Il primo capitolo porta l'attenzione sull'unica lectura Dantis di Fogazzaro: si tratta di un intervento sul canto XXIII del Paradiso, tenuto a Roma nell'aprile 1906, nel quale ‒ per usare le parole di Arturo Pompeati ‒ il vicentino si mostra «interprete acuto e personale di Dante: interprete attraverso certe condizioni di temperamento e certe premesse ideali, che erano indubbiamente condizioni e premesse maturate in un'assidua, tormentata esperienza spirituale». La conferenza fogazzariana si sviluppa intorno all'idea di un Dante mistico in amore, ma teologo dogmatico e freddo in materia di religione. Il capitolo II intende studiare un breve articolo che Fogazzaro compose nel 1909, dal titolo Dante Alighieri e politica. Ispirandosi al concetto dantesco di impero universale, il vicentino propone un'idea di 'umanità allargata', che sovrasta le nazioni, senza annullarle, ma componendole in un 'tutto sovranazionale' più alto, che garantisce la pace e la convivenza armoniosa delle genti. Il capitolo III si può considerare una sorta di capitolo-cerniera: da una parte si studiano infatti le riflessioni teoriche che Fogazzaro dedicò all'episodio di Paolo e Francesca nei discorsi Un'opinione di Alessandro Manzoni e Il dolore nell'arte; dall'altra si individuano le risonanze che tale mito ebbe nella stesura di uno dei romanzi più noti del vicentino, Daniele Cortis. Se in Un'opinione di Alessandro Manzoni Fogazzaro denigra l'amore di Francesca ‒ in quanto contraddice all'ordine perfetto della famiglia ‒ ed esalta per contrasto quello di Beatrice, nel Dolore nell'arte, pur ribadendo il giudizio negativo sulla ravennate, egli ne compiange in qualche modo la sorte: secondo l'autore vicentino Francesca, più di ogni altro personaggio della Commedia, suscita in Dante e nei lettori un senso di umana compassione dal momento che, «consci o no che siamo, la misura della sua pena eccede la misura del suo consenso al male». D'altra parte, diversi dettagli della vicenda di Paolo e Francesca narrata nel V canto dell'Inferno sembrano riproposti nel Daniele Cortis. Non si tratta di riprese testuali, ma di analogie contenutistiche. Il capitolo IV è dedicato al Mistero del Poeta e alle analogie con la Vita nuova: le risonanze dantesche non si registrano, come avveniva per il Cortis, esclusivamente su un piano contenutistico, ma si estendono anche a un livello testuale, tanto da poter parlare, a proposito del Mistero, di una riscrittura moderna dell'opera dantesca. Tuttavia, richiami puntuali all'opera dantesca (questa volta ricavati dalla Commedia) sono presenti anche nel Santo. Il capitolo V mette in risalto le convergenze testuali fra l'apparizione di Beatrice nel paradiso terrestre e quella di Jeanne nel sogno di Benedetto. La citazione della lettera dantesca non permette, in questo caso, di ritrovare una speculare somiglianza fra le donne su un piano contenutistico, dal momento che Jeanne non si può certo considerare una nuova Beatrice, e nemmeno, per antitesi, un'anti-Beatrice, come ha fatto talvolta la critica; a voler cercare richiami danteschi, il personaggio che le si potrebbe accostare con maggior naturalezza sarebbe semmai quello di Cunizza da Romano. Del resto, Il Santo pare richiamare il capolavoro dantesco anche su un piano di impostazione generale: è l'unico romanzo della letteratura italiana moderna in grado di proporre «un'impostatura così vasta e un piano così audace» da far pensare proprio all'illustre precedente dantesco.

"Così sale Dante i cieli rapito da Beatrice". Fogazzaro lettore di Dante

LISTINO, ANNALISA
2013/2014

Abstract

Il primo capitolo porta l'attenzione sull'unica lectura Dantis di Fogazzaro: si tratta di un intervento sul canto XXIII del Paradiso, tenuto a Roma nell'aprile 1906, nel quale ‒ per usare le parole di Arturo Pompeati ‒ il vicentino si mostra «interprete acuto e personale di Dante: interprete attraverso certe condizioni di temperamento e certe premesse ideali, che erano indubbiamente condizioni e premesse maturate in un'assidua, tormentata esperienza spirituale». La conferenza fogazzariana si sviluppa intorno all'idea di un Dante mistico in amore, ma teologo dogmatico e freddo in materia di religione. Il capitolo II intende studiare un breve articolo che Fogazzaro compose nel 1909, dal titolo Dante Alighieri e politica. Ispirandosi al concetto dantesco di impero universale, il vicentino propone un'idea di 'umanità allargata', che sovrasta le nazioni, senza annullarle, ma componendole in un 'tutto sovranazionale' più alto, che garantisce la pace e la convivenza armoniosa delle genti. Il capitolo III si può considerare una sorta di capitolo-cerniera: da una parte si studiano infatti le riflessioni teoriche che Fogazzaro dedicò all'episodio di Paolo e Francesca nei discorsi Un'opinione di Alessandro Manzoni e Il dolore nell'arte; dall'altra si individuano le risonanze che tale mito ebbe nella stesura di uno dei romanzi più noti del vicentino, Daniele Cortis. Se in Un'opinione di Alessandro Manzoni Fogazzaro denigra l'amore di Francesca ‒ in quanto contraddice all'ordine perfetto della famiglia ‒ ed esalta per contrasto quello di Beatrice, nel Dolore nell'arte, pur ribadendo il giudizio negativo sulla ravennate, egli ne compiange in qualche modo la sorte: secondo l'autore vicentino Francesca, più di ogni altro personaggio della Commedia, suscita in Dante e nei lettori un senso di umana compassione dal momento che, «consci o no che siamo, la misura della sua pena eccede la misura del suo consenso al male». D'altra parte, diversi dettagli della vicenda di Paolo e Francesca narrata nel V canto dell'Inferno sembrano riproposti nel Daniele Cortis. Non si tratta di riprese testuali, ma di analogie contenutistiche. Il capitolo IV è dedicato al Mistero del Poeta e alle analogie con la Vita nuova: le risonanze dantesche non si registrano, come avveniva per il Cortis, esclusivamente su un piano contenutistico, ma si estendono anche a un livello testuale, tanto da poter parlare, a proposito del Mistero, di una riscrittura moderna dell'opera dantesca. Tuttavia, richiami puntuali all'opera dantesca (questa volta ricavati dalla Commedia) sono presenti anche nel Santo. Il capitolo V mette in risalto le convergenze testuali fra l'apparizione di Beatrice nel paradiso terrestre e quella di Jeanne nel sogno di Benedetto. La citazione della lettera dantesca non permette, in questo caso, di ritrovare una speculare somiglianza fra le donne su un piano contenutistico, dal momento che Jeanne non si può certo considerare una nuova Beatrice, e nemmeno, per antitesi, un'anti-Beatrice, come ha fatto talvolta la critica; a voler cercare richiami danteschi, il personaggio che le si potrebbe accostare con maggior naturalezza sarebbe semmai quello di Cunizza da Romano. Del resto, Il Santo pare richiamare il capolavoro dantesco anche su un piano di impostazione generale: è l'unico romanzo della letteratura italiana moderna in grado di proporre «un'impostatura così vasta e un piano così audace» da far pensare proprio all'illustre precedente dantesco.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14240/45849