Vorrei s'immaginassero, per rendere l'idea del procedere della mia ricerca e dei suoi scopi, i quadri di Vincent Van Gogh, nei quali pennellate rabbiose, spesse, piene, sono mescolate tra di loro, dando un'idea di combinazione confusa, eppure, in conclusione, armoniosa. Ecco, le citazioni tratte dalle pagine di Renato Serra e di Pier Paolo Pasolini, così come il confronto tra due personaggi innegabilmente lontani sotto diversi aspetti, potrebbero forse dare al lettore la stessa impressione di confusione. Nondimeno, il mio obiettivo è proprio quello di dimostrare come invece, ad una lettura attenta, essi si fondano tra loro in perfetta coerenza, sembrando a volte, addirittura, l'uno continuazione od anticipazione dell'altro. Per usare un concetto caro a Serra, la loro potrebbe definirsi come una «imitazione spirituale» sui generis, cioè fondamentalmente un ripensamento scrupoloso che nell'occasione del confronto diventa opportunità di trasformazione ed accrescimento. Le loro sono poi due riflessioni parallele dal momento in cui s'impone, per uno e per l'altro autore, un'evidenza tale della realtà che chiude qualunque speranza per l'attività puramente estetica ed intellettuale a favore di un altrove da cercare e nel quale ritrovarsi. Ecco perché è come se nelle loro opere si riflettessero i colori di un'epoca: come se dai fatti culturali descritti con tanto acume e così strana partecipazione, fermentassero gli echi di una società in crescita tumultuosa e contraddittoria. Il mio lavoro si snoda in tre capitoli. Nel primo, affronto il rapporto che Serra e Pasolini instaurano con la storia e con la filosofia della storia. Passando dal confronto serriano con Croce, Kant e Nietzsche, fino ad arrivare all'ingerenza gramsciana nel pensiero di Pasolini, il tentativo è illustrare come i due autori rifiutino una concezione della storia inquadrata e limitata da congetture ideologiche, ferme alla carta stampata, per favorire invece un confronto più diretto ed immediato con la quotidianità umana. Il secondo capitolo, infatti, si sofferma proprio sulla riscoperta della solidarietà con il popolo; per Serra, il confronto diventa quello con la natura violenta della guerra e la vicinanza ai soldati. Per Pasolini, è l'incontro-scontro con le borgate romane e con i «ragazzi di vita» che le abitano. Infine, l'ultimo capitolo vuol essere una sorta di grande ripresa dei due temi precedenti, diventando un luogo dove storia e popolo possano fondersi ed essere spiegati più compiutamente, sotto il nume protettore della letteratura; ossia, di quello strumento e di quella membrana d'elezione che Renato Serra e Pier Paolo Pasolini hanno scelto per raccontare e, in qualche modo, proteggere, la (propria) vita.

Renato Serra e Pier Paolo Pasolini: la letteratura tra storia e popolo

BERTOTTO, FIAMMETTA
2011/2012

Abstract

Vorrei s'immaginassero, per rendere l'idea del procedere della mia ricerca e dei suoi scopi, i quadri di Vincent Van Gogh, nei quali pennellate rabbiose, spesse, piene, sono mescolate tra di loro, dando un'idea di combinazione confusa, eppure, in conclusione, armoniosa. Ecco, le citazioni tratte dalle pagine di Renato Serra e di Pier Paolo Pasolini, così come il confronto tra due personaggi innegabilmente lontani sotto diversi aspetti, potrebbero forse dare al lettore la stessa impressione di confusione. Nondimeno, il mio obiettivo è proprio quello di dimostrare come invece, ad una lettura attenta, essi si fondano tra loro in perfetta coerenza, sembrando a volte, addirittura, l'uno continuazione od anticipazione dell'altro. Per usare un concetto caro a Serra, la loro potrebbe definirsi come una «imitazione spirituale» sui generis, cioè fondamentalmente un ripensamento scrupoloso che nell'occasione del confronto diventa opportunità di trasformazione ed accrescimento. Le loro sono poi due riflessioni parallele dal momento in cui s'impone, per uno e per l'altro autore, un'evidenza tale della realtà che chiude qualunque speranza per l'attività puramente estetica ed intellettuale a favore di un altrove da cercare e nel quale ritrovarsi. Ecco perché è come se nelle loro opere si riflettessero i colori di un'epoca: come se dai fatti culturali descritti con tanto acume e così strana partecipazione, fermentassero gli echi di una società in crescita tumultuosa e contraddittoria. Il mio lavoro si snoda in tre capitoli. Nel primo, affronto il rapporto che Serra e Pasolini instaurano con la storia e con la filosofia della storia. Passando dal confronto serriano con Croce, Kant e Nietzsche, fino ad arrivare all'ingerenza gramsciana nel pensiero di Pasolini, il tentativo è illustrare come i due autori rifiutino una concezione della storia inquadrata e limitata da congetture ideologiche, ferme alla carta stampata, per favorire invece un confronto più diretto ed immediato con la quotidianità umana. Il secondo capitolo, infatti, si sofferma proprio sulla riscoperta della solidarietà con il popolo; per Serra, il confronto diventa quello con la natura violenta della guerra e la vicinanza ai soldati. Per Pasolini, è l'incontro-scontro con le borgate romane e con i «ragazzi di vita» che le abitano. Infine, l'ultimo capitolo vuol essere una sorta di grande ripresa dei due temi precedenti, diventando un luogo dove storia e popolo possano fondersi ed essere spiegati più compiutamente, sotto il nume protettore della letteratura; ossia, di quello strumento e di quella membrana d'elezione che Renato Serra e Pier Paolo Pasolini hanno scelto per raccontare e, in qualche modo, proteggere, la (propria) vita.
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