L'epatite B è una patologia provocata dal virus HBV. Il virione presenta un envelope dal quale sporgono proteine note come HBsAg (antigeni di superficie del virus dell'epatite B). Durante il ciclo replicativo esse vengono prodotte in quantità 100-10.000 volte superiore a quella richiesta per la produzione dei virioni maturi. Le proteine in eccesso vengono rilasciate all'esterno dell'epatocita, e secrete nel circolo sanguigno. Fin dalla sua scoperta, l'HBsAg ha rappresentato il principale marker d'infezione da HBV, oltre che un mezzo per distinguere le diverse fasi della patologia. L'infezione dapprima è acuta; in base all'equilibrio raggiunto tra il virus ed il sistema immunitario, l'infezione può divenire cronica, e gli individui in questa condizione vengono definiti portatori cronici. Esistono due categorie di portatori cronici: gli inattivi, solitamente HBeAg negativi ed anti-HBe positivi, con livelli ematici di HBV-DNA inferiore a 2000 UI/ml, livelli di ALT nella norma e senza evidenze di danni epatici; e gli attivi, di solito HBeAg o anti-HBe positivi, con livelli ematici HBV-DNA superiore a 2000 UI/ml, ALT superiori alla norma e con evidenze di malattia epatica quali fibrosi, ipertensione portale, cirrosi o HCC. La diagnostica di laboratorio prevede oggi l'analisi di tutti i marcatori sierologici e virologici d'infezione da HBV: gli antigeni HBsAg ed HBeAg, anticorpi anti-HBs, anti-HBe ed anti-HBc, e l'HBV-DNA. Il monitoraggio delle diverse categorie di epatite cronica prevede invece l'utilizzo di due test quantitativi in associazione: uno basato sulla tecnica CMIA per la rilevazione dell'HBsAg, ed uno basato sulla Real-Time PCR per la determinazione dell'HBV-DNA. Sono entrambi altamente sensibili e specifici, dotati di un ampio range dinamico, ma il grosso svantaggio del secondo metodo è il costo elevato, 10 volte superiore a quello del primo. Diversi studi reperibili in letteratura hanno dimostrato che esiste una correlazione tra qHBsAg ed HBV-DNA, anche se essa non è sempre significativa e può variare a seconda delle categorie di portatori. Il presente studio quindi mira a capire se esista la possibilità in futuro di utilizzare il singolo qHBsAg come marcatore d'infezione per monitorare le diverse categorie di epatite cronica, e non in associazione all'HBV-DNA. Pertanto è stata studiata una popolazione costituita da 101 pazienti suddivisi in portatori cronici inattivi ed attivi, questi ultimi in parte in terapia e in parte no. Per tutte le categorie è stata proposta la correlazione tra i livelli di qHBsAg e di HBV-DNA per mezzo di strumenti statistici. I risultati osservati mostrano una buona correlazione tra i 2 markers nei portatori cronici inattivi, così come negli attivi non in corso di terapia. Viceversa, nei portatori attivi in terapia la correlazione non è significativa: ciò è spesso dovuto alla componente integrata, cioè a sequenze di genoma virale che si integrano nel genoma epatocitario determinando la permanenza di livelli ematici costanti di HBsAg, mentre la terapia determina una diminuzione di HBV-DNA. Si osserva invece una stretta correlazione tra i 2 markers negli individui che non rispondono alla terapia. Il presente studio quindi dimostra l'utilità clinica del qHBsAg, e suggerisce la possibilità di utilizzare in futuro tale marker singolarmente nel monitoraggio dell'epatite cronica B, soprattutto nei portatori cronici inattivi e negli attivi non in corso di terapia.
"Utilizzo dell'HBsAg quantitativo (qHBsAg) come marcatore d'infezione alternativo all'HBV-DNA nel monitoraggio delle diverse categorie di epatite cronica di tipo B"
TONELLI, NICOLA
2012/2013
Abstract
L'epatite B è una patologia provocata dal virus HBV. Il virione presenta un envelope dal quale sporgono proteine note come HBsAg (antigeni di superficie del virus dell'epatite B). Durante il ciclo replicativo esse vengono prodotte in quantità 100-10.000 volte superiore a quella richiesta per la produzione dei virioni maturi. Le proteine in eccesso vengono rilasciate all'esterno dell'epatocita, e secrete nel circolo sanguigno. Fin dalla sua scoperta, l'HBsAg ha rappresentato il principale marker d'infezione da HBV, oltre che un mezzo per distinguere le diverse fasi della patologia. L'infezione dapprima è acuta; in base all'equilibrio raggiunto tra il virus ed il sistema immunitario, l'infezione può divenire cronica, e gli individui in questa condizione vengono definiti portatori cronici. Esistono due categorie di portatori cronici: gli inattivi, solitamente HBeAg negativi ed anti-HBe positivi, con livelli ematici di HBV-DNA inferiore a 2000 UI/ml, livelli di ALT nella norma e senza evidenze di danni epatici; e gli attivi, di solito HBeAg o anti-HBe positivi, con livelli ematici HBV-DNA superiore a 2000 UI/ml, ALT superiori alla norma e con evidenze di malattia epatica quali fibrosi, ipertensione portale, cirrosi o HCC. La diagnostica di laboratorio prevede oggi l'analisi di tutti i marcatori sierologici e virologici d'infezione da HBV: gli antigeni HBsAg ed HBeAg, anticorpi anti-HBs, anti-HBe ed anti-HBc, e l'HBV-DNA. Il monitoraggio delle diverse categorie di epatite cronica prevede invece l'utilizzo di due test quantitativi in associazione: uno basato sulla tecnica CMIA per la rilevazione dell'HBsAg, ed uno basato sulla Real-Time PCR per la determinazione dell'HBV-DNA. Sono entrambi altamente sensibili e specifici, dotati di un ampio range dinamico, ma il grosso svantaggio del secondo metodo è il costo elevato, 10 volte superiore a quello del primo. Diversi studi reperibili in letteratura hanno dimostrato che esiste una correlazione tra qHBsAg ed HBV-DNA, anche se essa non è sempre significativa e può variare a seconda delle categorie di portatori. Il presente studio quindi mira a capire se esista la possibilità in futuro di utilizzare il singolo qHBsAg come marcatore d'infezione per monitorare le diverse categorie di epatite cronica, e non in associazione all'HBV-DNA. Pertanto è stata studiata una popolazione costituita da 101 pazienti suddivisi in portatori cronici inattivi ed attivi, questi ultimi in parte in terapia e in parte no. Per tutte le categorie è stata proposta la correlazione tra i livelli di qHBsAg e di HBV-DNA per mezzo di strumenti statistici. I risultati osservati mostrano una buona correlazione tra i 2 markers nei portatori cronici inattivi, così come negli attivi non in corso di terapia. Viceversa, nei portatori attivi in terapia la correlazione non è significativa: ciò è spesso dovuto alla componente integrata, cioè a sequenze di genoma virale che si integrano nel genoma epatocitario determinando la permanenza di livelli ematici costanti di HBsAg, mentre la terapia determina una diminuzione di HBV-DNA. Si osserva invece una stretta correlazione tra i 2 markers negli individui che non rispondono alla terapia. Il presente studio quindi dimostra l'utilità clinica del qHBsAg, e suggerisce la possibilità di utilizzare in futuro tale marker singolarmente nel monitoraggio dell'epatite cronica B, soprattutto nei portatori cronici inattivi e negli attivi non in corso di terapia.File | Dimensione | Formato | |
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