Questo lavoro intende gettare una luce sulla storia di un'influenza, quella esercitata dalla filosofa francese Simone Weil su Franco Fortini, intellettuale, saggista e poeta tra i maggiori del Novecento italiano. Fortini fu chiamato da Adriano Olivetti a tradurre per la casa editrice eporediese Comunità le opere della filosofa francese (L'ombra e la grazia, 1951, La condizione operaia, 1952, La prima radice. Preludio ad una dichiarazione dei doveri verso la cultura umana, 1954), permettendo al pensiero della Weil di fare per la prima volta ingresso in Italia. L'esistere di un tale rapporto, che nasce dalla traduzione e si estende a una più profonda influenza, rimane ancora da indagare. La critica di Fortini si è quasi esclusivamente concentrata attorno alla dimensione politico-culturale dell'uomo della sinistra laica e marxista, tralasciando quasi del tutto un'analisi delle tematiche esistenzialiste e religiose che, invece, hanno indubbiamente attraversato tanto la sua riflessione saggistica quanto la produzione poetica, costituendone come un motivo sempre sotteso, sempre caratterizzante. Tracciare una storia dell'influenza di Simone Weil significa inserirsi in questa dimensione di ricerca e permette di mantenere uniti i due orizzonti, entrambi fondamentali per l'uomo Fortini: quello della dimensione religiosa e il piano della riflessione politica. Questa filiazione, che Fortini stesso suggerisce della propria formazione religiosa dall'opera della filosofa francese, non trova nei testi che rare dichiarazioni. Il nome della Weil appare di rado, seppur talvolta in momenti cruciali del procedere del discorso fortiniano. È chiaro che si debba partire, per Fortini, da una mai conquistata certezza, da una mai raggiunta presa di posizione circa l'assunzione dell'esistenza di un ¿oltre¿, di un al di là, di una dimensione sovrumana, ma è altresì vero che non si può disconoscere l'ampiezza e la profondità dell'inquietudine religiosa che sempre ne ha accompagnato la vita e l'opera. Si tenta dunque di ricostruire quelli che possono essere punti di contatto fecondi tra la pensatrice francese e il suo traduttore (analisi della categoria della contraddizione, rigetto della dimensione storicista, critica del marxismo) inserendo il discorso innanzitutto all'interno dell'orizzonte culturale da cui questo incontro aveva preso le mosse, quell'esperienza olivettiana in cui discussione sull'industria e sulla cultura si erano intrecciate in maniera del tutto originale nel panorama italiano del secondo dopoguerra. Un punto di particolare interesse è costituito da un'inedita corrispondenza tra Franco Fortini e Filippo La Porta, conservata presso l'Archivio del Centro Studi Franco Fortini di Siena, in cui i due critici si soffermano proprio su questa figura sui generis del panorama novecentesco europeo.
"Quello che ammiro e quello che rifiuto". Franco Fortini traduttore e lettore di Simone Weil
RABBIONE, LUCIA
2012/2013
Abstract
Questo lavoro intende gettare una luce sulla storia di un'influenza, quella esercitata dalla filosofa francese Simone Weil su Franco Fortini, intellettuale, saggista e poeta tra i maggiori del Novecento italiano. Fortini fu chiamato da Adriano Olivetti a tradurre per la casa editrice eporediese Comunità le opere della filosofa francese (L'ombra e la grazia, 1951, La condizione operaia, 1952, La prima radice. Preludio ad una dichiarazione dei doveri verso la cultura umana, 1954), permettendo al pensiero della Weil di fare per la prima volta ingresso in Italia. L'esistere di un tale rapporto, che nasce dalla traduzione e si estende a una più profonda influenza, rimane ancora da indagare. La critica di Fortini si è quasi esclusivamente concentrata attorno alla dimensione politico-culturale dell'uomo della sinistra laica e marxista, tralasciando quasi del tutto un'analisi delle tematiche esistenzialiste e religiose che, invece, hanno indubbiamente attraversato tanto la sua riflessione saggistica quanto la produzione poetica, costituendone come un motivo sempre sotteso, sempre caratterizzante. Tracciare una storia dell'influenza di Simone Weil significa inserirsi in questa dimensione di ricerca e permette di mantenere uniti i due orizzonti, entrambi fondamentali per l'uomo Fortini: quello della dimensione religiosa e il piano della riflessione politica. Questa filiazione, che Fortini stesso suggerisce della propria formazione religiosa dall'opera della filosofa francese, non trova nei testi che rare dichiarazioni. Il nome della Weil appare di rado, seppur talvolta in momenti cruciali del procedere del discorso fortiniano. È chiaro che si debba partire, per Fortini, da una mai conquistata certezza, da una mai raggiunta presa di posizione circa l'assunzione dell'esistenza di un ¿oltre¿, di un al di là, di una dimensione sovrumana, ma è altresì vero che non si può disconoscere l'ampiezza e la profondità dell'inquietudine religiosa che sempre ne ha accompagnato la vita e l'opera. Si tenta dunque di ricostruire quelli che possono essere punti di contatto fecondi tra la pensatrice francese e il suo traduttore (analisi della categoria della contraddizione, rigetto della dimensione storicista, critica del marxismo) inserendo il discorso innanzitutto all'interno dell'orizzonte culturale da cui questo incontro aveva preso le mosse, quell'esperienza olivettiana in cui discussione sull'industria e sulla cultura si erano intrecciate in maniera del tutto originale nel panorama italiano del secondo dopoguerra. Un punto di particolare interesse è costituito da un'inedita corrispondenza tra Franco Fortini e Filippo La Porta, conservata presso l'Archivio del Centro Studi Franco Fortini di Siena, in cui i due critici si soffermano proprio su questa figura sui generis del panorama novecentesco europeo.File | Dimensione | Formato | |
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