flussi migratori che attraversano il Mediterraneo sono, da quasi un decennio, al centro del dibattito pubblico italiano: un fenomeno di mobilità umana che, massicciamente dal 2015, attraversa, scuote e ridefinisce il bacino marittimo a sud di Fortezza Europa. Su quella che è ripetutamente definita come la “rotta migratoria più pericolosa del mondo”, la mobilità umana e i suoi rischi sono definiti e ridefiniti da policy e pratiche stabilite dalle autorità europee e dai governi degli Stati Membri, a livello di politica interna ed estera, in ottica di securizzazione del contesto mediterraneo e di esternalizzazione del controllo dei flussi migratori; in questo contesto si rende fortemente necessario – oltre che obbligatorio, in ottemperanza al Diritto internazionale del mare – un sistema coordinato ed efficace di search and rescue marittimo (SAR). Questo bisogno è stato solo parzialmente, e per un breve periodo di tempo, effettivamente soddisfatto da parte delle autorità degli Stati costieri europei, su cui ricade giuridicamente questo dovere. Ed è questo bisogno, rafforzato dal progressivo disimpegno delle istituzioni EUropee e degli stessi Stati dal proprio dovere di SAR, che ha dato vita ad una “flotta civile umanitaria”, la cui presenza, a partire dal 2014, è andata costantemente rafforzandosi sullo scenario del Mediterraneo. Per riempire il vuoto lasciato dall’arretramento statale, diverse organizzazioni non governative ed associazioni della società civile, di diverse dimensione, estrazione, origine geografica e sociale, hanno deciso di sopperire alla mancanza di un sistema pubblico di salvataggio in mare dedicandosi al search and rescue. Al pari delle altre organizzazioni umanitarie, anche le “ONG del mare” si devono misurare con il cosiddetto “dilemma dell’umanitarismo” trovandosi davanti all’alternativa se effettuare semplicemente azioni di soccorso, o affiancare a ciò una missione di advocacy e di attivismo politico: si trovano così a definire la propria collocazione ideologica in un ambiente non scevro da implicazioni politiche. Dopo l’analisi del contesto mediterraneo come spazio di transito, la presentazione di dati, caratteristiche e tendenze quali- e quantitative dei flussi, in particolare sulla rotta del Mediterraneo centrale, e dopo aver esaminato i principali avvenimenti politici inerenti alla governance italiana ed europea delle migrazioni, si fornirà una panoramica dell’attuale impianto normativo che, a livello internazionale, europeo ed italiano, crea l’obbligo giuridico di coordinamento ed intervento SAR, e ne regola le attività. Passando per la presentazione e l’analisi delle ONG attive nel Mediterraneo centrale dal 2014 ad oggi, si esamineranno le loro caratteristiche come organizzazioni private, come fornitori di servizi di SAR e come attori politici nel contesto mediterraneo. Si cercherà infine di analizzare criticamente le più recenti letture ed interpretazioni del contesto Mediterraneo in quanto spazio umanitario e depoliticizzato, discutendo se, come affermano alcuni autori, le “ONG del mare” stanno effettivamente ri-disegnano questo contesto, in che modo lo stiano facendo e se abbiano o meno l’intenzione di spronare e avere un impatto sulla governance politica delle migrazioni.
I flussi migratori nel Mediterraneo centrale, il Search and rescue non governativo e l'azione delle ONG
AZZARO, MICOL
2020/2021
Abstract
flussi migratori che attraversano il Mediterraneo sono, da quasi un decennio, al centro del dibattito pubblico italiano: un fenomeno di mobilità umana che, massicciamente dal 2015, attraversa, scuote e ridefinisce il bacino marittimo a sud di Fortezza Europa. Su quella che è ripetutamente definita come la “rotta migratoria più pericolosa del mondo”, la mobilità umana e i suoi rischi sono definiti e ridefiniti da policy e pratiche stabilite dalle autorità europee e dai governi degli Stati Membri, a livello di politica interna ed estera, in ottica di securizzazione del contesto mediterraneo e di esternalizzazione del controllo dei flussi migratori; in questo contesto si rende fortemente necessario – oltre che obbligatorio, in ottemperanza al Diritto internazionale del mare – un sistema coordinato ed efficace di search and rescue marittimo (SAR). Questo bisogno è stato solo parzialmente, e per un breve periodo di tempo, effettivamente soddisfatto da parte delle autorità degli Stati costieri europei, su cui ricade giuridicamente questo dovere. Ed è questo bisogno, rafforzato dal progressivo disimpegno delle istituzioni EUropee e degli stessi Stati dal proprio dovere di SAR, che ha dato vita ad una “flotta civile umanitaria”, la cui presenza, a partire dal 2014, è andata costantemente rafforzandosi sullo scenario del Mediterraneo. Per riempire il vuoto lasciato dall’arretramento statale, diverse organizzazioni non governative ed associazioni della società civile, di diverse dimensione, estrazione, origine geografica e sociale, hanno deciso di sopperire alla mancanza di un sistema pubblico di salvataggio in mare dedicandosi al search and rescue. Al pari delle altre organizzazioni umanitarie, anche le “ONG del mare” si devono misurare con il cosiddetto “dilemma dell’umanitarismo” trovandosi davanti all’alternativa se effettuare semplicemente azioni di soccorso, o affiancare a ciò una missione di advocacy e di attivismo politico: si trovano così a definire la propria collocazione ideologica in un ambiente non scevro da implicazioni politiche. Dopo l’analisi del contesto mediterraneo come spazio di transito, la presentazione di dati, caratteristiche e tendenze quali- e quantitative dei flussi, in particolare sulla rotta del Mediterraneo centrale, e dopo aver esaminato i principali avvenimenti politici inerenti alla governance italiana ed europea delle migrazioni, si fornirà una panoramica dell’attuale impianto normativo che, a livello internazionale, europeo ed italiano, crea l’obbligo giuridico di coordinamento ed intervento SAR, e ne regola le attività. Passando per la presentazione e l’analisi delle ONG attive nel Mediterraneo centrale dal 2014 ad oggi, si esamineranno le loro caratteristiche come organizzazioni private, come fornitori di servizi di SAR e come attori politici nel contesto mediterraneo. Si cercherà infine di analizzare criticamente le più recenti letture ed interpretazioni del contesto Mediterraneo in quanto spazio umanitario e depoliticizzato, discutendo se, come affermano alcuni autori, le “ONG del mare” stanno effettivamente ri-disegnano questo contesto, in che modo lo stiano facendo e se abbiano o meno l’intenzione di spronare e avere un impatto sulla governance politica delle migrazioni.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/44451