grandi periodi. Il primo, tra l'età tardo-repubblicana e quella alto imperiale, vede l'importazione di ceramica da cottura e preparazione degli alimenti dalle aree costiere del Tirreno, ma si sottolinea l'evidenza di una relazione commerciale con la Gallia sud-orientale, per produzioni afferenti alla Koinè gallo-ligure e per i prodotti realizzati intorno alla città di Massalia. I manufatti testimoniano una cultura alimentare comune legata alla lunga cottura del cibo tramite bollitura a fuoco diretto, cui si somma la tradizione della stufatura proveniente dalle aree ellenizzate o centro-italiche. Per il secondo periodo, tra l'età imperiale e basso imperiale si confermano le importazioni dall'area Tirrenica, Regionale Ligure e dall'Africa del nord, e si rileva una forte predominanza di manufatti provenienti dalla Gallia Transalpina costiera e dell'entroterra, mentre la produzione locale deve essere chiarita. Una generale standardizzazione delle forme e la presenza di nuovi oggetti per la cottura rapida quali i tegami suggerisce nuove abitudini nella preparazione e nel consumo del cibo. Nel terzo periodo, dall'età tardoantica all'altomedioevo, si assiste ad una impennata delle produzioni locali, che devono però essere maggiormente definite sia per quel che riguarda i singoli manufatti sia per la loro attribuzione certa ad impianti tecnologici locali. L'assenza della produzione Micacée Varoise dal IV secolo d.C. in poi non dimostra l'interruzione delle importazioni galliche in generale, poiché si suppone continuità di importazione della ceramica comune provenzale per la mensa, bensì la sostituzione della batteria da cucina con la ceramica per la cottura realizzata in loco, e non è possibile allo stato attuale stabilire quale sia la relazione di causa-effetto tra i due fenomeni. La notevole varietà di forme dei manufatti locali, la loro produzione seriale e le possibili importazioni orientali non sostiene però l'idea di una contrazione delle capacità commerciali e produttive della città. Si sottolinea una semplificazione delle forme funzionali, le quali suggeriscono il consumo di cibi che necessitano una particolare lavorazione e una lunga cottura tramite bollitura a fuoco diretto.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/48813