L'Europe, qui, contrairement aux Etats-Unis, n'a pas encore une politique économique et fiscale commune, doit maintenant se confronter à de nouveaux défis. La Banque Centrale Européenne doit être en mesure d'étendre ses domaines d'intervention: elle ne doit plus seulement agir sur le taux d'intérêt, elle doit aussi augmenter ses actions en faveur des Pays en crise avec des mesures qui soient structurelles et puissent vraiment affecter la croissance. Si le traité de Maastricht avait pour but principal la diminution de l'inflation, aujourd'hui, la lutte contre le chômage redevient, comme pendant les années '70, le principal défi pour l'avenir: l'Europe doit devenir une union sociale et non plus seulement économique. L'une des différences les plus importantes entre la France et l'Italie est reliée au taux de chômage des jeunes qui était de 24,3 % en France et de 35,3 % en Italie en 2012 (devenu 41,6 % en 2013). Cette divengence s'explique en partie par les caractéristiques des systèmes de sécurité sociale des deux Pays. Le modèle italien a une connotation corporative avec une grande fragmentation des instruments de protection du travail, alors qu'il a une caractérisation universelle pour ce qui concerne l'assistance publique. Le système français qui est, come en Italie, de type bismarckien, a développé pendant ces dernières années un certain nombre de prestations universelles, financées par la fiscalité générale, pouvant profiter d'une structure administrative efficace et riche en ressources, grâce à ses bases historiques profondes. En mai 2013, le gouvernement Hollande a promulgué une série de lois (l'emploi d'avenir, le contrat de génération et la sécurisation de l'emploi) inspirées de la flexicurity du Danemark, mais qui s'adaptent à une structure économique et sociale très différente, caractérisée par un système syndical plus conflictuel, un système industriel avec de nombreuses grandes entreprises et un modèle de protection sociale fondamentalement bismarckien et non universel. En Italie aussi, la Réforme Fornero de 2012 a étendu le nombre des personnes admissibles à l'aide pour le chômage et a augmenté la durée de la contribution, sans avoir pu compléter ces mesures en introduisant dans la législation le revenu minimum et leur extension pour la formation des chômeurs. Selon la Banque d'Italie, 12,73 % des ménages italiens vivent en situation de pauvreté relative, tandis que 6,8% sont dans une situation de pauvreté absolue. La richesse est de plus en plus concentrée dans les mains d'une poignée de familles: en 2012, 46,6 % de la richesse nette totale des ménages était de 10 % des familles italiennes. La nécessité d'une réforme des systèmes de protection sociale et de l'inclusion d'un revenu minimum garanti est donc devenue inévitable, devant être incluse dans le cadre d'une réforme totale de la protection sociale en Italie. Pour cette raison, les différentes propositions sur la mise en place du revenu minimum en Italie, qui s'inspire aussi du Revenu de Solidarieté Active ( RSA ) français, comprennent également des idées sur la croissance et pour rendre le marché du travail plus dynamique. Mais, la législation n'est pas le seul élément qui puisse faire démarrer un système économique et social aussi complexe que celui de l'Italie. En effet, pour créer des emplois, il ne suffit pas d'adopter des mesures législatives. Il faut aussi une coopération entre entrepreneurs, travailleurs, syndicats et étudiants avec leurs idées et leurs valeurs.

L'Europa che, contrariamente agli Stati Uniti, non ha una politica economica e fiscale unica, deve ora affrontare nuove sfide. La Banca Centrale Europea deve riuscire ad allargare i propri ambiti di intervento, non agendo esclusivamente sul tasso di cambio ed aumentando le sue azioni a favore dei Paesi in crisi, con misure che divengano strutturali e riescano ad incidere veramente sulla crescita. Il trattato di Maastricht aveva come scopo principale quello del contenimento dell'inflazione, ma ora la lotta alla disoccupazione diventa nuovamente, come negli anni '70, la principale sfida per il futuro: l'Europa deve diventare una unione di carattere sociale e non solo economica. Una delle differenze più significative tra Francia e Italia è connessa al tasso di disoccupazione giovanile, che era del 24,3% in Francia e del 35,3% in Italia nel 2012, mentre ha raggiunto in Italia nel 2013 ben il 41,6%. Questa differenza è in parte dovuta alla diversità tra i sistemi di protezione sociale dei due Paesi. Il modello italiano ha una connotazione corporativa e un'alta frammentazione degli strumenti di tutela, per quanto riguarda la protezione del lavoro, mentre ha una caratterizzazione universalistica per l'assistenza e la sanità. Il sistema francese invece, anch'esso di tipo bismarkiano, ha sviluppato nei recenti anni numerose prestazioni a carattere universale, finanziate mediante la fiscalità generale e si può avvalere di una struttura amministrativa storicamente efficiente e ricca di risorse. Nel maggio del 2013 il governo Hollande ha emanato una serie di leggi (l'emploi d'avenir, le contrat de géneration e la sécurisation de l'emploi) che si ispirano alla flexicurity danese, adattandola però ad una struttura economica e sociale molto differente: con sindacati più conflittuali, un sistema industriale caratterizzato dall'esistenza di molte aziende di grandi dimensioni e un modello di protezione sociale di tipo occupazionale e non universalistico. Anche in Italia la Riforma Fornero del 2012 ha esteso il numero dei soggetti che possono beneficiare del sussidio di disoccupazione e la durata dell'aiuto, ma non ha potuto affiancare queste misure da norme sul reddito minimo e da un 'ampliamento degli strumenti di riqualificazione dei lavoratori. In Italia, secondo Bankitalia, il 12,73% delle famiglie vive in una situazione di povertà relativa, mentre ben il 6,8% è in condizioni di povertà assoluta e la ricchezza è sempre più concentrata nelle mani di pochi: nel 2012 il 10% dei nuclei familiari si è spartito il 46,6% della ricchezza netta totale. L'esigenza della riforma degli ammortizzatori sociali e dell'inserimento di un reddito minimo di garanzia è divenuta quindi ineludibile, ma deve essere inserita nell'ambito di una revisione totale della protezione sociale. Per questo le varie proposte sull'introduzione del reddito minimo in Italia, in linea con il Revenu de Solidarieté Active (RSA) francese, includono anche suggerimenti per il rilancio dell'economia e per rendere più dinamico il mercato del lavoro. In realtà i provvedimenti legislativi non sono l'unico elemento che può rimettere in moto un sistema economico e sociale complesso come quello italiano: non sono solo i provvedimenti di legge che creano lavoro, ma gli imprenditori, i lavoratori, le tecnologie, il sistema scolastico, l'amministrazione e i valori presenti in una società.

Ammortizzatori sociali e flexicurity: un confronto fra Italia e Francia

AVESANI, SILVIA
2012/2013

Abstract

L'Europa che, contrariamente agli Stati Uniti, non ha una politica economica e fiscale unica, deve ora affrontare nuove sfide. La Banca Centrale Europea deve riuscire ad allargare i propri ambiti di intervento, non agendo esclusivamente sul tasso di cambio ed aumentando le sue azioni a favore dei Paesi in crisi, con misure che divengano strutturali e riescano ad incidere veramente sulla crescita. Il trattato di Maastricht aveva come scopo principale quello del contenimento dell'inflazione, ma ora la lotta alla disoccupazione diventa nuovamente, come negli anni '70, la principale sfida per il futuro: l'Europa deve diventare una unione di carattere sociale e non solo economica. Una delle differenze più significative tra Francia e Italia è connessa al tasso di disoccupazione giovanile, che era del 24,3% in Francia e del 35,3% in Italia nel 2012, mentre ha raggiunto in Italia nel 2013 ben il 41,6%. Questa differenza è in parte dovuta alla diversità tra i sistemi di protezione sociale dei due Paesi. Il modello italiano ha una connotazione corporativa e un'alta frammentazione degli strumenti di tutela, per quanto riguarda la protezione del lavoro, mentre ha una caratterizzazione universalistica per l'assistenza e la sanità. Il sistema francese invece, anch'esso di tipo bismarkiano, ha sviluppato nei recenti anni numerose prestazioni a carattere universale, finanziate mediante la fiscalità generale e si può avvalere di una struttura amministrativa storicamente efficiente e ricca di risorse. Nel maggio del 2013 il governo Hollande ha emanato una serie di leggi (l'emploi d'avenir, le contrat de géneration e la sécurisation de l'emploi) che si ispirano alla flexicurity danese, adattandola però ad una struttura economica e sociale molto differente: con sindacati più conflittuali, un sistema industriale caratterizzato dall'esistenza di molte aziende di grandi dimensioni e un modello di protezione sociale di tipo occupazionale e non universalistico. Anche in Italia la Riforma Fornero del 2012 ha esteso il numero dei soggetti che possono beneficiare del sussidio di disoccupazione e la durata dell'aiuto, ma non ha potuto affiancare queste misure da norme sul reddito minimo e da un 'ampliamento degli strumenti di riqualificazione dei lavoratori. In Italia, secondo Bankitalia, il 12,73% delle famiglie vive in una situazione di povertà relativa, mentre ben il 6,8% è in condizioni di povertà assoluta e la ricchezza è sempre più concentrata nelle mani di pochi: nel 2012 il 10% dei nuclei familiari si è spartito il 46,6% della ricchezza netta totale. L'esigenza della riforma degli ammortizzatori sociali e dell'inserimento di un reddito minimo di garanzia è divenuta quindi ineludibile, ma deve essere inserita nell'ambito di una revisione totale della protezione sociale. Per questo le varie proposte sull'introduzione del reddito minimo in Italia, in linea con il Revenu de Solidarieté Active (RSA) francese, includono anche suggerimenti per il rilancio dell'economia e per rendere più dinamico il mercato del lavoro. In realtà i provvedimenti legislativi non sono l'unico elemento che può rimettere in moto un sistema economico e sociale complesso come quello italiano: non sono solo i provvedimenti di legge che creano lavoro, ma gli imprenditori, i lavoratori, le tecnologie, il sistema scolastico, l'amministrazione e i valori presenti in una società.
ITA
L'Europe, qui, contrairement aux Etats-Unis, n'a pas encore une politique économique et fiscale commune, doit maintenant se confronter à de nouveaux défis. La Banque Centrale Européenne doit être en mesure d'étendre ses domaines d'intervention: elle ne doit plus seulement agir sur le taux d'intérêt, elle doit aussi augmenter ses actions en faveur des Pays en crise avec des mesures qui soient structurelles et puissent vraiment affecter la croissance. Si le traité de Maastricht avait pour but principal la diminution de l'inflation, aujourd'hui, la lutte contre le chômage redevient, comme pendant les années '70, le principal défi pour l'avenir: l'Europe doit devenir une union sociale et non plus seulement économique. L'une des différences les plus importantes entre la France et l'Italie est reliée au taux de chômage des jeunes qui était de 24,3 % en France et de 35,3 % en Italie en 2012 (devenu 41,6 % en 2013). Cette divengence s'explique en partie par les caractéristiques des systèmes de sécurité sociale des deux Pays. Le modèle italien a une connotation corporative avec une grande fragmentation des instruments de protection du travail, alors qu'il a une caractérisation universelle pour ce qui concerne l'assistance publique. Le système français qui est, come en Italie, de type bismarckien, a développé pendant ces dernières années un certain nombre de prestations universelles, financées par la fiscalité générale, pouvant profiter d'une structure administrative efficace et riche en ressources, grâce à ses bases historiques profondes. En mai 2013, le gouvernement Hollande a promulgué une série de lois (l'emploi d'avenir, le contrat de génération et la sécurisation de l'emploi) inspirées de la flexicurity du Danemark, mais qui s'adaptent à une structure économique et sociale très différente, caractérisée par un système syndical plus conflictuel, un système industriel avec de nombreuses grandes entreprises et un modèle de protection sociale fondamentalement bismarckien et non universel. En Italie aussi, la Réforme Fornero de 2012 a étendu le nombre des personnes admissibles à l'aide pour le chômage et a augmenté la durée de la contribution, sans avoir pu compléter ces mesures en introduisant dans la législation le revenu minimum et leur extension pour la formation des chômeurs. Selon la Banque d'Italie, 12,73 % des ménages italiens vivent en situation de pauvreté relative, tandis que 6,8% sont dans une situation de pauvreté absolue. La richesse est de plus en plus concentrée dans les mains d'une poignée de familles: en 2012, 46,6 % de la richesse nette totale des ménages était de 10 % des familles italiennes. La nécessité d'une réforme des systèmes de protection sociale et de l'inclusion d'un revenu minimum garanti est donc devenue inévitable, devant être incluse dans le cadre d'une réforme totale de la protection sociale en Italie. Pour cette raison, les différentes propositions sur la mise en place du revenu minimum en Italie, qui s'inspire aussi du Revenu de Solidarieté Active ( RSA ) français, comprennent également des idées sur la croissance et pour rendre le marché du travail plus dynamique. Mais, la législation n'est pas le seul élément qui puisse faire démarrer un système économique et social aussi complexe que celui de l'Italie. En effet, pour créer des emplois, il ne suffit pas d'adopter des mesures législatives. Il faut aussi une coopération entre entrepreneurs, travailleurs, syndicats et étudiants avec leurs idées et leurs valeurs.
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