Il grafene, un nanomateriale costituito da un singolo strato di atomi di carbonio ibridizzati sp2 e organizzati secondo una struttura cristallina a celle esagonali, è considerato vista la sua grande versatilità uno dei composti più promettenti in numerose applicazioni tecnologiche. Le sue sorprendenti proprietà chimico-fisiche (elevatissima conducibilità elettrica, sorprendente resistenza meccanica, trasparenza e flessibilità) lo rendono potenzialmente applicabile in numerosi ambiti tecnologico/scientifici. Una delle sfide che è necessario vincere affinché il grafene non rimanga un materiale inutilizzabile nel mondo reale è riuscire a produrre fogli il più possibile grandi e con strutture caratterizzate da un basso grado di difettività mediante metodologie sintetiche a basso costo e basso impatto ambientale e per la salute umana. Tra le tecniche di sintesi più utilizzate vi sono quelle che si basano sulla riduzione del GO prodotto per mezzo delle molte variabili al metodo Hummers. Una tecnica riduttiva molto utilizzata è quella per via chimica con agenti riducenti (idrazina o sodio boro idruro) che rappresenta un metodo economico e facile per la produzione in larga scala di grafene ma molto impattante per l'ambiente e la salute umana. Un'alternativa promettente è la fotochimica, infatti, molti studi sono stati condotti al fine di indagare la possibilità di produrre grafene per semplice riduzione fotochimica in assenza o presenza di un fotocatalizzatore (esempio TiO2) . Scopo del lavoro di tesi è lo studio della stabilità e la trasformazione del grafene ossido (GO) durante la sua riduzione per via fotochimica in aria e azoto. La tecnica riduttiva del GO indagata è stata la fotoriduzione in assenza di fotocatalizzatore, uno tra i metodi più compatibili dal punto di vista ambientale per la produzione di rGO. Si è osservato in entrambi i casi un rilascio di specie organiche ossidate ed una variazione dei gruppi funzionali presenti sul materiale. Le specie rilasciate in soluzione presentano caratteristiche spettrali differenti per le due condizioni operative; inoltre si è osservato che la cinetica di fotodegradazione in condizioni anossiche del rGO è più lenta rispetto quella condotta in aria a prova di una maggiore stabilità del rGO in condizioni non ossidanti. Oltre allo studio di rilascio di specie in soluzione è stato valutato anche il rilascio di gas in aria, azoto puro e ossigeno puro. Il gas maggiormente foto rilasciato, in tutti i casi, è il CO2, soprattutto in presenza di azoto, portandoci ad ipotizzare dei possibili meccanismi di fotodecarbossilazione del materiale, mentre risulta essere stabile la produzione di CO. Un altro aspetto importante è la scarsa presenza nei gas formatisi di metano, idrogeno ed idrocarburi a corta catena. In conclusione possiamo affermare che la fotoriduzione in assenza di fotocatalizzatore può essere considerata un ottimo metodo green per la produzione di rGO senza dover ricorrere a tecniche maggiormente impattanti. Gli studi da noi eseguiti di fotoriduzione del GO hanno consentito di ottenere maggiori informazioni sulla sua stabilità e reattività fotochimica, tuttavia permangono ancora degli aspetti non chiari circa il meccanismo fotoriduttivo che avviene in soluzione che sarà oggetto di studi futuri. Inoltre, è di sostanziale importanza valutare le proprietà elettriche dei materiali ottenuti per fotoriduzione del GO al fine di individuarne eventuali possibili applicazioni.
Stabilità e trasformazione fotochimica del grafene ossido
DEMONTIS, MARIANGELA
2012/2013
Abstract
Il grafene, un nanomateriale costituito da un singolo strato di atomi di carbonio ibridizzati sp2 e organizzati secondo una struttura cristallina a celle esagonali, è considerato vista la sua grande versatilità uno dei composti più promettenti in numerose applicazioni tecnologiche. Le sue sorprendenti proprietà chimico-fisiche (elevatissima conducibilità elettrica, sorprendente resistenza meccanica, trasparenza e flessibilità) lo rendono potenzialmente applicabile in numerosi ambiti tecnologico/scientifici. Una delle sfide che è necessario vincere affinché il grafene non rimanga un materiale inutilizzabile nel mondo reale è riuscire a produrre fogli il più possibile grandi e con strutture caratterizzate da un basso grado di difettività mediante metodologie sintetiche a basso costo e basso impatto ambientale e per la salute umana. Tra le tecniche di sintesi più utilizzate vi sono quelle che si basano sulla riduzione del GO prodotto per mezzo delle molte variabili al metodo Hummers. Una tecnica riduttiva molto utilizzata è quella per via chimica con agenti riducenti (idrazina o sodio boro idruro) che rappresenta un metodo economico e facile per la produzione in larga scala di grafene ma molto impattante per l'ambiente e la salute umana. Un'alternativa promettente è la fotochimica, infatti, molti studi sono stati condotti al fine di indagare la possibilità di produrre grafene per semplice riduzione fotochimica in assenza o presenza di un fotocatalizzatore (esempio TiO2) . Scopo del lavoro di tesi è lo studio della stabilità e la trasformazione del grafene ossido (GO) durante la sua riduzione per via fotochimica in aria e azoto. La tecnica riduttiva del GO indagata è stata la fotoriduzione in assenza di fotocatalizzatore, uno tra i metodi più compatibili dal punto di vista ambientale per la produzione di rGO. Si è osservato in entrambi i casi un rilascio di specie organiche ossidate ed una variazione dei gruppi funzionali presenti sul materiale. Le specie rilasciate in soluzione presentano caratteristiche spettrali differenti per le due condizioni operative; inoltre si è osservato che la cinetica di fotodegradazione in condizioni anossiche del rGO è più lenta rispetto quella condotta in aria a prova di una maggiore stabilità del rGO in condizioni non ossidanti. Oltre allo studio di rilascio di specie in soluzione è stato valutato anche il rilascio di gas in aria, azoto puro e ossigeno puro. Il gas maggiormente foto rilasciato, in tutti i casi, è il CO2, soprattutto in presenza di azoto, portandoci ad ipotizzare dei possibili meccanismi di fotodecarbossilazione del materiale, mentre risulta essere stabile la produzione di CO. Un altro aspetto importante è la scarsa presenza nei gas formatisi di metano, idrogeno ed idrocarburi a corta catena. In conclusione possiamo affermare che la fotoriduzione in assenza di fotocatalizzatore può essere considerata un ottimo metodo green per la produzione di rGO senza dover ricorrere a tecniche maggiormente impattanti. Gli studi da noi eseguiti di fotoriduzione del GO hanno consentito di ottenere maggiori informazioni sulla sua stabilità e reattività fotochimica, tuttavia permangono ancora degli aspetti non chiari circa il meccanismo fotoriduttivo che avviene in soluzione che sarà oggetto di studi futuri. Inoltre, è di sostanziale importanza valutare le proprietà elettriche dei materiali ottenuti per fotoriduzione del GO al fine di individuarne eventuali possibili applicazioni.File | Dimensione | Formato | |
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