L'Eurozona sta attraversando la sua crisi più profonda da quando è nata. Ho cercato di analizzare i suoi problemi rifacendomi ai criteri delle aree valutarie ottimali. La nascita della teoria delle aree valutarie ottimali risale al 1961 quando Mundell studia i criteri che rendono possibile la rinuncia alla politica monetaria indipendente senza incorrere in costi eccessivi, individuando nella mobilità del lavoro il criterio principale. Successivamente, altri economisti hanno arricchito lo studio iniziale aggiungendo caratteristiche come il grado di apertura di un paese, la diversificazione della produzione, l'inflazione simile, la similarità degli shock e i trasferimenti fiscali. I costi di una moneta unica sono dati dall'abbandono di uno strumento come il tasso di cambio e dall'abbandono di una politica monetaria autonoma mentre i benefici riguardano l'eliminazione dei costi di transazione, l'aumento di liquidità della valuta, oltre alla nascita di un sentimento identitario. L'Eurozona attuale non soddisfa tutti i criteri perché al suo interno sono presenti due poli con divergenze di competitività, causando la crisi attuale. Infatti, con l'introduzione dell'euro gli Stati nordici hanno realizzato rilevanti surplus della bilancia commerciale, grazie anche alle riforme strutturali, mentre gli Stati periferici non hanno compiuto riforme strutturali e hanno visto perdere progressivamente competitività a scapito dei loro partner. Si è arrivati alla situazione attuale dove gli Stati periferici sono colpiti da forti shock che hanno effetti negativi sulla produzione e sull'occupazione mentre gli Stati nordici vantano livelli di produzione e occupazione molto superiori. Questo certifica la paralisi della politica monetaria unica, dal momento che i paesi disastrati vorrebbero tassi d'interesse più bassi per facilitare l'aggiustamento, mentre gli Stati nordici, per timori inflazionistici vorrebbero lasciare invariato o aumentare il tasso di riferimento. Per risolvere la crisi attuale servirebbe però una maggiore crescita dei salari e stimoli fiscali negli Stati nordici, che farebbe aumentare l'inflazione, mentre gli Stati periferici dovrebbero conoscere comunque un periodo di austerità relativa ma non così violenta come l'attuale, dal momento che il riequilibrio poggerebbe su entrambi i poli e non solo su quello più debole. Si avrebbe infatti un guadagno di competitività senza incorrere nella deflazione che peggiora la dinamica del debito e il suo rimborso. Per rendere ottimale l'Eurozona bisogna procedere all'unione bancaria, che permette una vigilanza uniforme tra Stati membri, senza più arbitraggi regolamentari, rendendo il sistema finanziario più stabile e fornendo aiuti europei alle banche nazionali in difficoltà o proteggendo i depositi dei correntisti. Bisogna anche proseguire sulla strada dell'integrazione economica e finanziaria che aiuta la sincronizzazione dei cicli economici e fornisce un sistema di assicurazione privato in caso di shock asimmetrici. Inoltre, bisogna costruire un'unione di bilancio, che attui trasferimenti fiscali temporanei agli Stati investiti dagli shock asimmetrici affinché si riprendano in maniera più facile e abbassare i costi di appartenenza all'Eurozona. Ma questo non potrà che avvenire coinvolgendo tutti i cittadini affinché i politici possano rendere conto delle decisioni prese e dei trasferimenti attuati.
L'EUROZONA COME AREA VALUTARIA OTTIMALE: GESTIONE DI UN'UNIONE MONETARIA INCOMPLETA.
SANDOR, IONUT CRISTIAN
2011/2012
Abstract
L'Eurozona sta attraversando la sua crisi più profonda da quando è nata. Ho cercato di analizzare i suoi problemi rifacendomi ai criteri delle aree valutarie ottimali. La nascita della teoria delle aree valutarie ottimali risale al 1961 quando Mundell studia i criteri che rendono possibile la rinuncia alla politica monetaria indipendente senza incorrere in costi eccessivi, individuando nella mobilità del lavoro il criterio principale. Successivamente, altri economisti hanno arricchito lo studio iniziale aggiungendo caratteristiche come il grado di apertura di un paese, la diversificazione della produzione, l'inflazione simile, la similarità degli shock e i trasferimenti fiscali. I costi di una moneta unica sono dati dall'abbandono di uno strumento come il tasso di cambio e dall'abbandono di una politica monetaria autonoma mentre i benefici riguardano l'eliminazione dei costi di transazione, l'aumento di liquidità della valuta, oltre alla nascita di un sentimento identitario. L'Eurozona attuale non soddisfa tutti i criteri perché al suo interno sono presenti due poli con divergenze di competitività, causando la crisi attuale. Infatti, con l'introduzione dell'euro gli Stati nordici hanno realizzato rilevanti surplus della bilancia commerciale, grazie anche alle riforme strutturali, mentre gli Stati periferici non hanno compiuto riforme strutturali e hanno visto perdere progressivamente competitività a scapito dei loro partner. Si è arrivati alla situazione attuale dove gli Stati periferici sono colpiti da forti shock che hanno effetti negativi sulla produzione e sull'occupazione mentre gli Stati nordici vantano livelli di produzione e occupazione molto superiori. Questo certifica la paralisi della politica monetaria unica, dal momento che i paesi disastrati vorrebbero tassi d'interesse più bassi per facilitare l'aggiustamento, mentre gli Stati nordici, per timori inflazionistici vorrebbero lasciare invariato o aumentare il tasso di riferimento. Per risolvere la crisi attuale servirebbe però una maggiore crescita dei salari e stimoli fiscali negli Stati nordici, che farebbe aumentare l'inflazione, mentre gli Stati periferici dovrebbero conoscere comunque un periodo di austerità relativa ma non così violenta come l'attuale, dal momento che il riequilibrio poggerebbe su entrambi i poli e non solo su quello più debole. Si avrebbe infatti un guadagno di competitività senza incorrere nella deflazione che peggiora la dinamica del debito e il suo rimborso. Per rendere ottimale l'Eurozona bisogna procedere all'unione bancaria, che permette una vigilanza uniforme tra Stati membri, senza più arbitraggi regolamentari, rendendo il sistema finanziario più stabile e fornendo aiuti europei alle banche nazionali in difficoltà o proteggendo i depositi dei correntisti. Bisogna anche proseguire sulla strada dell'integrazione economica e finanziaria che aiuta la sincronizzazione dei cicli economici e fornisce un sistema di assicurazione privato in caso di shock asimmetrici. Inoltre, bisogna costruire un'unione di bilancio, che attui trasferimenti fiscali temporanei agli Stati investiti dagli shock asimmetrici affinché si riprendano in maniera più facile e abbassare i costi di appartenenza all'Eurozona. Ma questo non potrà che avvenire coinvolgendo tutti i cittadini affinché i politici possano rendere conto delle decisioni prese e dei trasferimenti attuati.File | Dimensione | Formato | |
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