Jacques Derrida’s is a work on the edges. Heir of the XX century “impasse awareness”, his goal is to underline in traditional discourse those problematic links that are a consequence of every valid system’s necessity to self-impose. To do so he makes use of a conceptuality built around liminality and meaning-postponement, which enables him to expose what every discourse inevitably obliterates. Through an analysis of deconstruction, this thesis means to expose how even through the mediation of psychoanalysis and linguistic Jacques Derrida was never able to get rid of the hegelian haunting presence. Maybe ambitiously, here we want to obtain an explicit evaluement of the deconstructionist moves towards Hegel and their limits, trying to show how those limits pertain to Derrida’s philosophy itself, possibly because of its phenomenologic origins. It will be necessary, to achieve this goal, to expose the question of the inclusion of an element in the system, which Derrida judges correctly as problematic. It’s in reference to this position that we will entitle ourself to accuse the author from Algeri of a certain recursion between his critiques and work which would make his philosophy fall back into speculation and idealism. In the final paragraphs we felt useful to propose an alternative to derridean critique in the form given, from different assumptions but same hypothesis, by Alain Badiou. The purpose of this final note i sto exorcise, through an undecided proposition, a certain interpretation of the dialectic as an unusable tool, since once it’s been turned on it would fagocitate everything sorrounding it.
L’opera di Jacques Derrida è un lavoro ai margini. È figlia di una nuova “coscienza dell’impasse” novecentesca. Al fine di far emergere nel discorso tradizionale i nodi problematici dovuti alla necessità d’autoposizione di ogni sistema che si rispetti, egli si avvale di una concettualità del limite, della traccia e del rinvio, atta all’esposizione del rimosso che inevitabilmente sta dietro ogni discorso razionale. In un’analisi del dispositivo decostruzionista, la tesi intende mostrare come anche attraverso la mediazione della linguistica e della psicoanalisi freudiana, a Jacques Derrida non sia mai riuscita un’eliminazione assoluta dal fantasma hegeliano. L’intento forse ambizioso è quello di produrre un giudizio schietto riguardo le mosse decostruzioniste nei confronti di Hegel, e i limiti che queste evidenziano, tentando di mostrare come questi siano, tutto considerato, i limiti della filosofia derridiana in sé, dovuti forse alla sua origine fenomenologica. Si rende necessario necessario, per tutto questo, esporre la questione dell’inclusione di un elemento nel sistema, che Derrida delinea giustamente come problematica. È infatti a partire da questa critica che ci si arrogherà di incolpare l’autore algerino di una certa ricorsività fra accusa ed opera che lo farebbe ricadere filosoficamente nella speculazione e nell’idealismo. Nelle battute finali si è ritenuto proporre un’alternativa alla critica derridiana nella forma data, a partire da simili ipotesi ma diversi presupposti, da Alain Badiou. Il fine di questa aggiunta è quello di esorcizzare, con un’ipotesi aperta, una certa interpretazione della dialettica come di un macchinario inutilizzabile perché, una volta acceso, ingloberebbe tutto ciò che lo circonda.
Da Derrida a Hegel. Ricerca dei margini della dialettica
BALLARINI, GIULIO
2020/2021
Abstract
L’opera di Jacques Derrida è un lavoro ai margini. È figlia di una nuova “coscienza dell’impasse” novecentesca. Al fine di far emergere nel discorso tradizionale i nodi problematici dovuti alla necessità d’autoposizione di ogni sistema che si rispetti, egli si avvale di una concettualità del limite, della traccia e del rinvio, atta all’esposizione del rimosso che inevitabilmente sta dietro ogni discorso razionale. In un’analisi del dispositivo decostruzionista, la tesi intende mostrare come anche attraverso la mediazione della linguistica e della psicoanalisi freudiana, a Jacques Derrida non sia mai riuscita un’eliminazione assoluta dal fantasma hegeliano. L’intento forse ambizioso è quello di produrre un giudizio schietto riguardo le mosse decostruzioniste nei confronti di Hegel, e i limiti che queste evidenziano, tentando di mostrare come questi siano, tutto considerato, i limiti della filosofia derridiana in sé, dovuti forse alla sua origine fenomenologica. Si rende necessario necessario, per tutto questo, esporre la questione dell’inclusione di un elemento nel sistema, che Derrida delinea giustamente come problematica. È infatti a partire da questa critica che ci si arrogherà di incolpare l’autore algerino di una certa ricorsività fra accusa ed opera che lo farebbe ricadere filosoficamente nella speculazione e nell’idealismo. Nelle battute finali si è ritenuto proporre un’alternativa alla critica derridiana nella forma data, a partire da simili ipotesi ma diversi presupposti, da Alain Badiou. Il fine di questa aggiunta è quello di esorcizzare, con un’ipotesi aperta, una certa interpretazione della dialettica come di un macchinario inutilizzabile perché, una volta acceso, ingloberebbe tutto ciò che lo circonda.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14240/44072